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The Color Wheel
Alex Ross Perry

Stati Uniti / 2011 / bianco e nero / inglese / 83′ / DCP
64. Festival internazionale del film Locarno – Concorso Cineasti del presente

JR, aspirante giornalista televisiva priva di concreta ambizione e volontà, convince suo fratello minore Colin ad accompagnarla in un viaggio che ha come destinazione l’appartamento del suo ex professore ed ex amante da cui dovrà traslocare i suoi effetti personali.
Il problema è che i due fratelli mal si sopportano, forse anche perché accomunati da un cattivo carattere che li porta a vivere isolati tra loro e dal resto del mondo. Nervosi, ansiosi e menefreghisti, i due sembrano riuscire a rovinare le esistenze di chiunque abbia la sventura di trovarsi sul loro cammino – dalla ragazza di Colin agli ex compagni di liceo passando per le persone che incontrano casualmente – non mancando di seminare caos e calamità di varia natura laddove una scassata Honda Accord li porta.
Riusciranno a trovare un accordo, per quanto sorprendente, e a seppellire l’ascia di guerra dopo decenni di battibecchi.

“The Color Wheel” non è il film che sulla carta potrebbe inizialmente sembrare. Basato essenzialmente sul dialogo, condizione che lo accomunerebbe a tanta recente commedia americana indipendente e a basso costo, è invece un’opera più composita, complessa e riuscita, certamente molto più di esempi recenti come “Cyrus” dei blasonati fratelli Duplass, eletti non si sa perché né da chi a re della “nuova” corrente.
Innanzitutto c’è un approfondimento psicologico dei personaggi che si svela poco a poco anche attraverso un gioco che fa sì che loro, profondamente scontrosi senza desiderio alcuno di redenzione, appaiano presto molto meno odiosi di quasi tutti coloro che incontrano. E poi ci sono gli Stati Uniti, mostrati con qualche lieve pennellata attraverso alcuni luoghi chiave del loro immaginario panoramico (il “diner” lungo la strada, il motel gestito dal cattolico integralista, ambientazione di una tra le scene più esilaranti del film, la stazione di servizio). Ma è soprattutto un road movie, che si svolge attraverso più luoghi (New York, Philadelphia, Boston e il Vermont, tutti inidentificabili e tutti trattati alla stregua della profonda provincia) e svolto su una Honda Accord che ha conosciuto tempi decisamente migliori (ad occhio non meno di una quindicina di anni prima).
JR e Colin – la co-sceneggiatrice Carlen Altman e lo stesso regista – affrontano un viaggio difficile. Lei è la reietta della famiglia – nemmeno l’hanno avvisata della morte della zia per non doverla sopportare il tempo del funerale – Colin è un uomo incompiuto, apparentemente più interessato ai suoi Gargoyles, che porta con sé, che preoccupato al pensiero della sua ragazza che lo ha appena mollato. I due fratelli sembrano incapaci di imparare dalle loro rispettive esperienze, non fanno altro che battibeccare, per trovarsi uniti (e in questo caso impermeabili a qualsiasi influenza esterna) unicamente quando impegnati a fare fronte comune contro terze persone. È ovvio che, pur nel loro perenne stato di conflitto, formano un nucleo saldo, cosa che porterà al sorprendente finale, un colpo di scena per nulla fine a sé stesso, reso ancora più interessante dal fatto che JR e Colin troveranno sì un modus vivendi per il loro carattere, ma senza modificarlo, nemmeno minimamente.

Alex Ross Perry dimostra di avere le idee in chiaro sin dall’inizio del progetto, non per nulla i dialoghi sono stati scritti da lui e dalla sua co-protagonista Carlen Altman nel corso di un anno. Quella che nel film può apparire spesso frutto di una felice improvvisazione, altro non è che il risultato concreto di letture su riletture e aggiustamenti costanti della sceneggiatura, che proprio per questo non perde un colpo nell’arco dell’intera storia.
Si ride spesso nel corso del film, i personaggi – e non solo quelli in primo piano – sono costantemente ben definiti. Le influenze spaziano, così come gli umori del film, dal Jerry Lewis degli ultimi anni di carriera al menefreghismo egocentrico di Larry David – piuttosto che al più frequentemente citato Woody Allen – ed è impossibile non notare come il tono del film muti spesso, addirittura più volte nel corso della stessa scena.

Dissacrante e nel contempo rispettoso delle regole auree della commedia, ambizioso e mai pretenzioso, girato in 16mm e in bianco e nero – con la fotografia volutamente spesso sgranata di Sean Williams (già al fianco del leggendario padre del Reality Cinema Albert Maysles nonché attivo come co-direttore della fotografia per “Mulberry St.” di Abel Ferrara e già con Perry per il suo precedente, surreale, “Impolex”) a rendere ancora più stranianti ambienti e persone – “The Color Wheel” (per il significato del titolo rimando all’intervista a Perry) non solo mette in luce il talento di un regista decisamente promettente, ma nasconde anche tra i suoi personaggi numerosi nomi emergenti del cinema indipendente: da Bob Byington (nella realtà regista. Suo “RSO – “Registered Sex Offender”), a Kate Lyn Sheil (già in “Impolex”, è stata premiata come migliore attrice al Brooklyn Underground Film Festival e al the NYU First Run grazie a Knife Point” di Carlo Mirabella-Davis), da Ry Russo-Young (regista di “Orphans”, “You Won’t Miss Me”), Anna Bak-Kvapil (critica cinematografica di Mubi.com, qui alla sua prima prova come interprete) a Craig Butta (grazie a “Sea Legs”, da lui diretto, ha ottenuto nel 2009 il premio del pubblico al Brooklyn International Film Festival) a C. Mason Wells (co-regista, con Joe Swanberg, del film “LOL”).

