Adieu au langage. Il nuovo film di Jean-Luc Godard sarà in 3D

La notizia è di quelle importanti, epocali, di quelle che scompaginano libri e teorie, un qualcosa di simile ad un nuovo paradigma scientifico che da un giorno con l’altro ci dice che la terra non è piatta, o che è il nostro pianeta a ruotare attorno al sole.

Jean-Luc Godard è al lavoro su di un film in 3D (uscita prevista 2013) dal titolo, che è già tutto un programma, Adieu au langage – sulla locandina del film tradotto Farewell to Language, mentre sul sito della casa di produzione il film è denominato Goodbay to Language. Godard non si smentisce.

Del film poco è dato sapere. Sappiamo che sarà diretto-sceneggiato-montato da Godard e fotografato da Fabrice Aragno, già direttore della fotografia dell’ultimo film del regista svizzero Film Socialisme, e prodotto dalla parigina Wild Bunch. Gli interpreti saranno Jessica Erickson, Héloise Godet, Zoé Bruneau, Kamel Abdeli, Richard Chevallier, Alexandre Païta.

In verità la notizia circola dalla fine del 2010, quando, in un’intervista rilasciata al Die Sonntags Zeitung di Zurigo, Godard disse di avere in cantiere l’idea di lavorare ad una «storia di un uomo e sua moglie che non parlano la stessa lingua. Del loro cane che interviene e parla. Come lo farò, non lo so ancora. Il resto è semplice», aggiungendo «forse girerò il mio prossimo film in 3D. Ho sempre piacere quando vengono introdotte nuove tecniche. Perché non hanno ancora tutte le regole codificate. E si può fare tutto».

A ben guardare però non c’è niente di nuovo sotto il sole, Godard da sempre ha utilizzato le novità messe a disposizione dell’industria cinematografica per giocare con il linguaggio, con le forme, con la sostanza fotogrammatica del cinema. L’intera sua filmografia è lì a dimostrarlo, fino all’ultimo Film Socialisme, un mosaico di storie e formati di ripresa godardianamente enigmatici.

L’attuale tecnologia stereoscopica è solo in apparenza un sistema di ripresa costoso e difficilmente accessibile dai filmmaker, l’esperienza degli Zapruder (penso al bellissimo All Inclusive) ad esempio, dimostra da anni quanto la terza dimensione nel cinema sia facilmente raggiungibile con strumentazioni non particolarmente sofisticate; evidentemente Godard, fedele alla propria coerenza, sente la necessità di appropriarsi di una tecnica che a suo giudizio merita d’essere esplorata come ancora non è stato fatto, in essa egli intravede un potenziale linguistico che il cinema spettacolare non è in grado di cogliere.

Disse nel 1967 a proposito delle moviole messe sul mercato dai produttori, ma credo il discorso possa essere identico per il 3D: «Le moviole vengono fabbricate così perché i tre quarti dei montatori sono abituati a montare in una certa maniera. E dopo tutto nessuno ha mai detto ai costruttori di moviole di lavorare diversamente. Ho preso l’esempio del montaggio ma è ovunque la stessa cosa… Se si fa un cinema rivoluzionario servendosi di moviole inventate dei reazionari le cose finiranno inevitabilmente per arenarsi».

 

Vive la révolution!
Vive Godard!

 

 

 



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