Redacted > Brian De Palma

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articolo pubblicato su Rapporto Confidenziale – numeroquattro, aprile 2008 (pagg. 24-25).

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Un gruppo di soldati americani di istanza in un villaggio iracheno, dopo settimane e settimane di posti di blocco snervanti ed estenuanti e dopo la perdita di un loro commilitone ucciso da una mina, decidono di stuprare una ragazzina quindicenne e subito dopo, in preda a ad una malvagità costernante e sotto l’effetto dell’alcool, le danno fuoco uccidendo anche i suoi famigliari, tra cui una bambina di sei anni.

ANALISI PERSONALE

Una storia vera? Si, ma de Palma ce la mostra rendendola quasi finta, anzi togliamo il quasi. Traendo spunto da una vicenda realmente accaduta, Brian de Palma trova l’occasione per ribadire un concetto a lui caro: non sempre, anzi quasi mai, quello che vediamo, quello che ci viene mostrato è accaduto così come ci viene mostrato.
Non sempre quello che ci viene presentato come la verità, è realmente la verità. E, soprattutto, non sempre esiste una verità assoluta, dato che di una stessa vicenda possiamo cogliere diversi punti di vista a seconda che questa venga vista tramite occhi diversi. In questo caso gli occhi sono i vari mezzi di informazione: i tg, i documentari, i video su YouTube, i blog, i giornali, i documenti, e infine, ma soprattutto, il cinema. Il regista si serve della finzione per dimostrarci il suo punto di vista.
Egli stesso ci consiglia di non fidarci ad occhi chiusi di tutto quello che ci viene detto e soprattutto mostrato e quindi, prima di tutto, di cominciare a non fidarsi soprattutto di quello che vediamo sullo schermo, nel suo film. Insomma, con un ragionamento contorto da esprimere (ma semplice da intuire a fine visione), De Palma usa le stesse armi da lui condannate, per dimostrare la negatività e l’inaffidabilità delle medesime.
Non a caso durante la visione della pellicola appare lampante che quelli che stiamo guardando non sono dei veri soldati, che quelli che stiamo osservando non sono davvero dei villaggi iracheni, che i discorsi che ascoltiamo sono assolutamente e volutamente fittizi. Redacted (termine che sta ad indicare proprio la manipolazione e la censura di qualsiasi verità, censura della quale lo stesso film è stato vittima, dato che nel nostro bel Paese non uscirà mai al cinema: della serie Redacted è stato redacted…), non è un film sulla guerra, ma è un film “nella guerra” e più precisamente riguardante la guerra delle immagini, la guerra così come noi la conosciamo, ma così come non è realmente.
Se narrativamente è altamente lineare e quasi didascalico, registicamente cambia tono numerose volte. Lo stesso avvenimento ci viene mostrato prima tramite la telecamera di uno dei soldati che aspira ad entrare nel mondo del cinema e che quindi si “diverte” a filmare la sua esperienza militare, poi da un fittizio documentario francese, poi da un servizio televisivo giornalistico, poi da un video estremamente esplicativo e dimostrativo degli intenti e del messaggio contenuto nella pellicola: una didascalia ci avverte che stiamo per guardare delle vere foto di vittime della guerra e subito dopo queste ci vengono mostrate con un sottofondo musicale che sfiora il melodramma (ovviamente volutamente) e con i volti e soprattutto gli occhi delle persone ritratte oscurati da un pennarello (così come oscurate dal pennarello erano certe parti dei documenti attestanti il “fattaccio” avvenuto in questo villaggio iracheno).
Questa scelta finale sta a dimostrare, se ancora ce ne fosse stato bisogno dopo un film che mostra con evidenza il suo intento, che la verità non sta mai negli occhi di chi la guarda, ma in quelli di chi la vive in prima persona. E quindi, neanche questo film ce la potrà mai mostrare (ecco il perché dell’oscuramento dei volti e del voler caricare emotivamente e quindi quasi in maniera fittizia il passaggio di queste foto con quella musica strappalacrime).
A voler rendere ancora più lampante questo fortissimo messaggio che porta con sé delle riflessioni talmente profonde da non potersi contenere in una sola recensione, de Palma avrebbe potuto scegliere come protagonisti di questa sua pellicola attori famosissimi (che chiunque avrebbe faticato a credere dei veri soldati), a rimarcare la sua “simulazione della simulazione della simulazione…della verità”. Ma anche senza questo accorgimento, de Palma riesce a colpire nel segno, e il colpo è davvero molto potente, rischia di farci rimanere secchi.
Evitando quel didascalismo di cui sopra (molto probabilmente inevitabile, dato che si stenta a credere che sia stato pensato con questo fine), il film sarebbe stato un vero e proprio capolavoro dato che riesce a mostrare la contrarietà ad una determinata pratica, proprio utilizzando la stessa, cosa che sembra quasi impossibile ed inconcepibile, ma come si suol dire “vedere per credere”. La cosa importante non è lo stupro della ragazza, non è la testa mozzata di uno dei soldati (che si è “meritato” questa fine proprio per lo stupro da lui effettuato con i suoi compagni), non è la denuncia dell’atto da parte di uno dei soldati che si era tirato indietro e che non era riuscito a fermare lo scempio che si stava per svolgere davanti ai suoi occhi, scappando perché minacciato da una pistola e denunciando poi il tutto nonimamente con un video su YouTube; ma è proprio la rappresentazione e la comunicazione di tutto ciò, che diventa via via più artefatta, più lontana dalla verità, più ingannevole man mano che passa da un mezzo d’informazione all’altro.
Accompagnando le vicende dei giovani soldati con la musica utilizzata anche da Kubrick nel suo capolavoro Barry Lyndon (un riferimento cinematografico che contribuisce a sottolineare l’artificiosità di ciò che stiamo guardando?), il film è una vera mina che scoppia nei nostri cervelli e li costringe a relazionarsi con quello che si è appena finito di vedere e soprattutto ci spinge, anzi quasi ci costringe, a riflettere su ciò che avviene sotto (anzi davanti) ai nostri occhi ogni giorno (ma si potrebbe anche dire ogni ora, ogni minuto, ogni secondo…). Più che un film contro la guerra (certo gli americani non ci fanno proprio una bella figura) è un film che non pretende di avere una netta posizione politica, ma che forse desidera affermare la propria visione di un fenomeno moderno e quanto mai vivo e reale, pur nella sua lampante irrealtà.

Redacted (USA-Canada/2007)
di Brian De Palma (90’)
con: Kel O’Neal, Ty Jones, Izzy Dias, Rob Devaney, Patrick Carroll, Mike Figueroa



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