Den pobedy (Victory Day) > Alina Rudnitskaya

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Come raccontare gli effetti delle leggi omofobiche promulgate in Russia nel 2013 (ma introdotte in alcune regioni sin dal 2006) al di là dei reportage della stampa? Se di documentari che mostrano gli effetti concreti ne sono stati prodotti diversi (compreso l’agghiacciante Children 404 di Askold Kurov e  Pavel Loparev, che mostra la vita della gioventù GLBT nella Russia di oggi, tra soprusi, violenze e necessità di tacere per evitare guai con la legge, con un giovane studente picchiato dai suoi stessi compagni di scuola costretto a difendersi anche dalla denuncia della preside), quello di Alina Alina Rudnitskaya parte da un titolo ammiccante – il Giorno della vittoria – che rimanda alla celebrazione patriottica del 9 maggio, data in cui avvenne la capitolazione della Germania nazista all’Unione sovietica. Da qui la parata di carri armati e soldati in divisa le cui immagini si alternano a quelle degli intervistati che, protetti dai muri dei loro appartamenti, parlano della loro vita quotidiana.

Sono tutte coppie di uomini e donne gay che, riprese nella loro intimità, raccontano gli effetti veri e propri delle leggi sulle loro vite: dalla necessità di nascondersi, alla perdita del lavoro, dall’impossibilità di esprimersi alla paura dell’incarcerazione, dal momento che le nuove norme, che vietano un’ipotetica e interpretabilissima “propaganda omosessuale” nei confronti di minori (ma poi è stata estesa al popolo intero), paralizza qualsiasi attività (compresi i segni di affetto in pubblico) che coinvolga la popolazione omosessuale, dando inoltre legittimità a chiunque voglia commettere atti di violenza ai danni degli stessi.

Soli 29 minuti sono sufficienti all’autrice per restituire il senso di desolazione e pericolo che vivono le coppie disposte a raccontarsi. Mentre la Russia di Putin viene additata ad esempio addirittura di rigore e progressismo da alcuni politicanti di bassissimo spessore di casa nostra, le nuove leggi riportano agli occhi di alcuni intervistati i tempi dell’unione Sovietica (sarebbe sufficiente chiudere le frontiere e sospendere internet e sarebbe già così, recita un’intervistata).

E così, tra iniziative populiste (anche la Russia ha il suo bel giorno dedicato alla famiglia tradizionale, introdotto da Putin proprio mentre chiedeva il divorzio dalla moglie, così come un gruppetto di puttanieri e pluri divorziati si mostrava sul palco del Family Day di Roma nel 2007) e violenze pubbliche, in televisione, a un certo punto, si sente dire che i cittadini omosessuali non dovrebbero essere messi in grado di donare sangue o sperma e che, in caso di incidente mrotale, il loro cuore dovrebbe essere bruciato per evitare che un’altra vita possa essere prolungata grazie ad esso. Il discorso agghiacciante, sottolineato da un lungo applauso si spera comandato, non è troppo diverso da quello che potrebbe accompagnarne altri meno cruenti ma comunque violenti che si sentono alla televisione nazionale di un Paese – l’Italia – che ancora scambia la possibilità di avere una legge contro l’omofobia come una severa limitazione alla libertà di espressione.

Cambiano i Paesi e le rispettive leggi ma una sola cosa ne accomuna molti: colpire le parti deboli (numericamente) della Società è un ottimo sistema per deviare l’attenzione da corruzione e scandali legati alla mala politica.
È questa  la sintesi di questo documentario.

 

Roberto Rippa

 

Den pobedy
(titolo internazionale: Victory Day. Russia, 2013)
Regia, montaggio: Alina Rudnitskaya
Fotografia: Fedor Bakulin
Testi: Sergey Vinokurov
Suono: Alexsey Antonov
Produttori: Sergey Vinokurov, Alina Rudnitskaya
29′



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