Il presente articolo è stato pubblicato su Rapporto Confidenziale, numero29 (novembre 2010), pag. 24
all’interno dello speciale Mr.Arkadin goes to Venezia 67
Bakjwi
(“Thirst”) Chan-wook Park | Corea del Sud | 2009 | 35mm | colore | 133’ (director’s cut: 145’)’
Dopo aver completato la trilogia della vendetta con “Lady Vendetta” ed averci stupito per il repentino cambio di stile e di narrazione che aveva attuato con “I’m a cyborg, but that’s ok”, Park Chan-Wook torna sul grande schermo con “Thirst”, suo personale punto di vista sul vampirismo.
La storia è quella di un sacerdote che, per aiutare l’umanità, decide di prendere parte ad un programma di sperimentazione di un vaccino contro pericolose malattie. Qualcosa nell’esperimento va storto e il sacerdote, dopo aver sfiorato la morte, scopre di essere diventato un vampiro. Come riuscirà a far convivere la sua fede religiosa con l’incessante richiamo al sangue umano?
“I’m a cyborg, but that’s ok”, pur non essendo un film perfetto, aveva una grande particolarità, ovvero quella di cambiare continuamente forma, di sviluppare sempre nuovi temi e di toccare diversi stili (dalla commedia romantica alla favola, dal cinema sui manicomi al dramma). In questo sembra essersi trasformato per ora il cinema di Chan-Wook: una massa in movimento che si trasforma fotogramma dopo fotogramma, non solo con l’intento di stupire e disorientare continuamente lo spettatore, ma con la voglia di sviscerare nel modo più esauriente possibile le storie e le psicologie dei suoi personaggi.
Ne è un esempio lampante anche questo “Thirst”, che da dramma etico diventa melodramma amoroso in salsa splatter per poi approdare in maniera inaspettata verso un romanticismo vampiresco viscerale e reale che lascerà stupefatti.
“Thirst”, nella sua prima parte, riflette sulla scoperta della carne e dei propri istinti e di come l’essere umano si ritrova sostanzialmente incapace nel governarli alla luce della sua moralità. Man mano che la storia avanza, ci risultano più chiari e compatti gli intenti del regista coreano: “Thirst” non è altro che il racconto di un amore. Innamoratosi di una giovane ragazza, il sacerdote cede ai propri istinti e, durante un amplesso, la vampirizza. Conscio del male provocato (ma impossibilitato nel rimediarvi) il sacerdote inizia a sottostare alle regole dettate dalla ragazza che ha così ribaltato i ruoli di vittima e carnefice. I due fanno del male e si fanno del male. Si amano, si odiano, uccidono uccidendo lentamente la loro moralità, tornando a far parlare e decidere il proprio corpo e i suoi bisogni. E ancora, nel finale Chan-Wook ribalta la situazione con una svolta purificatrice che porta indissolubilmente alla morte ma che fa riscoprire ai vampiri l’umanità che avevano distrutto.
Anche nella forma “Thirst” si conferma essere un film in divenire, che sfrutta in maniera intelligente generi e sottogeneri per creare una massa multiforme e originale. Se l’impianto drammatico della pellicola è quello più evidente e l’impianto horror quello maggiormente sfruttato (ma con risultati non banali), Chan-Wook inserisce sequenze grottesche eccezionali (vedi quelle che riguardano il cadavere del marito o la madre inferma della ragazza) ed alcuni momenti di puro e inaspettato sentimentalismo che struggono e ci aiutano a entrare ancora di più in contatto con i personaggi.
Supportato dalle buone interpretazioni di Song Kang-Ho e Kim Ok-Bin e da alcuni momenti visivi assolutamente imprevedibili e affascinanti (le balene sputasangue del finale), “Thirst” riconferma il talento di un regista che nel nostro Paese sembra essere stato ingiustamente dimenticato, dato che le sue ultime due pellicole non sono uscite né al cinema né per il mercato home-video.
Matteo Contin
Bakjwi (“Thirst“)
regia: Chan-wook Park; sceneggiatura: Seo-Gyeong Jeong, Chan-wook Park; fotografia: Chung-hoon Chung; montaggio: Jae-beom Kim, Sang-bum Kim; musiche: Young-ook Cho; interpreti principali: Kang-ho Song, Ok-bin Kim, Hae-sook Kim, Ha-kyun Shin, In-hwan Park, Dal-su Oh, Young-chang Song, Mercedes Cabral; paese: Corea del Sud; anno: 2009; durata: 133’ (director’s cut: 145′)
istinti e, durante un amplesso, la vampirizza……….??????
ma che cazzo di film hai visto……l’ammazza lui e no durante un amplesso……pseudo critici del cazzo
“Ormai hai ventun’anni, è tempo che tu sappia di chi sei figlio!”
http://youtu.be/g-HWLc9jh30