Non c’è dubbio: “The Color Wheel” è una tra le migliori commedie statunitensi degli ultimi anni.

Roberto Rippa

Intervista a ALEX ROSS PERRY realizzata da Rapporto Confidenziale

The Color Wheel
(USA, 2011)
Regia, produzione, montaggio: Alex Ross Perry
Sceneggiatura: Carlen Altman, Alex Ross Perry
Musiche: Preston Spurlock
Fotografia: Sean Price Williams
Co-produzione: Bob Byington
Interpreti: Carlen Altman, Alex Ross Perry, Bob Byington, Kate Lyn Sheil, Anna Bak-Kvapil, Ry Russo-Young, Craig Butta, Mason Wells, Roy Thomas
83’

www.colorwheelmovie.com

ALEX ROSS PERRY

Nato a Bryn Mawr, in Pennsylvania, nel 1984, Alex Ross Perry si è diplomato alla New York University’s Tisch School of the Arts nel 2006. La sua vera istruzione l’ha compiuta però presso la leggendaria videoteca Kim’s Video di Manhattan.
Il suo primo lungometraggio, “Impolex”, è stato presentato in anteprima al Cinevags Film Festival nel 2009. Da allora ha partecipato a numerosi festival nel mondo, ottenendo il premio come migliore film straniero e per il migliore attore straniero al Melbourne Underground Film Festival. “The Color Wheel” è il suo secondo lungometraggio. Ha dichiarato di essere al lavoro su un progetto per un thriller erotico alla De Palma.

CARLEN ALTMAN

Nata e cresciuta a Manhattan, Carlen Altman tenta di dividersi tra il cabaret, la scrittura, la recitazione e la creazione della sua linea di gioielli “Jewish Rosaries”.
Nel 2008, è stata inclusa dalla rivista Heeb nella sua lista delle migliori 100 personalità per i suoi gioielli e il lavoro nel cabaret. L’anno successivo è stata nominata membro della nuova New York Art Scene dalla rivista Interview.
Lo stesso anno ha recitato nel film “You Wont Miss Me“ di Ry Russo-Young, che è stato presentato in anteprima al Sundance. A Carlen piacciono gli animali strani, gli anziani e i blog. Si augura che vi piaccia “The Color Wheel”.

Dopo avere realizzato il mio primo film “Impolex” nel 2009, mi sono ritrovato a pensare agli amici e colleghi con cui ero cresciuto. Eccomi lì, ventiquattrenne, a presentare il mio primo lungometraggio al pubblico dei festival e a pensare a cosa ne fosse stato dei sognatori della mia infanzia, del liceo, della scuola di cinema. Perché il mio desiderio di fare cinema era tanto forte da non permettermi di attendere due anni dalla fine della scuola per realizzare il mio film?
Mentre mi ritrovavo a pensare al disappunto che provavo per le persone con cui avevo trascorso ore e ore a comparare i nostri rispettivi sogni, ho provato un sentimento di tristezza tale da sopraffarmi. In quale punto delle nostre vite le nostre strade si erano separate?
Le mie influenze non potrebbero sembrare più diverse ma tutto ciò che avevo in mente arriva dallo stesso retroterra: la solipsistica e non repressa visione degli ultimi film di Jerry Lewis non è per me molto differente dalla descrizione solitaria e isolata della frustrazione sessuale maschile del capolavoro di Vincent Gallo “The Brown Bunny”. I romanzi di Philip Roth, enormemente influenti sulla genesi di questo progetto (soprattutto The Professor of Desire, Sabbath’s Theater and Zuckerman Unbound) catturano con precisione il furore sessuale nevrotico e intellettualmente divertente tipico della East Coast, elemento che volevo costituisse lo spirito e il tono che volevo esprimere.
Le fotografie di Robert Frank che compongono la leggendaria serie “The Americans” cattura in maniera tanto efficace lo spirito e l’essenza della vita al di fuori delle grandi città da farmi decidere con facilità di girare il mio film in bianco e nero come un tributo. Del resto, non dovrebbe essere permesso riprendere la facciata di un “diner” a lato di una strada se non in bianco e nero. È all’interno di questi pensieri che “The Color Wheel” ha iniziato a prendere forma. A quale microcosmo migliore avrei potuto pensare se non a quello composto da due persone che sono cresciute nella stessa casa? Quale spaccatura può essere avvenuta tra due fratelli di cui una segue i suoi sogni ad ogni costo e l’altro ha fatto tutto tranne che rinunciare? Ma, soprattutto, c’è qualcosa che possa essere fatto per riparare questa spaccatura e quanto estremo dovrebbe essere il perdono?
Girare un film che trattasse in tono di commedia le opposizioni, i conflitti diretti e quell’area indistinta che separa differenze e similitudini, mi è parso il modo migliore per risolvere i miei sentimenti e i miei problemi nei confronti di quasi tutto ciò che ho incontrato nella mia vita.

(Alex Ross Perry)



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