New York: nel fiume Hudson, a New York, vengono rinvenute parti di corpi maschili.
La polizia ritiene si tratti dell’opera di un omicida seriale che incontra le sue vittime nei locali gay della città, le stupra per poi ucciderle mutilandole. Il poliziotto Steve Burns viene assegnato al caso, che lo porterà a muoversi in incognito nella scena sado-maso della città in cerca di indizi che lo conducano all’assassino.
Nancy Gates: Why don’t you want me anymore?
Steve Burns: What I’m doing is affecting me.
Tratto dall’omonimo romanzo scritto da Gerald Walker, giornalista del New York Times (almeno così pare, trovare informazioni sull’autore pare impossibile, tanto da far sospettare che sia uno pseudonimo), Cruising è sin dalla sua uscita un film discusso e controverso al punto da rendere incredibile il fatto che una major (la Lorimar, sussidiaria della Warner Bros.) abbia deciso di produrlo.
Il film si apre sull’immagine di un braccio mozzato che galleggia nel fiume Hudson. La polizia ritiene che sia opera dello stesso assassino che si è già reso responsabile di due omicidi, vittime uomini gay. Non avendo alcuna traccia da seguire, il capitano Edelson assegna all’ambizioso poliziotto Steve Burns, che presenta le stesse caratteristiche fisiche delle vittime, il compito di addentrarsi in incognito nel circuito dei club s/m gay di New York. Completamente scoperto in termini di protezione e collaborazione, Burns si trasferisce nell’area dove l’assassino ha colpito e inizia il suo viaggio all’interno della scena “leather”.
Pesantemente contestato, sia durante la sua lavorazione che alla sua uscita, dalla comunità e dalle associazioni gay statunitensi che ne mettevano in discussione il ritratto parziale e unilaterale, con gli uomini che paiono occupati principalmente a frequentare parchi e locali truci dove lanciarsi in attività sessuali estreme, ma anche per l’associazione gay=persona affetta da disturbi mentali, il film venne accolto molto malamente dalla critica e di conseguenza dal pubblico, trasformandosi in un fiasco. Non che i contestatori avessero tutti i torti: la scena gay è rappresentata come un mondo parallelo, nascosto e privo di rapporti umani, popolato da simil-vampiri che vivono nell’ombra. La separazione tra la scena gay e il resto del mondo viene esplicitata da una New York fotografata come solare contrapposta ai locali bui, nascosti e luridi. L’accusa di omofobia viene però in parte amplificata dal fatto che il film risale a quasi trent’anni fa, quando la rappresentazione di personaggi gay sul grande schermo era un evento raro e raramente positivo. Chissà se, uscendo oggi, le reazioni sarebbero uguali, anche se è lecito pensare che, in tempi di politicamente corretto, potrebbero essere altrettanto, se non più, violente. Comunque, la pubblicazione dell’atteso DVD è stata in gran parte ignorata dai siti che trattano tematiche gay.
Rimane il fatto che negare che nel film (e, pare, ancora più nel libro da cui è tratto) il collegamento tra omosessualità e squilibrio mentale esista sarebbe errato, anche se Friedkin scaglia il sasso e tenta di nascondere la mano proponendo dei paralleli abbastanza casuali e non unendo alcuno dei puntini disseminati nella storia. Non aiuta a difendere il film dalle accuse il fatto che in una scena ambientata in un luogo di scambio nel Central Park appaia, scritta su un muro, la frase We Are Everywhere (Siamo ovunque), inno positivo di Stonewall, qui usato in un’accezione volutamente negativa, inquietante e minacciosa.
Eliminando il riferimento alle polemiche e tornando a concentrare l’attenzione unicamente sulla storia narrata, allo spettatore può restare l’impressione che Friedkin non sia riuscito a maneggiare bene il materiale di cui disponeva, forse a causa delle proteste che hanno accompagnato la lavorazione del film, sicuramente per le preoccupazioni della casa di produzione, poco incline ad affrontare un divieto che ne avrebbe pregiudicato le sorti commerciali. Va però precisato che si parla anche di 40 minuti di film caduti sul pavimento della sala di montaggio per permettere al film di uscire, evitando che venisse classificato come X, categoria destinata ai film pornografici e al sicuro fallimento di una pellicola non appartenente al genere.
Questi quindi potrebbero essere i motivi per cui il film, quando l’ambientazione esce dai club clandestini, diventa un giallo normale, non particolarmente riuscito, dalle molte incongruenze e nemmeno troppo appassionante e per cui il personaggio interpretato da Al Pacino pare tagliato con l’ accetta malgrado l’interpretazione degna. Se il suo personaggio vive sullo schermo una crisi d’identità fatto di inconciliabilità tra eterosessualità e omosessualità – e conseguente attrito che può portare alla follia (uno tra i principali motivi per l’accusa di omofobia) – le motivazioni sono deducibili solo dallo spettatore in quanto il personaggio non cresce, limitandosi ad apparire come testimone della scena, più che investigatore nella stessa.
