articolo pubblicato su Rapporto Confidenziale numero20 (dicembre 2009), pp.18-23.
Per dare inizio alla nuova rubrica “C’era una volta… la TV Ragazzi” iniziamo a riesumare una vera e propria “chicca” dagli archivi Rai: uno dei primi Speciale Tg1 andati in onda alla fine degli Anni ’70.
Ricordiamo, en passant, ad onor di nostalgica cronaca, i vari rotocalchi giornalistici che si sono succeduti, cambiando nel corso di quest’ultimi trent’anni titoli di testata ma lasciando inalterato il sapore di ‘settimanali di approfondimento’ di attualità del Tg1.
L’antesignano dei vari contenitori Rai, fra i quali i più riusciti forse rimangono Speciale Tg1 e TV7, fu proprio nel 1977 Tam Tam a cura di Arrigo Petacco e Nino Criscenti.
Inoltre, per non dimenticare, i principali programmi realizzati dalla mitica redazione telegiornalistica Rai furono: Almanacco del giorno dopo; Novantesimo minuto; Cronache del Tg1; Tam Tam; Ping Pong; Filo diretto; La Domenica Sportiva; Giorno per Giorno; Tg l’una; Tg1 Prisma; Mercoledì sport; Estrazioni del Lotto; 3 Minuti di…; Speciale Tg1; Check-Up; Do Re Ciak Gulp!; TV7.
Buona (tele) visione…
C’era una volta il 4 aprile 1978, quando, sulla Rete 2, nell’ambito del contenitore “Buonasera con… Maria Giovanna Elmi”, andò inaspettatamente in onda, dopo lo strepitoso successo di Heidi, un nuova serie animata giapponese intitolata Atlas Ufo Robot.
Il genere e la provenienza del cartone rappresentò una grossa novità per i telespettatori italiani dell’epoca, abituati alle produzioni americane, oltre che Disney, di Hanna & Barbera e Warner Bros.
La fautrice di questa scoperta del tutto nuova nel bel paese fu la funzionaria Rai Nicoletta Artom, una pioniera assoluta del cinema disegnato italiano, le cui ricerche erano già anni luce avanti per essere allora compresa dal provincialismo italico, tanto che l’anno seguente, pare, fu “silurata” (per riconoscenza…) da “Mamma Rai” dopo aver difeso a spada tratta la “sua” creatura su TV Sorrisi e Canzoni a seguito del fatto che si erano mossi sociologi, pedagoghi e perfino politici con le loro puerili quanto errate teorie, giudicando i cartoni giapponesi “violenti, diseducativi e per di più fatti al computer”; un po’ come se, per un’altra Arte, si lasciasse giudicare l’elevatezza della musica di Mozart e Bach come “strana, incomprensibile e per di più prodotta elettronicamente” soltanto perché viene analizzata da persone che a malapena riescono a cogliere l’orecchiabilità delle canzoni di Pupo e Toto Cutugno… E se misconosciuto è il linguaggio dell’animazione perfino più conosciuto è quello della musica: ora, chi non capiva prima, non potrà più dire di non capire!
Inoltre, prima dell’invasione di persone straniere vere e proprie, con la prima invasione dei cartoni animati non occidentali, i “nostri” connazionali hanno dato sfoggio di quanta comprensione e apertura esiste verso culture diverse alla nostra, apportando, per converso, retoriche di grettissima intolleranza, ignoranza senza confini (o meglio limitati a quelli geografici della penisola…), e luoghi comuni falsificanti l’oggettiva verità.
Ricordiamone alcuni e commentiamoli ‘degnamente’ in parentesi: nomi impronunciabili (meglio nomignoli demenziali evidentemente… almeno non fanno paura agli adulti che lasciano soli i bimbi davanti alla TV…); robot senza sentimenti (ad un’analisi ‘profonda’, se sono robot non li possono avere ovviamente…); inculcamento della violenza (come se il mondo bisogna edulcorarlo dal male, cosa che, mi sembra non fece – in altre parti del pianeta – neanche l’‘italianizzato’ Gesù); valori che non sono i nostri (e chi se ne frega… anzi… meno male, ma forse i cartoon su Riina sarebbero più riconoscibili…); robetta fatta come nei bassifondi napoletani (magari… Cosa altrettanto vera nel restante della penisola…).
