Magic Mike > Steven Soderbergh

Steven Soderbergh ci ha abituati ai repentini salti di genere e valori produttivi lungo una carriera che testimonia una certa capacità di attraversare storie e stili diversi: dal super indipendente lungometraggio d’esordio “Sex, Lies & Videotapes” (1989, candidatura all’Oscar e Palma d’oro a Cannes), ai successi planetari della trilogia “Ocean’s Eleven”, il cui primo capitolo risale al 2001; dalla candidatura al premio Oscar come migliore regista per “Erin Brockovich”, a quello vinto nel 2000 per “Traffic”, passando per il film realizzato con l’attore e controverso monologhista Spalding Gray (“Gray’s Anatomy”, 1996), cui dedicherà sei anni dopo la sua scomparsa il documentario “And Everything Is Going Fine” (2010), fino ad arrivare ai due capitoli della cine-biografia di Ernesto “Che“ Guevara (“Che”, 2008).
Alla sua eclettica filmografia, si aggiunge ora “Magic Mike”, presentato in Piazza Grande a Locarno lo scorso agosto. Nel film, il Mike del titolo è uno spogliarellista trentenne di successo che si esibisce nel club di Tampa, Florida, gestito dall’ambizioso Dallas. Un giorno, su un cantiere, incontra Adam, un diciannovenne che non riesce a trovare lavoro nel campo dell’edilizia e si arrangia come può, accontentandosi di dormire sul divano della sorella infermiera. Quando Mike gli propone di esibirsi nel locale, però, tutto cambia: l’iniziale imbarazzo gli conquistano immediatamente il favore del pubblico femminile, un favore che i suoi muscoli guizzanti renderanno duraturo.
Mentre Mike inizia una difficile relazione con la sorella di Adam, simbolo di equilibrio contrapposto al mondo caratterizzato dagli ecessi frequentato dal fratello, quest’ultimo si perde tra droghe e incontri sessuali con le clienti del club.

Al netto di petti oleati, natiche tornite, non di rado riprese in primo piano, e mises alla Village People, il film non è molto più che un melodramma anni ’50, una favoletta morale sulla caduta e il riscatto di un giovane uomo, che vive soprattutto dei numeri di spogliarello – benissimo fotografati da Soderbergh stesso, che usa lo pseudonimo Peter Andrews – e dei nomi in cartellone, soprattutto quello del nuovo sex symbol hollywoodiano Channing Tatum, che si attribuisce l’idea per il film, nata dalla sua esperienza come spogliarellista ai tempi degli studi.
La vera sorpresa del film è però Matthew McConaughey, che molti conosceranno più per la costante esibizione dei pettorali che per i ruoli nel cinema e che qui, grazie al ruolo del proprietario del locale, può prendere in giro la sua immagine trasformando quello che sulla carta sarebbe un ruolo secondario nel più efficace dell’intero film.
C’è da anticipare che il riscatto passerà attraverso il recupero dei valori fondamentali?

Più monumento al narcisismo, al desiderio di esibizione imperante nel nostro tempo, che fedele ritratto della neo-depressione che stiamo vivendo, “Magic Mike” riesce a procurare qualche sbadiglio – ma davvero erano necessari 110 minuti? – a causa di una storiellina fragile che pare funzionale come intervallo tra un’esibizione e l’altra.
Costato 7 milioni di dollari e forte di incassi pari a 40 solo nel primo weekend negli Stati Uniti, “Magic Mike” promette di ottenere risultati strabilianti anche dalle nostre parti. Soderbergh, intanto, ha già terminato di girare altri due film: “The Bitter Pill”, sempre con Channing Tatum, e l’atteso “Behind the Candelabra”, discussa biografia dell’eccentrico pianista Liberace, cui presterà il volto Michael Douglas.

Roberto Rippa

Magic Mike
(USA/2012)
Regia: Steven Soderbergh
Sceneggiatura: Reid Carolin
Fotografia: Steven Soderbergh (con lo pseudonimo Peter Andrews)
Montaggio: Steven Soderbergh (con lo pseudonimo Mary Ann Bernard)
Casting: Carmen Cuba
Scenografie: Chris Dileo, Stephen I. Erdberg
Costumi: Christopher Peterson
Interpreti principali: Matthew McConaughey, Channing Tatum, Olivia Munn, Alex Pettyfer, James Martin Kelly, Cody Horn, Reid Carolin, Avery Camp, George A. Sack,
Joe Manganiello
110′



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