I 40 minuti tagliati nel montaggio definitivo, a quanto dichiarato da Friedkin, dovrebbero essere andati persi per sempre e quindi non ci si potrà aspettare più un’edizione integrale.
Pur tenendo in considerazione i suoi numerosi difetti, Cruising merita una visione per l’uso che Friedkin sa fare della tensione e per l’atmosfera morbosa, buia e sudata di alcune scene, che alla fine rappresentano la parte migliore del film. Non fosse per questo, il film potrebbe essere anche visto come una testimonianza del sesso cinematografico nell’era pre-AIDS.
Roberto Rippa
Curiosità
Brian De Palma avrebbe voluto portare sullo schermo il romanzo di Walker, ma non riuscì a ottenerne i diritti per lo sfruttamento cinematografico. Lo stesso anno porterà nelle sale il suo Dressed To Kill (Vestito per uccidere).
Mentre il film veniva girato, spesso in luoghi reali, non ricostruiti in studio, gli attivisti delle associazioni gay erano soliti disturbare le riprese riflettendo sul set la luce di riflettori piazzati sui tetti dei palazzi o del sole con specchi, usando inoltre musica ad alto volume o fischietti per impedire la registrazione del suono in presa diretta.
Nel corso della scena in cui un uomo sdraiato su un letto viene accoltellato, Friedkin ha inserito alcuni fotogrammi di un film pornografico gay. L’inserimento è ora intellegibile grazie all’avanzamento lento dei lettori DVD.
Ed O’Neill, poi protagonista della sitcom Married with Children (Sposati…con figli), appare nel film accreditato con il suo nome completo Edward nel ruolo di un poliziotto .
Alla sua uscita nelle sale, il film veniva preceduto da un cartello che precisava che la storia raccontata non era rappresentativa della comunità gay.
Friedkin è autore di un altro film molto discusso che tratta una tematica gay: The Boys in the Band (Festa per il compleanno del caro amico Harold, 1970). Tratto dall’omonima pièce teatrale off-broadway di Mart Crowley, debuttò nel 1968.
Cruising (USA, 1980)
Regia, sceneggiatura: William Friedkin
Soggetto: Gerald Walker (dal suo romanzo omonimo)
Musiche: Jack Nitzsche
Fotografia: James Contner
Montaggio: Bud Smith, M. Scott Smith (riedizione)
Interpreti principali: Al Pacino, Paul Sorvino, Karen Allen, Richard Cox, Don Scardino, Joe Spinell, Jay Acovone
102′
DVD
Etichetta: Warner Home Video
Origine: USA
Regione: 1
Formato video: 1.85:1 (anamorfico)
Formato audio: DD 5.1 / DD Mono
Lingue: inglese, spagnolo
Sottotitoli: inglese, francese, spagnolo
Extra: Director Commentary, 2 New Featurettes, Trailer
Regione 2:
Regione 1:
Cruising (Deluxe Edition)
Collegamenti
Rezioni al film (Wikipedia)
Recensione di Giovanbattista Brambilla (CulturaGay.it)
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Concordo quasi totalmente con la recensione. E’ di certo un film politicamente scorretto, anche se va inquadrato negli anni in cui è uscito, che da una visione del mondo gay piuttosto sordida e generalizzante, nonostante l’avviso ad inizio film “nel quale veniva dichiarato che l’opera non voleva porsi come rappresentativa dello stile di vita della comunità gay”, avviso che non compare nel Vhs e nel Dvd. A proposito del DVD, si dice che la scena con la frase “We Are Everywhere” sia stata tolta, aggiungendo scene non presenti nella versione cinematografica e in quella Vhs, anche se non si tratta dei famosi quaranta minuti tagliati. Proprio di quei quaranta minuti vuole parlare un curioso film documentario del 2013 di James Franco intitolato “Interior. Leather Bar”. L’interpretazione di Al Pacino non è tra le sue migliori ma è come sempre buona, uno dei motivi per vedere il film a mio avviso se Pacino è tra i vostri attori preferiti, ma da sola non basta a sollevare del tutto il film: anche lui sembra un po perdersi, come lo stesso grande Friedkin, in una trama che a volte da l’impressione di volere prendere una via decisamente cupa e trasgressiva mentre altre volte ripiega nel giallo consueto, non riuscendo a rappresentare la storia che secondo me gli autori avevano in mente. Anche in questo concordo con quanto detto nella recensione e nella sua conclusione: ne consiglio la visione, ci sono spunti interessanti e scene forti, sebbene lasci con un senso di inappagamento e il dubbio di come avrebbe potuto essere.