Der Sieg des Glaubens. Il documentario maledetto di Leni Riefenstahl

da Rapporto Confidenziale numero30 (dic/gen 2011)

Se in questa sede parliamo di Helene Bertha Amalie Riefenstahl (1902-2003) non lo facciamo certo a scopi – più o meno nascostamente – “estetici” o apologetici, bensì per puntare il dito verso due produzioni minori che le storie del cinema tendono a dimenticare. Due produzioni importanti che costituiscono il prodromo e il completamento del suo documentario più famoso, “Triumph des Willens” (“Il trionfo della volontà”, 1935), il primo film di propaganda a raggiungere vette di efficacia tali da diventare un’“arma di convinzione di massa” in cui s’imbatté pure Luis Buñuel durante i suoi anni americani, nel 1941, quando ebbe modo di smontarlo e rimontarlo come un giocattolo alla nitroglicerina.
È quindi con animo “nocturno” che spolveriamo la pizza di “Der Sieg des Glaubens” (“La vittoria della fede”, 1933), primo film su commissione targato Riefenstahl, che documenta il quinto Reichsparteitag (l’adunata annuale della NSDAP). Un Reichsparteitag diverso dal solito, visto che pochi mesi prima Adolf Hitler era diventato cancelliere del Reich. La macchina goebbelsiana della propaganda non era ancora a regime quando una donna trentenne, ex ballerina, attrice di successo e regista in erba si fiondò a Norimberga per filmare decine – forse centinaia – di migliaia di volti e uscirsene con un biglietto da visita di celluloide del “governo Hitler”. Non era a regime ma sapeva imparare dai propri errori. Un esempio per tutti. La sera del 30 gennaio, giorno in cui von Hindenburg nominò Hitler cancelliere, la fiaccolata delle SA per le vie del centro di Berlino fallì a causa della disorganizzazione della camicie brune e del caos imperante. Lo testimoniano alcune foto conservate al Deutsches Historisches Museum di Berlino. Quando Goebbels diede ordine di girare il primo film celebrativo del nazionalsocialismo, Hans Westmar (ispirato al “martirio” di Horst Wesse, eroe-simbolo della NSDAP), fece mettere in scena una spettacolare fiaccolata alla Porta di Brandeburgo, con tanto di schiere umane ordinate secondo i dettami geometrici di Albert Speer. Nel corso del tempo, grazie al potere sciamanico e truffaldino del ministero del Dr. Goebbels, la teatralizzazione dell’evento ha sostituito la realtà e ancora oggi, sui siti governativi tedeschi, si ricorda il primo giorno dell’era Hitler con un’immagine falsa.
Joseph Goebbels amava Leni Riefenstahl, che a sua volta amava Adolf Hitler, il quale apprezzava il talento visivo di Leni Riefenstahl ben sponsorizzato dalla cartolinesca favola montana Das blaue Licht (La bella maledetta, 1932). Una triangolazione quasi perfetta, poiché come sottolinea la stessa Riefenstahl nelle sue colossali Memorie (2), lo zoppo malefico provò a fare di lei una delle sue amanti, ottenendo picche. Una reazione, la sua, che inficiò la buona riuscita del suo progetto successivo. Il Führer, sedotto dalla perizia registica e dall’idea di bellezza arcana e laica che trasudano dalla “Luce azzurra”, non esitò ad affidare a Leni il compitino non da poco di fotografare il trionfo unitario di Partito, Popolo e Capo in quel di Norimberga. La regista obbedì e si scaraventò in bassa Baviera tra il 30 agosto e il 3 settembre, in compagnia di una troupe formata da quattro cameraman: Sepp Allgeier, Franz Weihmayr, Walter Frentz e Paul Tesch. L’antipatia che Goebbels nutriva nei suoi confronti fece sì che la Riefenstahl, star del grande schermo ma “parvenue” nei panni di regista documentaria, non avesse la libertà di azione di cui necessitava per fare un buon lavoro. Il risultato, sconvolgente in confronto alla solidità granitica del Trionfo della volontà, è un film che eccede in immagini rubacchiate e riprese sfocate, eppur… si muove. A suo modo, Der Sieg compie un piccolo miracolo cinematografico.
Der Sieg des Glaubens ha una durata di 61 minuti, suddivisibili in dieci sequenze ben definite che fungeranno da falsariga per il successivo Triumph des Willens. In estrema sintesi si assiste al risveglio della città di Norimberga, all’arrivo dei partecipanti all’adunata, ai discorsi ufficiali (solo i quattro di Hitler vengono presentati nella loro interezza), alle varie parate e all’omaggio ai caduti della Prima guerra mondiale. Il tutto infarcito di canzoni e col motto del Reichsparteitag che emerge in tutta la sua univoca chiarezza: für die Einigkeit des Volkes, für die Stärke des Reiches – per l’unità del popolo e per la forza del Reich. La regia si sofferma spesso e volentieri sui volti popolari, soprattutto i giovani e