…Strano, però, che di lì a poco questa splendida e edificante cartina di tornasole che mostrava il livello d’evoluzione di un popolo – il nostro –, sia diventato improvvisamente “tollerante e antirazzista” verso le “persone” anziché i “cartoni animati” stranieri…
I primissimi Anime Rai, con in testa Heidi, Goldrake e l’anno dopo Capitan Harlock hanno invece rivitalizzato il messaggio cristiano, dell’ancestrale lotta fra il bene e il male, dei valori quali l’amore, la tolleranza e la giustizia, portando finalmente quell’universale nutrimento spirituale alle giovanissime generazioni italiane, le quali conoscevano Cristo solo “grazie” al connubio spirituale fra la Democrazia Cristiana e la Chiesa Cattolica. Ma vediamo di ciò gli indubbi frutti ‘spirituali’: come avrete visto, in questi ultimi sessant’anni l’Italia si è straordinariamente evoluta sul piano culturale, spirituale e soprattutto economico, no?
E anche, da non dimenticare a proposito di ‘male’, che questi paladini di Cristo, fra politici di Stato e porporati di Chiesa, hanno letteralmente sconfitto il maligno: dapprima le Brigate Rosse, la Mafia e la poi la P2, sono da allora entità oggi definitivamente sconfitte, vero?
Ma torniamo a quel 4 aprile 1978 in pieno Rapimento Moro…
Goldrake, di fatto, fu la scoperta di un mondo nuovo e migliore, semplicemente una realtà fatta con attori disegnati vera e vivente, esportata da un’altra parte del globo, diventando addirittura in breve tempo un fenomeno di costume per grandi e piccini la quale accompagnò spontaneamente la crescita non solo anagrafica ma soprattutto spirituale dei giovanissimi italiani della seconda metà degli Anni ’70: gadget, album delle figurine, giornali, la canzone entrata al primo posto nell’Hit Parade… al punto che la “Goldrake generation” iniziò a interessare non solo il pubblico dei più piccini ma anche quello più adulto.
L’anno dopo, ai primi mesi del 1979, fu proprio la redazione Rai del Tg1 ad interessarsi con un vero e proprio reportage giornalistico a quello che si era rivelato il più straordinario fenomeno di costume degli ultimi anni: Goldrake.
Il filmato inizia dopo una breve presentazione in studio con una grande mercedes anni 70 che percorre le strade della periferia di Tokyo per giungere sino agli Studi Toei, due ore d’auto dal centro di questa grande metropoli d’oriente.
Il reportage s’intitola «Heidi, Goldrake, Harlock and Co.», a firma del noto giornalista Rai Giuseppe Breveglieri (un vero maestro del giornalismo). Interessanti le prime titolazioni in croma-key sullo sfondo di una dedalo metropolitana del Sol Levante, quando finalmente l’automobile giunge agli studi Toei dove un enorme pupazzone con le fattezze di Goldrake (un po’ come gli enormi Mickey Mouse attendono i visitatori nei parchi giochi Disney), dà loro il benvenuto… Ed ecco che lo speaker annuncia, «Non sbagliate, è Goldrake, il vincitore di mille battaglie nello spazio. Adesso fa il guardiano al cancello della Toi [sic] Animation, la casa cinematografica che lo ha creato. Le strategie dell’industria giapponese dei cartoni animati sono state più forti di lui e questa volta è stato sconfitto. Di Goldrake si è parlato molto. Sociologi ed esperti di comunicazione di massa si sono scomodati per lui. Si sono accapigliati, domandandosi se un cartone animato è per lo spettatore un mezzo ininfluente o meno, cioè se è innocuo o se non lo è. C’è persino chi ha visto nelle avventure del robot giapponese un reato di lesa infanzia, dimenticando che anche i bambini hanno un’intelligenza critica. Per Goldrake, ora, le avventure galattiche sono solo un ricordo…
A parte molti luoghi comuni e frasi che certo mostrano come i giornalisti Rai dell’epoca avessero compreso il valore della serie nipponica molto più di sociologi e politici affetti da superficiale demagogia e falso sentimentalismo infantile, lo stesso Breveglieri e la sua troupe scoprirono alla Toei una realtà ben diversa da quella ipotizzata: Goldrake era solo un vecchio ricordo, preceduto e seguito da moltissimi altri eroi per i bimbi del Sol Levante…
Seguendo lo scorrere delle immagini, vediamo Breveglieri, ancora con microfoni a filo e registratori a tracolla, mentre intervista un certo Tomoaru [sic] Katsumata con sottotitolo Rai: “Produttore Ufo Robot”. Tomoharu non Tomoaru!
