Considerazioni su Locarno 63

Il presente articolo è stato pubblicato su Rapporto Confidenziale numero28 (speciale 2010), pag. 7

all’interno di RC:speciale 63° Festival del film Locarno 4-14 | 8 | 2010

 

«Ho ritenuto che fosse necessario compiere uno sforzo per essere più selettivi. In una rassegna cinematografica come quella di Locarno, non spetta al pubblico o ai critici comporre una propria selezione tra una miriade di proposte. Spetta al direttore artistico procedere ad una prima accurata e ragionata selezione sui circa duemila film che vengono visionati.» Olivier Père in un’intervista a Françoise Gehring, swissinfo.ch. Locarno – 2 agosto 2010

 

Considerazioni su Locarno 63
di Rapporto Confidenziale

 

La valutazione in termini qualitativi della selezione di un festival cinematografico passa anche attraverso la resistenza della memoria a quanto visto. È trascorso un mese e mezzo dalla chiusura della sessantatreesima edizione del Festival internazionale del film di Locarno – e nel frattempo si è svolta la Mostra d’arte cinematografica di Venezia, cui eravamo presenti – e questo lasso di tempo pare già sufficiente per un commento che in realtà non si discosta da quello dei primi giorni dalla fine.

Innanzitutto, questa edizione ha rappresentato il debutto in qualità di direttore artistico di Olivier Père, già giornalista per Les Inrockutibles, programmista alla Cineteca francese e delegato generale alla Quinzaine des réalisateurs a Cannes, dopo, per citare solo gli ultimi, David Streiff (1982-1991), Marco Müller (1991-2000), Irene Bignardi (2001-2005), responsabile delle edizioni meno entusiasmanti, e Frédéric Maire (2006-2009).
Il nuovo direttore non ha perso tempo nel dare una sferzata a una manifestazione, entrata nel 2002 a fare parte dei grandi happening cinematografici al fianco di Cannes, Berlino e Venezia, e che proprio negli ultimi anni sembrava correre il rischio di una forte perdita di identità.

La prima edizione sotto la sua direzione artistica è stata infatti palesemente priva di compromessi, di strizzatine d’occhio. Al contrario, è stata evidentemente costruita con grande passione per la ricerca di nuovi linguaggi, spesso ad opera di giovani registi al loro primo lungometraggio (ben 22 le opere prime).
Non solo: le opere più innovative non sono state relegate al concorso Cineasti del presente o nella sezione Pardi di domani, come era capitato talvolta in passato, ma erano anche in Piazza Grande e in concorso (come il Pardo d’oro Han Jia – Winter Vacation – di LI Hongqi, produzione cinese con un pizzico di Locarno, visto che il progetto aveva partecipato l’anno scorso al laboratorio Open Doors).
Père ha saputo mescolare con attenzione scoperta e conferma. Da una parte il cinema capace di comunicare al grande pubblico, a qualsiasi pubblico, che una distribuzione illuminata (o un mercato meno asfittico) farebbe bene a portare nella sale se non vorrà essere soppiantata dal download illegale, dall’altra la scoperta, la riflessione del cinema sul cinema (“Champs brulants” di Catherine Libert e Stefano Canapa), il documentario, il video.
Molte sono state le opere presenti nelle varie sezioni che sarebbe un buon segno trovare nelle sale: da “Morgen” di Marian Crisan a “Pietro” di Daniele Gaglianone, dalla commedia “Ivory Tower” di Adam Traynor a “La Lisière” di Géraldine Bajard, pescando dalle varie sezioni.
Non ultimo merito, tra quelli di questa edizione, è stato quello di riportare all’attenzione del pubblico la modernità del linguaggio cinematografico di Ernst Lubitsch (1892-1947), grazie a una retrospettiva a lui dedicata, curata da Joseph McBride, e comprendente opere (soprattutto quelle del periodo tedesco) invisibili da anni.
È stato grazie al nuovo direttore artistico se quest’anno si è sentita aria di lungimiranza, qualità che era forse mancata ai due direttori precedenti, se si è parlato di cinema sia come arte che come industria (come il premio a Menahem Golan dimostra), se si è sentita aria di idee, magari non sempre riuscite ma pur sempre vibranti, se c’è stata un’occasione di riflessione sul linguaggio, sul mezzo.
Locarno si è confermato un festival che non intende fare della presenza dei divi, dei nomi altisonanti, il suo punto di forza – con buona pace di chi, da qualche anno, vede nel tappeto rosso,nella presenza di star, l’essenza di un festival che, al contrario, fa della messa in primo piano delle idee e l’accessibilità a tutto il pubblico sia delle sale che e degli incontri con registi, sceneggiatori, direttori della fotografia e attori.

Locarno 63 ha dimostrato che il cinema non è per niente morto, ha trasmesso la vitalità di un arte che nella ricerca, nella sperimentazione e nella commistione di elementi differenti inscrive lo specifico del proprio linguaggio e che ha la necessità di dare spazio alle giovani generazioni per potersi davvero rinnovare, per far tornare giovane un arte che ha solo poco più di cento anni di vita. Alla faccia di quegli sprovveduti che credono sia il 3D (una tecnica in voga sin dagli anni ’50!), e non le idee, la grande novità che lo salverà.
 


I numeri della sessantatreesima edizione
Gli spettatori della 63a edizione sono stati in totale 148.436 (contro i 157.057 del 2009). Il calo registrato è certamente dovuto ai risultati di Piazza Grande, che ha contato 52.300 spettatori (2009: 58.100), penalizzata quest’anno da quattro serate di pioggia e da temperature non proprio agostane. La situazione sarà comunque oggetto di attenta analisi da parte della Direzione.
La 63a edizione si è contraddistinta da un’ottima frequentazione nelle sale, con cifre che rimangono stabili nonostante la notevole riduzione del numero dei film (280 titoli nel programma di quest’anno contro i 397 del 2009) e l’abolizione di una sala cinematografica (Cinema Otello): le proiezioni in sala hanno così riunito 96.136 spettatori (2009: 98.957). Anche quest’anno il Festival è riuscito ad attirare un gran numero di professionisti del cinema, accogliendo 3852 accreditati in totale di cui 900 accreditati nella categoria «industry» e 875 giornalisti provenienti da tutto il mondo. Per ciò che riguarda il programma del Festival, la 63a edizione è stata caratterizzata dalla giovane età dei cineasti e degli attori, dai membri delle diverse giurie agli autori e protagonisti dei film nelle diverse sezioni, nelle quali si sono contate quest’anno 22 opere prime, e dalle serate emozionanti sulla Piazza Grande in compagnia degli invitati d’onore del Festival, dai registi JIA Zhang-ke e Alain Tanner (entrambi vincitori del Pardo d’onore Swisscom 2010) a Francesco Rosi (Pardo alla carriera), dal produttore Menahem Golan (Premio Raimondo Rezzonico come migliore produttore indipendente) agli attori Chiara Mastroianni (Excellence Award Moët & Chandon) e John C. Reilly. L’edizione di quest’anno sarà ricordata anche per il notevole afflusso di pubblico riportato dalla retrospettiva consacrata al maestro della commedia Ernst Lubitsch, e alle sale piene per la sezione dei cortometraggi dei Pardi di domani, che quest’anno ha festeggiato il suo 20° anniversario. Locarno 63 ha visto il successo di nuove iniziative come gli «Industry Days» – tre giorni di proiezioni ed incontri riservati ai professionisti del cinema – e la Locarno Summer Academy – il nuovo programma di formazione destinato agli studenti e ai giovani professionisti del cinema.

 

 



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