i bambini, mentre è costretta a “rincorrere” i pezzi grossi, di fatto poco consci delle riprese a parte un Goebbels sempre sorridente. Sono due le sequenze più riuscite: la seconda e la penultima. A inizio film vediamo arrivare a Norimberga prima le SA di Röhm, a piedi, poi la crème del Reich – in auto o in treno – e infine Hitler, che come nel Trionfo della volontà atterra in aereo (e la prima immagine che ce lo restituisce è mossa e fuori fuoco peggio d’una candid camera). L’“Hitler volante” non è un’immagine casuale, al contrario: è un segnale di continuità rispetto al breve documentario muto Hitler über Deutschland (1932), a uso e consumo degli iscritti al partito, che testimonia la campagna elettorale del Führer per le elezioni del luglio e del novembre 1932. La nona sequenza, che riassume la lunga parata sul Marktplatz, spicca invece per l’idea di cominciare e finire con una dissolvenza al nero sul braccio teso di Hitler, quasi avesse vita propria. Una zampata leonina visuale che resta impressa nello spettatore.
Nel complesso, Der Sieg des Glaubens è un film che anela all’armonia e alla fluidità ma finisce per emanare il fascino “stoosh” dell’opera riuscita alla meno peggio, per mancanza di mezzi e mancanza di tempo in cabina di montaggio. Riefenstahl dovette montare il film in fretta e furia, ma riuscì tuttavia a soddisfare il committente. Forse col pensiero a “Berlin – die Sinfonie der Großstadt” (1927) di Walter Ruttman, “Der Film vom Reichsparteitag” 1933 riesce a far percepire il clima di Norimberga anche a chi non c’è stato, senza ricorrere a didascalie, cartelli o “aiutini” di sorta. Le immagini parlano da sole. È un Filmerlebnis, un’esperienza visiva che immerge lo spettatore in un evento di grandiose proporzioni e gli sciroppa una dopo l’altra le parole che il Partito vuole inculcargli. In questo senso, Der Sieg des Glaubens batte Triumph des Willens su almeno tre fronti: la durata (i 100 minuti del Trionfo ammazzerebbero un ippopotamo), il linguaggio puramente audiovisivo (nel Trionfo si fa uso di qualche didascalia) e l’aspetto più morbido, umano, a fronte della perfezione monumentale del documentario girato nel 1934 e distribuito nel 1935.
Come abbiamo detto, Hitler era contento di Der Sieg des Glaubens. Il film venne stampato in 79 copie e si calcola che l’abbiano visto 20 milioni di spettatori paganti, compresi i bambini delle scuole – obbligati a vederlo previa colletta. E allora perché esiste Il trionfo della volontà? Perché Leni Riefenstahl è tornata all’opera solo pochi mesi più tardi per realizzare un “remake hollywoodiano” della sua prima marchetta? Il motivo si chiama Ernst Röhm, capo delle SA e fino al 1933 braccio destro di Hitler, tant’è che sui biglietti promozionali di “Der Sieg des Glaubens” il suo profilo campeggia appena dietro quello del Führer. Nel 1934 le tensioni tra Hitler e Röhm sfociarono in una sanguinosa resa dei conti dalla quale il capo delle SA non uscì vivo. E nonostante Röhm, in tutto il film, pronunci una sola frase, all’indomani della Notte dei lunghi coltelli (30 giugno) “Der Sieg des Glaubens” venne ritirato dalla circolazione e condannato alla damnatio memoriae.
Motivo per cui, tra il 5 e il 10 settembre 1934, Leni Riefenstahl si ritrovò a Norimberga, stavolta con una troupe invidiabile, fior di macchine da presa e binari da traveling pari a tappeti rossi. Il resto è storia. O quasi, visto che il meccanismo perfettamente oliato e pompato del Trionfo della volontà non pone l’accento su uno dei gangli decisivi del potere nazista, la Wehrmacht – allora in piena ricostruzione. Nel montato originale del film l’esercito ufficiale appare per due striminziti minuti che Goebbels decise di espungere salvo poi richiamare la Riefenstahl nel 1935 affinché girasse Tag der Freiheit – Unsere Wehrmacht, 27 minuti (non più striminziti: insostenibili) volti a celebrare il “giorno della libertà” in cui il Terzo Reich si scrolla di dosso gli ultimi dettami di Versailles e si arma fino ai denti, in un tripudio di carri armati e proiettili sparati a vanvera. Fu anche l’ultima volta che la parola “libertà” comparve nel titolo di un film voluto dal Dr. Goebbels.
Der Sieg des Glaubens è un film liminale, poiché incarna il passaggio del Rubicone dalla stanca propaganda cinegiornalistica al culto del Capo “visto da vicino”. La cancellazione della distanza tra il leader carismatico e il proprio popolo. Il film non è mai stato editato in home video, ma se digitate “neuschwabenland” insieme al titolo avrete modo di vederlo nel contesto di un sito messo in piedi a scopi di studio. O così dicono.