Interessante la voce in giapponese originale sovrapposta allo speaker italiano, di cui riconosciamo il bravissimo Diego Reggente, per caso doppiatore di moltissimi personaggi degli Anime di Go Nagai: «Abbiamo realizzato la serie di Ufo Robot dopo quella di Ultraman. Un eroe extraterrestre venuto sulla Terra da un’altra stella. Ultraman è piaciuto molto qui in Giappone e allora abbiamo pensato di continuare su questa strada ma abbiamo introdotto una modifica: un robot come Goldrake che viene guidato dal protagonista nel quale lo spettatore può identificarsi. Prima di Ufo Robot, che è di qualche anno fa, abbiamo realizzato nel ’73 Majinger Z. Majinger Z è il primo cartone sui robot, ed è in un certo senso il papà di Goldrake».
Ed ecco che riescono ad entrare in possesso di un brevissimo spezzone ripetuto a ciclo dell’antesignano di Ufo Robot: Mazinga Z (uscito da noi nel 1980 mentre il commentatore lo ‘annuncia’ di prossima programmazione in Rai fra approssimazioni di spiegazioni tecniche e quant’altro: «Majinger Z, che noi vedremo in televisione in autunno è in un certo senso la prova generale dei disegnatori della Toi per arrivare a Goldrake. Majinger Z, che da noi si chiamerà semplicemente ‘Mazinga’ […] come Goldrake, un personaggio ormai dimenticato dai bambini giapponesi… Un personaggio che non tornerà… Perché?
Gli fa eco la risposta di Katsumata-Reggente: «I bambini giapponesi oggi hanno tanti giocattoli meccanici, tanti robot e navi spaziali. Questi giocattoli durano poco, non più di un anno, perché arrivano altri eroi. Dopo Goldrake hanno avuto un altro personaggio che si chiama ‘Jambot’ e allora i giocattoli di Ufo Robot sono stati abbandonati. I miei disegnatori, poi si annoiano se lavorano per più di un anno sullo stesso personaggio e vogliono cambiare. Dopo la serie dei robot, abbiamo prodotto molte altre storie spaziali soprattutto perché gli sponsor dei nostra cartoni vogliono sempre nuovi personaggi…».
Una panoramica nei vari reparti animazione, inchiostratura e colore, per spiegare il meccanismo delle aziende dei giocattoli che fa da sponsors alle varie serie TV dell’industria cinematografica giapponese mentre lo speaker insiste con questa stranissima ‘Toi’ anziché Toei Animation, un misto fra Toei e Toy (giocattolo) seguendo ipoteticamente la pronuncia nipponica ascoltata… Specificando ad esempio, che la serie Ufo Robot, anni prima, venne patrocinata da sei aziende interessate a pubblicizzare i loro prodotti, le quali, coprendo le spese di realizzazione in parti percentuali, ottengono in cambio il diritto di sfruttare pubblicitariamente i personaggi del cartone animato per le loro attività commerciali. La serie di Ufo Robot costò agli sponsor 6 milioni e mezzo di Yen, poco più di 27 milioni di lire italiane di allora… Conclude in modo non certo felice per il nostro nuovo beniamino: «…Il meccanismo, dunque, è semplice: gli sponsors vogliono sempre nuovi eroi, per lanciare sul mercato nuovi prodotti. Per questa ragione Goldrake è finito in portineria…».
