L’ultimo uomo della terra > Ubaldo Ragona (e Sidney Salkow)

articolo pubblicato su Rapporto Confidenziale numero5 (maggio 2008)

Il dottor Robert Morgan si sveglia ogni giorno da tre anni in una Roma spopolata e disseminata di cadaveri. Si tratta dell’effetto di un morbo misterioso che ha trasformato gli umani in morti viventi assetati di sangue. Lo scienziato è preda di notte e cacciatore di giorno, in un ciclo che sembra non poter avere fine.
Intanto lui vive metodicamente le sue giornate sbarazzandosi dei cadaveri, bruciandoli prima che riprendano vita, e le notti assediato dai morti viventi.

I am a man! I am the last… man!

L’ultimo uomo della terra, o The Last Man on Earth, come è noto fuori dall’Italia, si apre con una suggestiva panoramica di una Roma deserta il cui quartiere EUR, con la sua moderna architettura, dovrebbe simulare gli Stati Uniti.
Poco dopo assistiamo al risveglio del dottor Morgan, che da tre anni, da quando l’umanità pare essere stata interamente sostituita da morti viventi assetati di sangue, segue una routine inflessibile: innanzitutto il reperimento di quel poco che terrorizza gli spietati esseri, aglio fresco e specchi in cui non tollerano di vedere la loro immagine riflessa, e quindi l’eliminazione dei cadaveri che trova, a decine, per strada, che vanno bruciati prima che riprendano vita.
Poi, grazie a una scena retrospettiva, veniamo a conoscenza di ciò che originato la situazione attuale, ossia un misterioso virus che ha attraversato l’Europa portato dal vento.
L’ultimo uomo della terra, che in Italia è firmato dall’ex operatore siciliano poi passato alla regia Ubaldo Ragona, mentre le fonti americane accreditano alla regia Sidney Salkow (che aveva diretto Vincent Price l’anno precedente in Twice-Told Tales, in italiano L’esperimento del dott. Zagros), nasce da un romanzo, I Am a Legend, di Richard Matheson (pubblicato in Italia da Fanucci), il quale viene contattato dalla inglese Hammer (la casa di produzione nota per i suoi film horror gotici) per stendere una sceneggiatura per il film. Insoddisfatta dal risultato, la Hammer abbandona il progetto e lo cede all’americana Associated Producers Inc. (API), che lo coproduce con l’italiana Produzioni La Regina (da qui il cast italiano ad affiancare Vincent Price). Se dalle fonti appare difficile attribuire la regia a Ragona o Salkow, è più che probabile che la verità stia nel mezzo e che il passaggio di testimone (o l’affiancamento del regista americano a quello italiano) sia dovuto all’insoddisfazione, questa sì certificata dalle fonti, di Vincent Price in merito alla produzione italiana. È altrettanto certa l’insoddisfazione di Richard Matheson che, innanzitutto, chiede di non firmarlo ma poi, scoperto che perderebbe i diritti d’autore, sceglie di firmarlo con lo pseudonimo Logan Swanson (formato dai cognomi da nubili di sua suocera e sua madre).
Il film, pure con le sue manchevolezze e alcune goffaggini (alcune interpretazioni non eccelse da parte del cast secondario, la ripetizione delle scene di assedio alla casa), presenta un’atmosfera di grandissimo impatto che George a. Romero sembra conoscere bene quando, quattro anni dopo, gira Night of the Living Dead, debitore anch’esso al romanzo di Matheson, pur non citato.
Merita una visione non solo per questo ma anche per la tensione che riesce a creare, per la stupenda fotografia di Franco Delli Colli e per le atmosfere che si rifanno, pur con tutti i distinguo del caso, a Jacques Tourneur e, forse anche, a Carl Theodor Dreyer, utilizzandole però in un contesto commerciale a evidente basso costo.
Vincent Price, questa volta dalla parte del braccato, è bravissimo come sempre ed è affiancato dagli italiani Franca Bettoia (Non toccate la donna bianca, 1974, di Marco Ferreri), Emma Danieli (Le spie amano i fiori, 1966, di Umberto Lenzi), Giacomo Rossi-Stuart (La notte che Evelyn uscì dalla tomba, 1971, di Emilio Miraglia) e Umberto Raho (Gli amici di Nick Hezard, 1976, di Fernando Di Leo).
Questa misconosciuta perla, passata a Fuori Orario di Ghezzi su Raitre, è oggi reperibile in Italia grazie al DVD di Ripley’s Home Video mentre negli Stati Uniti, dove il film non è più protetto dal diritto d’autore e quindi è stato pubblicato decine di volte in miserande edizioni, la versione migliore pare essere quella restaurata dalla MGM, che l’ha pubblicata (in Double Bill con Panic in Year Zero!,1962, diretto da Ray Milland) nella collana economica Midnite Movies, senza però la traccia audio italiana.
Il romanzo di Matheson ha poi funto da ispirazione per The Omega Man (1975: Occhi bianchi sul pianeta terra, 1971) di Boris Sagal.

Roberto Rippa

 

L'ultimo uomo della terra02

 

L’ULTIMO UOMO DELLA TERRA
Titolo internazionale: The Last Man on Heart, Italia-USA, 1964
Regia: Ubaldo Ragona e Sidney Salkow
Soggetto: Richard Matheson (accreditato come Logan Swanson), dal romanzo I Am Legend
Sceneggiatura: William F. Leicester, Furio M. Monetti, Richard Matheson (accreditato come Logan Swanson), Ubaldo Ragona
Musiche: Paul Sawtell e Bert Shefter
Fotografia: Franco Delli Colli
Montaggio: Gene Ruggiero
Interpreti principali: Vincent Price, Franca Bettoia, Emma Danieli, Giacomo Rossi-Stuart, Umberto Raho, Christi Courtland
86′



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