Les petits mouchoirs > Guillaume Canet

Guillaume Canet dirige una scena

Un incidente porta Ludo ad essere ricoverato in condizioni critiche all’ospedale. I suoi amici più cari, dopo una breve esitazione, scelgono comunque di recarsi come ogni anno al mare per due settimane di vacanza.  Nel corso della vacanza, bugie, meschinerie, piccole crudeltà dovranno venire svelate per non compromettere i loro rapporti e le loro vite future.

Lungometraggio numero tre da regista per l’attore Guillaume Canet, dopo quattro cortometraggi seguiti da “Mon idole” (2002) e soprattutto dal successo internazionale di “Ne le dis à personne”, riuscito thriller, colpevolmente inedito in Italia, tratto dal romanzo “Tell No One” di Harlan Coben.
 Qui Canet cambia nuovamente registro e, scrivendo per la prima volta da solo sia soggetto che sceneggiatura, immagina uno spazio ristretto abitato da una nutrita serie di personaggi appartenenti alla classe “bobo” (bourgeois-bohémien). Quando Ludo è vittima di un grave incidente (testimoniato in un lungo, efficacissimo, piano sequenza a inizio film) e viene ricoverato in ospedale, la sua cerchia più ristretta di amici, immaginando per lui una lunga degenza senza particolari miglioramenti a breve termine, decide di non rinunciare al rito annuale delle vacanze trascorse al mare tutti insieme.
L’apparente spensieratezza iniziale lascia però presto spazio alle tensioni: Nel gruppo ognuno sembra recitare un ruolo consolidato al quale non rinuncia in cambio del riconoscimento da parte degli altri e il fantasma del pur vivo amico funge da catalizzatore per un nervosismo sempre palpabile e sempre sul punto di esplodere.
Marie è incapace di legarsi a un uomo (o a una donna) per più di qualche ora; Vincent, sposato da anni e in fase di rimpianto, confessa a Max, il collerico padrone di casa, di provare nei suoi confronti qualcosa che nemmeno lui sa spiegare; Eric nasconde malamente, soprattutto a sé stesso, un problema sentimentale, mentre Antoine è preso da un amore impossibile.
Sono questi i “piccoli fazzoletti” del titolo, i leggeri veli che nascondono i sentimenti più intimi, quelli che devono rimanere nascosti e, proprio perché leggeri, verranno sollevati al primo refolo.
Quella di “Les petits mouchoirs”, malgrado la nutrita presenza femminile, è una storia maschile. Uomini sono i suoi protagonisti principali e maschili sono i patemi su cui la storia si basa. Non sorprenda quindi che l’unica donna ad avere tanto spazio quanto quello di cui godono i personaggi maschili sia l’unica omologabile, almeno nei tratti più superficiali, a loro.
Canet usa 154 minuti, un tempo che potrebbe spaventare molti (me di sicuro, convinto come sono del fatto che in gran parte dei casi – soprattutto negli ultimi due decenni – l’eccessiva lunghezza di un film nasconda in realtà una debolezza della storia o una difficoltà nel chiuderla) per dare a ogni personaggio il tempo dapprima di strutturarsi agli occhi dello spettatore per poi svelarsi progressivamente. Lo fa mescolando con sapienza e efficacia commedia (si ride spesso) e dramma. Non dimostra la sua statura di regista solo sulla sua abilità (come fosse poco) di saper dosare umorismo e dramma – e lo spessore dei personaggi si fonda proprio su questa alternanza – con rara accortezza ma dimostra anche grande sincerità e capacità di analiticità nonché una finezza non comune nel cinema contemporaneo alle prese con storie come questa.
Tutto ciò che il film avrebbe di potenzialmente detestabile, compresi l’impianto piuttosto teatrale, i personaggi “bobo” e un finale che chiama a forza la lacrima, è trattato con tale freschezza e capacità di sottigliezza da lasciare sorpresi e costringere ad abbandonare il pregiudizio. Con “Les petits mouchoirs”, Canet realizza un esempio di cinema popolare, di impianto classico, che non ha altre ambizioni se non quella di fare partecipare il pubblico alla storia che i personaggi vivono sullo schermo. Riuscendoci benissimo, a dispetto di qualche difetto dell’opera.
I protagonisti appartengono al gotha del cinema contemporaneo francese sotto i quarant’anni: Benoît Magimel (ad appena dodici anni era in “La vie est un long fleuve tranquille” di Étienne Chatiliez, nel 2001 è stato premiato a Cannes per la sua interpretazione in “La pianiste” di Haneke) Gilles Lellouche (lo vedremo quest’anno nel seguito del Sherlock Holmes di Guy Ritchie), Jean Dujardin (“OSS 117: Le Caire, nid d’espions”, 2006, “OSS 117: Rio ne répond plus”, 2009. Qui trova il suo ruolo migliore da parecchio tempo a questa parte), Marion Cotillard (premio Oscar per la sua interpretazione di Édith Piaf in “La môme” di Olivier Dahan), bravissima e capace di un’insospettata misura, e il più vecchio François Cluzet, già protagonista di “Ne le dis à personne”.

Visto in versione originale. Tuttora inedito in Italia dopo la presentazione alla Festa del cinema di Roma lo scorso anno.

Roberto Rippa

Guillaume Canet e Valérie Bonneton

Les petits mouchoirs (Francia, 2010)
Regia, sceneggiatura: Guillaume Canet
Fotografia: Jean Claude Lother
Montaggio: Hervé De Luze
Costumi: Carine Scarfati
Scenografie: Philippe Chiffre
Interpreti principali: François Cluzet, Marion Cotillard, Benoît Magimel, Gilles Lellouche, Jean Dujardin, Laurent Lafitte, Valérie Bonneton, Pascale Arbillot, Joël Dupuch, Anne Marivin, Louise Monot, Hocine Mérabet, Mathieu Chedid
154′



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