Tra una simpatica imprecisione e l’altra, anche per nuovi personaggi fra i quali troviamo i già citati ‘Ultraman’ e ‘Jambot’, il quale dovrebbe essere Zambot 3, tra l’altro non di produzione loro ma in riferimento agli studi concorrenziali alla Toei Doga, si vedono le varie lavorazioni dove compaiono, fra banchi luminosi e tavoli di lavoro, ancora cartoni da noi sconosciuti come Candy Candy.
E fra un luogo comune e l’altro, Breveglieri & Co. sono stati i primi a sfatare il ‘luogo comune dei luoghi comuni italici’… e cioè che Goldrake & Co. fossero fatti al computer. Sentiamo: «Abituati a associare il lavoro dei giapponesi a sofisticate attrezzature elettroniche, gli occidentali, quando apparvero i cartoni nipponici parlarono subito di programmazione ed elaborazione elettroniche. Non è così: come mostrano queste immagini, i disegni animati giapponesi sono il risultato del più artigianale dei lavori…»…quando si vede un operatore che riprende le celluloidi di Capitan Harlock su una Verticale Cinematografica neanche a piani multipli ma semplice ad un pianale unico con tanto di pressa, guanti e… spolverino!
Così sono nate – spiega – le storie di Dangard (pronunciato all’inglese ma da noi Danguard, apparso già l’anno prima sulle TV private agganciato agli sponsor de Il Giornalino di Cino Tortorella), le avventure fantastiche di Captain Future, quelle di Galaxy Express (usciti in Rai due/tre anni dopo, praticamente molto oltre la prima ondata degli Anime nipponici,..), ecc.
Per poi passare a commentare ‘Captain Herlock’ il pirata spaziale «che tra pochissimo tempo apparirà anche sui nostri teleschermi…»…mentre invece quando apparve il servizio su Tam Tam, Capitan Harlock era già presente alle prime puntate con nomi tradotti e italianizzati rispetto a quelli descritti nel servizio televisivo in questione con le voci originali giapponesi accelerate fino ad essere indistinguibili, motivo per cui, probabilmente, a montaggio definitivo i giornalisti Rai pensarono di intitolarlo anche al pirata spaziale oltre ai precedenti Heidi e Goldrake…
«…C’è sempre la stessa mano [sic], quindi, quella del disegnatore di Ufo Robot…», dice ingenuamente il commentatore quando viene intervistato un altro ‘Art Director’ Toei, presentato nei sottotitoli come “Disegnatore Ufo Robot”: Tadamao Tsuji, di cui ricordiamo non si tratta di ‘Tadamao’ ma di Tadanao (un misto con ‘Marameo’…), né tantomeno i nomi, peraltro distorti, corrispondono alle persone in questione, in quanto, tornati in Italia, in fase di titolazione avranno sovratitolato con tanto di errori invertendo fra l’altro i nominativi dei due intervistati!
Breveglieri chiede riguardo a un altro ‘luogo comune’ di cui si parlò agli inizi, di come mai questa misteriosa e subdola immigrazione “straniera” si seppe ben camuffare presentandosi con gli occhi grandi come i nostri…: «I bambini italiani, i bambini europei, si sono domandati perché questo personaggio non aveva gli occhi a mandorla e soprattutto vorrei sapere se i bambini giapponesi lo hanno accettato così…».
E la risposta di… ‘Tadamao’ non si fa attendere: «La storia di Ufo Robot ha personaggi senza nazionalità, con occhi grandi. Poi io credo che gli occhi dei bambini giapponesi, oggi, non sono proprio a mandorla: ecco, per queste ragioni, secondo me non era il caso di precisare gli occhi».
