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Kill List
Il multiverso di Ben Wheatley, nuova promessa del cinema britannico, è grottesco e mefistofelico: coagulo alchemico retto da una lucida e coerente visione d’insieme che lega, spesso a doppio filo o con molteplici letture (che si rivolgono quasi sempre all’intelligenza dello spettatore), tutta la sua filmografia. Parlo di multiverso perché la sua poetica registica è fatta di insiemi coesistenti di realtà alternative: alternative al cinema mainstream, per esempio, o alle grandi produzioni orientate e rivolte, quindi, ad un pubblico di nicchia. Già, perché parliamo di un regista che, in mancanza di altri appoggi ha iniziato a scrivere film con la moglie Amy e, non avendo abbastanza denaro per poter frequentare una scuola di cinema, è stato capace di reinventarsi al punto da iscriversi alla facoltà d’arte, dove, tra i tanti laboratori di pittura e scultura, scoverà quelli che saranno gli attrezzi del mestiere: telecamere (la super 8 non la usò mai, riuscendo solo a utilizzare una Hi8) e attrezzature per il montaggio video. Insomma, uno che si è fatto da solo e che, partendo dalla narrazione fumettistica, sua grande passione poco sfruttata, ha preferito raccontare con immagini in movimento mondi grotteschi e nerissimi, ambigui e controversi. Anticamere infernali con accessi privilegiati: per apprezzarlo, bisogna amare certo cinema viscerale e sopra le righe, caustico e cinico, circonfuso da macabra auraticità che, a volte atterrisce (Kill List), altre volte è stemperato da un cerebrale humour nero (Sightseers – Killer in viaggio).

Dopo Down Terrace, film d’esordio girato in appena otto giorni e nato grazie alla collaborazione con Mondo Macabro di A. Starke e dell’amico Robin Hill, si dedica alla stesura di un progetto ambizioso, Kill List appunto, crime movie a sfondo horror che strizza l’occhio, consapevolmente o meno, a The Wicker Man di Robin Hardy e che azzera completamente l’ironia corrosiva presente in altre sue opere, per lasciare posto a scenari angoscianti ed esoterici. Sono innumerevoli le motivazioni che possono essere addotte per spiegare il successo avuto dal film e in generale il consenso unanime, almeno nel mondo del cinema bis, che ha trovato Wheatley tra gli addetti ai lavori. Innanzitutto, la strabiliante capacità di abbinare scorrevolezza e solidità narrativa a sequenze visivamente e tecnicamente impeccabili, in secondo luogo, l’abilità nel saper creare una quasi sempre riuscita commistione di generi con coerenza stilistico-formale e, in terzo luogo, l’originalità attraverso cui fuoriesce da stantii stereotipi per restituire allo spettatore film che reinventano se stessi e producono novità all’interno di un genere abbastanza monolitico, come quello del thriller-horror o della commedia grottesca.

 

 

Due sicari, dopo aver ricevuto una misteriosa lista, si preparano a uccidere le tre persone indicate. Questa la trama, innumerevoli sono però gli sviluppi narrativi, e imprevedibili le conseguenze che coinvolgeranno i due personaggi all’interno di un gioco al massacro che non è mai quello che sembra e che sembra sempre ciò che non è . L’ambiguità di fondo, pur all’interno di un sempre battuto filone tematico, è la carta vincente di una pellicola che gioca con lo spettatore mettendolo alla prova, spiazzandolo e stimolando la sua attenzione verso molteplici interpretazioni. Ci si trova catapultati in un diramarsi di apparenze e ombre fallaci, in scenari asfittici e poco illuminati, dove agiscono personaggi, al contrario, pregni di energie e pulsioni che difficilmente tendono a controllare. Impossibile inquadrare il film in un solo genere, perché Wheatley è abile sperimentatore, gioca coi silenzi e le idiosincrasie di uno dei due sicari, disperato e abbrutito a causa dei problemi familiari con la moglie e per via di un passato che vorrebbe dimenticare (è un ex soldato); visualizza con lucidità e disincanto tormenti e angosce dei personaggi che sono solo pedine accessorie, capri espiatori veri e propri (l’amico sicario, la moglie, suo figlio) e costruisce sequenze mai ipertrofiche, dove, ai classici luoghi del thriller mescola elementi splatter, virando, nel finale, verso un “maledettismo” forse un po’ troppo studiato e manieristico, ma non per questo, privo di fascino, giacché assume la consistenza di un rarefatto incubo psichedelico.