Simone Buttazzi

 

 

NOTE
(1) Nel 2011 pubblicherà una Storia completa del cinema tedesco con Area51 Publishing.
(2) Leni Riefenstahl, Memoiren, München-Hamburg, Albert Knaus Verlag, 1987. Edizone italiana: Stretta nel tempo, Milano, Bompiani, 2000.

 

Der Sieg des Glaubens. Der Film vom Reichsparteitag. Ein historisches Dokument (Victory of Faith)
regia, sceneggiatura, produzione: Leni Riefenstahl; montaggio: Leni Riefenstahl, Waldemar Gaede; operatori, fotografia: Sepp Allgeier, Walter Frentz, Robert Quaas, Paul Tesch, Franz Weihmayr; musiche: Herbert Windt; suono: Siegfried Schulz; montaggio del suono: Walter Gaede; direttore di produzione: Arnold Raether; con: Josef Goebbels, Hermann Göring, Rudolf Hess, Heinrich Himmler, Adolf Hitler, Robert Ley, Willy Liebel, Prince August Wilhelm, Ernst Röhm, Albert Speer, Margarete Speer, Julius Streicher, Franz von Epp, Franz von Papen, Baldur von Schirach; casa di produzione: Reichspropagandaleitung der NSDAP; data di uscita: 1 dicembre 1933; paese: Germania; anno: 1933; durata: 64′.

 

Leni Riefenstahl
Berlino, 22 agosto 1902 – Pöcking, 8 settembre 2003

Filmografia come regista
Das blaue Licht (1932) film narrativo
Der Sieg des Glaubens. Der Film vom Reichsparteitag 1933. Ein historisches Dokument (1933)
Tag der Freiheit – Unsere Wehrmacht (1935)
Triumph des Willens (1935)
Olympia – Fest der Völker / Fest der Schönheit (1938)
Tiefland (1940) film narrativo
Impressionen unter Wasser (2002)

Progetti mai realizzati nel dopoguerra (tutti narrativi): Van Gogh, Der Tänzer von Florenz, Sol y sombra, Drei Sterne am Mantel der Madonna (con Anna Magnani), Die roten Teufel, Die schwarze Fracht.

Per chi volesse approfondire, consigliamo il saggio di Leonardo Quaresima «Belichtetes Material» in Da Caligari a Good Bye, Lenin! (2004), a cura di Matteo Galli, Le Lettere, Firenze.



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