Midnight in Paris > Woody Allen


Sono diversi anni ormai che di Woody Allen sembrano essersi perse le tracce. Salvo qualche ritorno alla quasi forma originale (il sorprendente “Match Point” del 2005, il divertente “Whatever Works” – “Basta che funzioni” del 2009), i suoi film sembrano sempre più meri contenitori di battute disseminate con estrema parsimonia per poterne risparmiare per il film successivo.
Questo a sostegno della teoria che vuole che un film all’anno da 34 anni (ossia da “Annie Hall” – “Io e Annie” del 1977) sia troppo anche per uno sceneggiatore abile e consumato come Allen. E quindi via di nuovo con le considerazioni su come il girare in Europa avesse rivitalizzato la vena creativa del regista, come se “Vicky, Cristina, Barcelona” o “Scoop” non fossero di per sé una decisa smentita in questo senso, quando poi è molto più probabile che le sue trasferte siano anche dovute a esigenze di coproduzione (si sa come negli Stati Uniti sia sempre stato difficile per lui trovare finanziamenti per il suo cinema).
Per non dire che ognuno sembra avere il suo proprio Woody Allen e io non faccio eccezione. Se i due titoli citati sono tra i suoi che ho preferito negli ultimi anni, per risalire al precedente occorre andare addirittura al 1994 di “Bullets on Broadway” (“Pallottole su Broadway”).

Dopo una (troppo) lunga serie di titoli mediocri, due anni fa una zampata: il citato “Whathever Works” (“Basta che funzioni”) pareva avere riportato in quota la vena di Allen, sostituito in scena da Larry David, il suo alter ego forse più organico non solo sullo schermo, visto che i loro trascorsi e il loro umorismo appaiono molto simili (Larry David è l’autore della serie di maggiore successo della televisione statunitense di tutti i tempi, “Seinfeld”, nonché autore e protagonista della sua propria serie, giunta all’ottava stagione, “Curb Your Enthusiasm”, dove recita fondamentalmente sé stesso. Non perdetevela, è una tra le cose migliori viste da anni a questa parte). Peccato che il successivo “You Will Meet a Tall Dark Stranger” (“Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni”, 2010), rappresenti uno tra i punti più bassi del cinema alleniano degli ultimi 20 anni, capace di deludere dolorosamente anche i più fedeli estimatori e strenui difensori dell’autore.

Ora tocca a “Midnight in Paris”, titolo numero 43 per Allen (non contando l’episodio diretto per “New York Stories” del 1989), che ha avuto un’accoglienza strepitosa a Cannes quest’anno.
Vero e proprio inno d’amore alla città, mostrata lungamente attraverso lo sguardo di un turista sui suoi scorci più noti prima dei titoli di testa, “Midnight in Paris” vede una giovane coppia in procinto di sposarsi, in visita nella ville lumière al seguito dei genitori di lei, in viaggio per lavoro.
Gil lavora come sceneggiatore a Hollywood, uno tra i tanti con un libro nel cassetto. Quello che lui vorrebbe lo proiettasse nell’olimpo della letteratura classica statunitense a fianco di Fitzgerald e Hemingway. Lei è una figlia di papà, persino troppo odiosa anche per un’odiosa da cinema. Mentre lui aspira al sogno romantico di vivere a Parigi, lavorando al suo romanzo sui tavoli dei piccoli café della città, lei molto più prosaicamente aspira alla villa a Malibu, e a Parigi cerca oggetti d’arredamento per la casa che ancora non c’è.
Questo fino a quando una sera Gil, brillo e smarrito per la città, non viene prelevato da un’antica Peugeot e proiettato nella Parigi degli anni ’20, in mezzo ai suoi idoli rappresentati in forma di caricatura: non solo Hemingway e i Fitzgerald, ma anche Picasso, Gertrude Stein, Dalì, un giovanissimo Buñuel (esilarante la scena in cui Gil suggerisce al perplesso regista il soggetto per “El ángel exterminador”), Cole Porter e, non ultima, Adriana, modella già amante di Braque e Modigliani impegnata al momento in una relazione tormentata con Picasso. Da qui, l’appuntamento con l’auto e la combriccola si ripeterà ogni notte allo scoccare della mezzanotte. Dopo la nostalgia per un tempo che non c’è più, sarà il desiderio di Adriana di vivere un tempo che non c’è ancora a fare decidere a Gil di vivere il suo proprio tempo.
Allen non sente alcun bisogno di spiegare gli eventi, così come non ne aveva sentito al tempo di “The Purple Rose of Cairo” – “La rosa purpurea del Cairo” (1985) o del meno riuscito “Alice” (1990).
Usa la situazione non solo per una serie di battute fulminanti (anche sulla Destra repubblicana) ma, soprattutto, per comporre un’ode alla città che più simboleggia l’accoglienza agli artisti di tutti i tempi. Owen Wilson, alter ego di Allen nel film (il regista, lo ha sempre dichiarato lui stesso, aspira all’immortalità. Che sia per questo che, da quando ha deciso di non apparire più nei suoi film, i suoi dichiarati alter ego sulla scena siano tutti intorno ai quarant’anni?), porta i giusti stupori e meraviglia al suo personaggio, mentre Rachel McAdams è odiosa unidimensionalmente e non le si chiede altro. A brillare particolarmente sono Marion Cotillard, nel ruolo di Adriana, Kathy Bates, strepitosa nei panni di Gertrude Stein. Léa Seydoux e il suo volto alla Brigitte Bardot degli anni 2000, rappresenta il viatico per una nuova esistenza e simboleggia la dolcezza della città.

“Midnight in Paris” non aggiunge nulla di nuovo alla filmografia di Woody Allen o, almeno, nulla che possa sorprendere nemmeno per un minuto. Ne conferma però la rara capacità di grazia e il tocco leggero inimitabile e fa uscire dalla sala lo spettatore con il cuore più caldo e l’occhio umido.
E chi se ne importa se ormai gli riesce solo un film ogni qualche anno. Rimane comunque un patrimonio del cinema e lo resterebbe anche se nella sua vita avesse girato solo “Annie Hall” (“Io e Annie”).

Midnight in Paris
(USA-Spagna, 2011)
Regia, sceneggiatura: Woody Allen
Fotografia: Darius Khondji
Musiche originali: Stephane Wrembel
Montaggio: Alisa Lepselter
Scenografia: Hélène Dubreuil
Costumi: Sonia Grande
Direzione artistica: Anne Seibel
Interpreti principali: Owen Wilson, Rachel McAdams, Kurt Fuller, Mimi Kennedy, Michael Sheen, Nina Arianda, Yves Heck, Alison Pill, Corey Stoll, Tom Hiddleston, Sonia Rolland, Marion Cotillard, Léa Seydoux, Yves-Antoine Spoto, David Lowe, Adrien Brody
94′

Tom Hiddleston e Alison Pill, alias F. Scott e Zelda Fitzgerald

Adrien Brody – Salvador Dalì



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