Transmediale 2014 screenings video | The revolution is over. Welcome to the afterglow

The revolution is over. Welcome to the afterglow
Transmediale 2014 screenings video

a cura di Valentina Scotti

 

Afterglow: Internet, sistemi di sorveglianza, NSA, Big Data, spazzatura elettronica, questi gli argomenti di Transmediale 2014 (qui il report 2013, sempre by Valentina Scotti), che come gli anni precedenti si propone di tracciare una linea d’intersezione tra arte, cultura e tecnologia, nel contesto dei rapporti umani e dei problemi ad essi connessi.

In un totale di 53 film, sette videoinstallazioni e otto differenti programmazioni sottotematiche, White Trash è il primo programma che apre la sezione di screenings di Transmediale, una serie di proiezioni sulla società che affronta la paura del rifiuto, l’emarginazione e la perdita di identità. American Dreamer, di Thomas Haley, è un documentario che vede come protagonista Julian, giovane poeta figlio di una generazione americana di Hippie che vive ai margini di una società confusa e in crisi d’identità, dovuta in gran parte al trauma del 11/9. Julian passa il suo tempo ad esibirsi in patriottiche sessioni di poetry slam in un locale di veterani in Florida. Sente che la sua vita dopo l’11/9 ha finalmente acquistato un senso e si confronta con altre persone nel suo viaggio a New York, dove le tensioni che travagliano il tessuto sociale americano emergono lucidamente.

 

American Dreamer / Thomas Haley

 

«Cosa accade a tutte le immagini e agli oggetti che produciamo dopo la nostra morte?». «Cosa succede alle nostre cose dopo che ce ne saremo andati?». A questa domanda rispondono i video curati per la serie di film di Afterglow of Life riminiscenze di vite andate. In particolare due video: The invisible world, dell’americana Jesse McLean, e A story for the Modlins, del brasiliano Sergio Oksman.
Il primo lavoro contrappone immagini di still life in tinta pastello, found footage e testi (Benjamin, tra gli altri) alla narrazione autobiografica in voice-over di una donna che soffre della sindrome di Disposofobia. Nel video il materialismo, la presenza emotiva e la natura adattiva degli esseri umani, sono ampiamente ispezionati attraverso la lente deformante del tempo, per cui gli oggetti inanimati sono impregnati di significato emotivo e legati a identità personali.

Il secondo video, A story for the Modlins, è la storia di una famiglia americana che si trasferisce a vivere in Spagna. Ripercorrendo la loro vita attraverso un archivio fotografico viene mostrato allo spettatore, con gesti coordinati tra narrazione e suono, uno spaccato d’intimità famigliare totalmente perduto. Rosemary’s Baby, ambizioni artistiche, speranze, sacrifici, quadri, sculture funerarie, fallimenti, un microcosmo di vita che il regista porta alla luce come un archeologo componendone un puzzle visivo, nel tentativo di ridare voce a ciò che non esiste più.

 

The Invisible World / Jesse McLean

 

A Story for the Modlins / Sergio Oksman

 

Lettre du Vojant è un docu-fiction di Louis Henderson, una pellicola ipnotica, uno dei migliori lavori presentati quest anno a Transmediale nella sezione intitolata Wasteland Poetries. Quaranta minuti in cui, attraverso la narrazione di un giovane ganese veniamo trascinati in un ambiente fatto di rottami tecnologici, hardware, rendering 3d, mescolati a magia voodo. Henderson cerca di scoprire alcune verità sulla misteriosa pratica chiamata “Sakawa”, una forma di resistenza anti-neocoloniale che, attraverso il recupero di dati sensibili prelevati dalle discariche colme di spazzatura tecnologica proveniente dall’occidente, mette in atto vere e proprie frodi su Internet con lo scopo di riprendersi quell’oro che all’epoca del primo colonialismo fu trafugato al popolo africano.

 

Lettre du Vojant / Louis Henderson

 

Se il costante controllo degli individui è un elemento vitale di tutte le moderne società, le democrazie contemporane rinnovano oggi giorno questa tendenza grazie al supporto di tecnologie informatiche di sorveglianza sempre più sofisticate. Così, se è attuale discutere sulle rivelazioni di Snowden, o ascoltare dal vivo all’HKW la testimonianza di William Binney, whistleblower, ex funzionario e “pezzo grosso” storico della NSA, è nondimeno importante riflettere sullo scenario umano e pre-digitale, o sul confine tra dittatura e democrazia, nela visione poetica offertaci dai 16 minuti di un documentario di Kieślowski del 1977. From a Night Porter’s Point of View apre il sipario sul piccolo mondo di Marian Osuchm, funzionario della sicurezza polacca devoto alle regole della burocrazia il quale, spinto da una bonaria fede politica, mette in atto quotidianamente un piano di controllo sistematico e ossessivo ai danni dei sui concittadini.

 

From a Night Porterʼs Point of View / Krzysztof Kieślowski

 

Il programma Digital Plays offre un punto di vista ironico sul digitale con i lavori di Elizabeth Vander Zaag, artista attiva nel campo della video e computer arts e affascinata dalle nuove tecnologie, dagli effetti speciali e dalla stratificazione digitale fin dall’inizio della sua carriera. Digit Reproduces, Digit Porn, Digit Recalls the Future e Digit & Man sono una serie di videotapes (Digit Series 1977-1980) trasmessi su The Gina Show e prodotti dalla televisione canadese di John Anderson. La serie è caratterizzata da una figura antropomorfa di cartone la quale, ogni volta al centro di avventure digitali in contrasto con l’estetica analogica del video, s’interroga in chiave umoristica sulle differenze tra uomo e macchina, sessualità e hardware, e sul futuro dell’umanità.

 

Digit Series / Elizabeth Vander Zaag

 

L’unico film italiano in rassegna è La Rabbia di Pier Paolo Pasolini – una splendida scelta del curatore Marcel Schwierin – che in questo Transmediale fa da monito nascosto, e al contempo da eco. Non tenteremo in alcun modo di descrivere il film, perchè per la forza poetica dei grandi intellettuali servono saggi e non poche righe.

 

La Rabbia / Pier Paolo Pasolini

 

La retrospettiva dedicata a Luther Price chiude la programmazione video di Transmediale. I suoi lavori in super8 e 16mm sono composti da piccoli frammenti di pellicole estratti dall’archivio famigliare, o semplicemente da sequenze trovate per caso: film emotivamente forti, in cui il suono è a sottolineare la loro stessa intrinseca fatiscenza. Ogni pellicola è un pezzo unico esposto alla caducità della vita, che può spezzarsi in qualsiasi momento, e ogni proiezione costituisce una degradazione del lavoro. Price, unico sopravvissuto a una tragedia famigliare, emerge e dirompe nel suo lavoro con un’energia fatta di collassi fisici che sbattono contro le forze inesorabili del tempo.

 

Utopia / Luther Price

 

a cura di Valentina Scotti

 



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