Ancora, fuori dalla Toei, in auto, la troupe Rai in un traffico convulso si dirige da un capo all’altro di Tokio dove sorgono gli studi della Nippon Animation produttrice di Heidi…
Anche lì stessa cosa fra sponsors e nuove realizzazioni: Tatsuo Yahagi “Produttore Heidi”, parla di un soggetto vecchio, superato per le nuove generazioni da nuovi cartoon più moderni e sofisticati… Tornando indietro a Heidi, egli raccontò che l’idea fu finanziata dalla Calpis, ‘una ditta di bevande non alcoliche per bambini’, ma il tutto avvenne cinque anni addietro… Dopo – specifica Yahagi – hanno realizzato il ‘nostro’ Cuore (serie da noi uscita tre anni dopo sulle reti Fininvest), mentre allora era stata da poco completata La storia di Anne…, da noi uscita nell’autunno dell’anno successivo come Anna dai capelli rossi…
Simpatica e un po’ ruffiana la domanda dell’intervistatore: «I bambini italiani hanno amato e io penso amino molto ancora Heidi… Io credo che non riusciranno a capire il perché della scomparsa di questa bambina… Non esiste una possibilità che ritorni, secondo lei?».
Secca e categorica la risposta del producer Yahagi, una sorta di Gianfranco Fini prima maniera in versione nipponica: «Anche i bambini giapponesi hanno seguito con passione la storia di Heidi; anche loro avrebbero voluto che continuasse… Purtroppo, però, è una storia vecchia e non ci sono nuovi racconti sulla pastorella svizzera. Poi, come lei sa, gli sponsor qui da noi vogliono cambiare personaggio ogni anno per suscitare nuovi interessi sui loro prodotti. E’ impossibile quindi che Heidi ritorni con nuove avventure…»…spiega per noi senza speranze il produttore giapponese sempre con la voce di Diego Reggente che motiva così il nuovo successo nel Sol Levante ancora non pervenuto in Italia: «…Abbiamo deciso di fare Anne per le bambine che hanno amato Heidi cinque anni fa. Ora sono più grandi e la storia è adatta a loro. Abbiamo lavorato un anno prima di decidere se fare o meno questo cartone. Ora siamo alla settima puntata e grazie a Dio il gradimento sta aumentando: Anne piace anche alle mamme giapponesi».
Interessante che fra Breveglieri e Reggente ‘Anne’ passa per l’italianizzazione in ‘Anna’; cosa accaduta anche prima fra le rispettive pronunce di ‘Captain Herlock’ e ‘Capitan Harlock’; motivo per cui si può facilmente dedurre che il filmato venne doppiato e speakerato separatamente e assemblato in fase definitiva di montaggio video…
Il servizio pare concludersi… E invece no! Sembra un break pubblicitario quando è un semplice stacco fra un piano e l’altro dell’interessantissimo reportage, quando, dall’alto dell’interno di un grattacielo che vede in panoramica l’intera capitale del Giappone, lo speaker, riprendendo dei semplici TV a colori marca Sony, annuncia: «Tokio: in questa sterminata città la televisione di stato e quelle private trasmettono ognuna almeno un’ora di cartoni animati al giorno. Nei giorni di festa le ore di trasmissione aumentano. Oltre ad Anna ci sono nuovi personaggi. Le tecniche di realizzazione sono simili a quelle dei cartoni già visti. C’è però in questa storia che vi mostriamo la tendenza ad abbandonare le imprese galattiche. Kurenai Sanshiro e il piccolo Kenbo sono gli eroi del momento. Sono fratelli e lottano contro i cattivi, non più malvagi di altri pianeti ma comunissimi malfattori e robot quasi domestici».
Probabilmente i giornalisti Rai si fecero tradurre i nomi dei protagonisti, ma la spiegazione offerta è lontana mille miglia dalla verità: il cartoon commentato non è certo una novità posteriore a Goldrake & Co nel quale – come addotto da loro – vi sono robot compatti ad uso domestico per il progredire della tecnologia, bensì trasmettevano semplicemente una puntata dove, per caso, vi erano due mini robot nella serie Judo Boy, ancora ignota in Italia e prodotta dalla Tatsunoko esattamente dieci anni prima e quindi di molto antecedente ai successivi robot Toei!
