XXY > Lucìa Puenzo

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articolo pubblicato su Rapporto Confidenziale numero3 – marzo 2008 (pag. 41)
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Esegesi della diversità

Da quando la sessualità è diventata sovrastruttura – e non più scoperta, percorso personale – la normalità statistica si è imposta come normalità morale e ogni atteggiamento o tendenza al di fuori di essa è stato catalogato come devianza sociale. L’Occidente delle conquiste civili e dei diritti procede a due velocità, erodendo in taluni casi assai lentamente le millenarie istituzioni sociali che hanno definito il ruolo dell’uomo e della donna. E se alle rivendicazioni di quest’ultima sono seguiti veri e propri stravolgimenti nel nostro vivere civile, mentre oggi la battaglia per il riconoscimento viene combattuta dalle comunità omosessuali, esiste una terza categoria di genere, talmente sparuta numericamente da non potersi nemmeno costituire come minoranza; è il caso degl’ermafroditi, che prim’ancora dei transessuali (maturati nella consapevolezza della loro scelta), si trovano a dover districare il nodo della propria sessualità fin dalla nascita, ostacolati dall’ostruzionismo delle attuali strutture sociali.
E in Argentina, che non è certo il Canada, si svolge per la regia dell’esordiente Lucìa Puenzo la storia di Alex (Inés Efron), quindicenne con una crisi di identità adolescenziale un po’ particolare. Non basta una famiglia scrupolosa e progressista per garantirle la serenità, pertanto il padre, biologo marino (Ricardo Darìn), decide di lasciare Buenos Aires per stabilirsi sulle più quiete coste uruguaiane. Qui la vita di Alex, seppur al riparo dal caos metropolitano, non sfugge alle intemperie dell’adolescenza, aggravate dalla sua complessa originalità di ermafrodita. Quando dalla città arriverà in visita un burbero chirurgo (Gérman Palacios), amico di sua madre (Valeria Bertuccelli), disposto a “risolvere” la scabrosa situazione, Alex si troverà a dover fronteggiare una realtà incapace di accettarla che le impedirà, inoltre, di gestire la controversa relazione nata con Alvaro, il figlio del chirurgo (Martìn Piroyanski).
XXY è un film asciutto ed essenziale nella regia e nella fotografia, oltre che nel budget. Vincitore del Prix de Jeunesse a Cannes, non si pone affatto come il classico “film da festival” e gode della genuinità dell’esordio. Difficilmente lo spettatore riesce mantenere il distacco da una storia tanto “lontana” eppure resa così “vicina” dalla straordinaria umanità con la quale la regista si è dimostrata capace di raccontare. Regista meritevole anche di aver trattato un tema piuttosto inusuale per gli schermi cinematografici, ricordandoci quanto siano imperfetti gli strumenti di cui disponiamo per interpretare e tradurre la realtà che ci circonda.

Mario Trifuoggi

XXY
Lucìa Puenzo, 2007 (Argentina), 91’



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