Il fatto è che Kill List sfugge a qualsiasi catalogazione e, allo stesso tempo, rappresenta l’ideale controcanto, in stretta continuità, di quello che sarà, nel 2012, il suo film più commerciale: Sightseers. In questo divertente e violento road movie l’ironia e il cinismo più abietto consentono al regista di raccontare con leggerezza un viaggio senza speranza di una donna frustrata dalla madre reazionaria e di uno scrittore con manie omicide. Ritorna il tema dell’uccisione senza scopo, della frustrazione di protagonisti sempre in lotta con loro stessi, specie a causa di famiglie disfunzionali, del viaggio come metafora di perdizione e, insieme conoscenza di sé. Ma l’ironia macabra che nel suo ultimo lungometraggio fungeva da riparo e alleggerimento, in Kill List è completamente assente per lasciare posto ad una discesa agli inferi che apre alla sospensione della credulità e a uno straniamento deformante. Non è quello che ci si aspetta.

Il film, infatti, ha un incipit drammatico che descrive la famiglia disfatta di Jay, il protagonista, senza lavoro e incapace di sbarcare il lunario; il ritmo lento, i primi piani studiati e il realismo della rappresentazione non hanno alcunché di didascalico, perché gli eventi si affastellano secondo logiche insondabili e, solo dopo che i due mettono le mani sulla misteriosa lista, si capirà la loro natura di mercenari, così come, dopo l’efferato omicidio del presunto pedofilo ( la seconda delle tre persone presenti nell’elenco), capiremo che il film avrà, forse, una spiegazione finale secondo uno studiato climax. Perché Jay e Gal devono uccidere questi tre personaggi? Quali sono le loro colpe? Lo fanno esclusivamente per un ritorno economico?

Il pedofilo, ferocemente massacrato col martello da Jay, è realmente quello che sembra? In realtà, noi non lo sappiamo, perché il video che lo incrimina e che Jay visiona disperandosi, non ci viene mostrato. Dopo il drammatico realismo iniziale la pellicola sembra prendere le pieghe di un canonico thriller a tinte oscure , fino a quando iniziamo a comprendere che l’opera procede per doppia struttura, come se avesse un canovaccio iniziale a cui si sovrappone una seconda trama, la quale prende il sopravvento soprattutto nello spaventoso finale, in cui, una tremenda maledizione inferico-pagana s’abbatte sul protagonista, riecheggiando il rituale pagano d’espiazione presente in The Wicker Man e ribaltando le convinzioni dello spettatore, il quale, da lì in avanti, si divertirà a interpretare a proprio piacimento la pellicola.
Nonostante la deviazione esoterica del finale, anticipata dalla maledizione lanciata sull’intera famiglia di Jay, sono evidenti le comunanze tematiche e i film che hanno potuto influenzare Wheatley: The Big Sleep (Il grande sonno) di Hawks o capolavori “complottistici” come The Manchurian Candidate (Va’ e uccidi) di Frankenheimer.

Secondo il regista Ben Wheatley, guru del cinema di genere britannico, quando il film non ha senso, attira di più. Parte della critica ha visto in Kill List un pastrocchio mal costruito e disorganico, altri un abile gioco narrativo capace di mescolare thriller, horror e gangster movie, senza che venga meno l’unità dell’opera. Come sempre, è anche questione di gusto personale, ma di certo, intuizione e inventiva non mancano all’autore, capace di costruire una visione personale del mondo, attraverso elementi biografici e autocitazionismo mai fine a se stesso. •

Vincenzo Palermo

 

 

Kill List
Regia: Ben Wheatley
Sceneggiatura: Ben Wheatley, Amy Jump
Fotografia: Laurie Rose
Montaggio: Ben Wheatley, Robin Hill, Amy Jump
Musiche: Jim Williams
Produttori: Claire Jones, Andy Starke
Interpreti principali: Neil Maskell (Jay), MyAnna Buring (Shel), Michael Smiley (Gal), Emma Fryer (Fiona), Harry Simpson (Sam), Ben Crompton (Justin), Struan Rodger (cliente)
Produzione: Rook Films, Warp X, Film4 Productions, Screen Yorkshire, UK Film Council
Distribuzione: Optimum Releasing (UK), IFC Midnight (US)
Lingua: inglese, svedese
Paese: UK
Anno: 2011
Durata: 95′



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