Le inquadrature continuano, commentate in italiano fra approssimazione e allegria, concludendo in bellezza: «Tra la pubblicità di un incontro di baseball e i prezzi di un teatro di Yokohama, Sanshirò e Kenbò lottano e sconfiggono i malvagi…».
Il filmato conclude, ritornando agli ingressi degli Studios Toei fiancheggiato da palme in lontananza con l’enorme Goldrake e schiere di piccoli bambini giapponesi che corrono a salutarlo, quando il giornalista, accortosi dagli intervistati che il genere classico dei robot era forse un po’ superato (anche se non era propriamente così) si congeda per tornare in Italia…
Singolare la voce metallizzata e meccanica, quasi da luna park, del mega robottone gigante.
Ed ecco il dialogo fra il giornalista Rai Breveglieri e il robot Toei ‘Goldrake’:
«Goldrake, cosa ti è successo?».
«I robot non li vogliono più, ho combattuto mille battaglie ma ora non hanno più bisogno di me. Adesso ci sono i pirati siderali, c’è quell’Harlock, non ci capisco più niente!».
«Ma… le lame rotanti, i raggi protonici, i magli perforanti, i disintegratori… Le tue armi, insomma, dove sono?».
«Non lo so… me le hanno tolte quando mi hanno dato questo posto. Ho ancora le alabarde sulle spalle ma non funzionano!».
«Non funzionano?… E Allora, cosa pensi di fare?».
«Non so… Potrei venire in Europa, in Italia, se la vostra televisione mi fa lavorare!».
«Beh… ai bambini italiani piacerebbe di certo un tuo ritorno!…».
«Potrebbe essere una buona idea. A presto allora, arrivederci!».
E a questo incredibile, piacevolissimo ma irriconoscibile Goldrake con voce metallica e riverberata viene sostituita in chiusura la celeberrima sigla della serie TV che vede la mercedes della troupe Rai tornare in Italia….
Mario Verger
Tam Tam – Speciale Tg1: «Heidi, Goldrake, Harlock and Co.», 5/4/1979
A cura di Arrigo Petacco e Nino Criscenti, Giorgio Cazzella e Flora Favilla
Servizio “Heidi, Goldrake, Harlock and Co.” a cura di Giuseppe Breveglieri – Riprese filmate Antonio Bucci – Montaggio Giambattista Mussetto
Collegamenti
Sigla Tam tam – Attualità del Tg 1
Un giornalista di grande talento che si è costruito la professione con grande fatica e tenacia. Un uomo innamorato del proprio lavoro e della vita che ha saputo imparare oltre ad insegnare. Uomo generoso, di intuito e umorismo vivace, Beppe mi lascia un patrimonio di ricordi ed insegnamenti straordinari.
Mio padre. Ciao papa. Benedetta
Ricordo bene tuo papà in televisione. Questo servizio sulla Toei dimostra la qualità del suo lavoro. E’ andato di persona fino a Tokyo a vedere con i suoi occhi e sentire con le sue orecchie, e ci ha portato notizie di prima mano e un documento che ora è nella storia della televisione italiana. Se avessi potuto lo avrei ringraziato personalmente.
Bellissimo contributo di tuo padre, da cui si evince come intendeva il giornalismo: è andato fino a Tokyo a vedere con i suoi occhi e a sentire con le sue orecchie, lasciandoci un servizio che è rimasto nella storia della Rai. Se avessi potuto lo avrei ringraziato di persona.
Ricordo di aver visto questo servizio soltanto nella parte finale proprio in quell’anno. Un servizio del telegiornale, probabilmente negli stessi giorni, annunciò il prossimo arrivo della serie di Mazinga in Italia. Di sicuro, quella notizia era ripresa dal servizio di tuo padre, al quale sono molto grato in quanto quello è stato l’unico periodo felice della mia vita.