L’enfant d’en haut (Sister)
regia di Ursula Meier (Svizzera-Francia/2012)
recensione a cura di Roberto Rippa
È una fuga costante quella di Simon e Louise. Verticale per lui, che quotidianamente si reca in una stazione sciistica del Vallese, uno di quei patrimoni svizzeri irraggiungibili per la maggior parte degli Svizzeri stessi a causa del costo, orizzontale per lei, che si muove in pianura al seguito dell’uomo di turno.
Sulle piste di sci, Simon si dedica al furto: sci, occhiali, scarponi, guanti, tutto ciò che può essere venduto facilmente a committenti, clienti abituali e occasionali. I due sono forse fratello e sorella: dodici anni lui, meno di trenta lei. Nel loro appartamento in un casermone sussidiato a fondo valle non c’è nulla, nemmeno cibo. I pasti vengono risolti con i panini che lui ruba dagli zaini.
La loro è un’esistenza senza prospettiva, potrebbe durare così per sempre: lei costantemente senza lavoro, lui a provvedere per entrambi e pronto a pagare per avere un abbraccio da lei.
Dopo la rivelazione di Home del 2008, la svizzera Ursula Meier compone un nuovo ritratto di disagio sociale, molto diverso dal precedente nella forma, molto simile nella sostanza e nel non fare ricorso mai al compatimento, soprattutto quello meno benevolo.
Per quello che lei stessa definisce come una favola – una di quelle che tengono svegli la notte – dallo spunto autobiografico (i luoghi sono quelli che lei ha conosciuto nel corso della sua adolescenza e il personaggio del bambino è modellato su un ragazzino che aveva conosciuto in quell’epoca) la regista dipinge sì una situazione di autentico disagio, quello reso tristemente e maggiormente diffuso dalla crisi, ma anche e soprattutto un ritratto infantile di grande efficacia e rispetto.
Non si dedica alla spiegazione del retroterra dei suoi personaggi – non importa conoscerlo, a contare è il loro presente e l’assenza di prospettiva – li lascia liberi di rivelarsi nei loro lati più oscuri e fragili. Nemmeno indulge nella descrizione, le sue sono piccole ma significative pennellate.
Se “L’enfant d’en haut” ricorda a tratti lo stile dei Dardenne, più convenzionale rispetto al suo lungometraggio d’esordio, la scrittura (opera sua e di Antoine Jacquod con l’esperto Gilles Taurand) è di una precisione rara, tanto da poter fare a meno di interventi didascalici e muoversi in un territorio in cui anche il senso dell’umorismo contribuisce a consolidare il dramma rendendolo più reale.
Meier si conferma non solo regista di talento ma anche capace direttrice di attori: il giovane Kacey Mottet Klein (già visto in “Home” e per cui il film è stato scritto) è semplicemente straordinario, mentre Léa Seydoux trova un’occasione rara per uscire dai suoi panni di francesina imbronciata e dimostrarsi sorprendentemente brava. In un piccolo ruolo da fatina delle favole, la rediviva Gillian Anderson.
Densa di significati, anche nascosti, l’opera seconda di Ursula Meier è un film raro, capace di fare vivere allo spettatore numerose emozioni e di imprimersi nella sua mente.
Citazione per la bellissima fotografia di Agnès Godard.
Nella copia italiana, a dire della regista stessa, suoni e musiche sono molto più presenti e invadenti rispetto a quelli della versione originale.
Roberto Rippa
L’enfant d’en haut (Sister)
Regia: Ursula Meier
Sceneggiatura: Antoine Jaccoud, Ursula Meier, Gilles Taurand
Musiche originali: John Parish
Fotografia: Agnès Godard
Montaggio: Nelly Quettier
Scenografia: Ivan Niclass
Costumi: Anne Van Brée
Interpreti principali: Kacey Mottet Klein, Léa Seydoux, Martin Compston, Gillian Anderson, Jean-François Stévenin, Yann Trégouët, Gabin Lefebvre
Paese: Svizzera/Francia
Anno: 2012
Durata: 100′
Ursula Meier, di nazionalità franco-svizzera, nasce a Besançon nel 1971. Si diploma, con distinzione, nel 1994 presso l’Institut des Arts de Diffusion (IAD) in Belgio. Il successo del suo lavoro di diploma, il cortometraggio “Le songe d’Isaac”, e quindi del successivo “Des heures sans sommeil”, le permettono di dedicarsi alla regia lavorando parallelamente come assistente di Alain Tanner (“Fourbi” e “Jonas et Lila, à demain”). Autrice anche di documentari “Autour de Pinget”, “Pas les flics, pas les noirs, pas les blancs”, si segnala in numerosi festival internazionali. Il suo “Tous à table” partecipa a un’ottantina di festival ottenendo una ventina di premi e la porta a dirigere un telefilm per la serie prodotta da Arte Masculin Féminin. Il suo telefilm “Des épaules solides” partecipa anch esso a numerosi festival. “Home”, suo primo lungometraggio di finzione, ha ottenuto numerosi premi, è stato finalista a al Sundance ed è stato selezionato per la «Semaine de la Critique» a Cannes nel 2008. “L’enfant d’en haut” è stato presentato alla Berlinale quest’anno, ottenendo un Orso d’oro speciale.