Rosemary’s Baby > Roman Polanski

Guy Woodhouse, giovane attore teatrale, e la sua neo-sposa Rosemary allacciano amichevoli rapporti con i loro nuovi vicini di casa, gli anziani e invadenti coniugi Castevet.
Mentre Guy sembra ricercare la compagnia dei Castevet, Rosemary dimostra ben presto di non gradire affatto la loro costante presenza.
Nel contempo la carriera di Guy conosce una formidabile quanto inattesa ascesa, aiutata da una disgrazia accaduta ad un attore che viene chiamato a sostituire.
Quando alcuni strani eventi iniziano a verificarsi preoccupando Rosemary, Guy tende a minimizzare diventando nel contempo ogni giorno più assente.
Rosemary rimane incinta e sospetta che i vicini abbiano strani piani su di lei e sul bambino, non trovando però nessuno disposto ad assecondarla nei suoi timori, eccezione fatta per l’amico Edward Hutchins, che però di lì a poco muore.

Rosemary’s Baby è il primo film girato negli Stati Uniti da Roman Polanski e il secondo a trattare una tematica orrorifica dopo il disturbante Repulsion del 1965, storia di una donna mentalmente instabile e sessuofobica.
Il film, il cui soggetto è tratto da un racconto di Ira Levin, venne sceneggiato dallo stesso Polanski che qui crea un sottile gioco ambiguo che non permette per lungo tempo allo spettatore di capire se stia assistendo alle allucinazioni di una giovane donna disturbata o a avvenimenti reali.
Quando Rosemary si scopre incinta poco dopo avere avuto una visione che la vede fecondata dal diavolo, la sua paranoia pare esplodere e con essa i nostri dubbi che, piano piano, si trasformano in una forte empatia per la giovane ragazza, che vediamo comunque vittima, anche se non sappiamo ancora bene di cosa.
E’ stato spesso detto che questo film tratta il tema del male che nasce dall’alienazione che si vive nelle grandi città, dove si è spesso soli anche se circondati da nostri simili. Ciò che è certo è che si tratta di un film che nulla ha perso negli anni della sua originalità e meno ancora della sua capacità di angosciare lo spettatore, che si ritrova impotente testimone di eventi che riguardano una persona che, fondamentalmente lasciata sola proprio dalla persona cui è più legata, si ritrova indifesa nel contrastare una situazione più grande di lei e della sua comprensione.
Non ci sono effetti speciali né trucchi di alcun tipo, il regista si basa unicamente sulla nostra immaginazione, sul nostro tentativo di guardare oltre ciò che vediamo sullo schermo. Prova ne sia il fatto che non è difficile imbarcarsi in lunghe discussioni con altri spettatori convinti di avere visto più di quanto il film in realtà mostri. Polanski è efficace nel manipolare il pubblico attraverso il mero potere dell’immaginazione. Ciò che rende il film ancora più disturbante è il fatto che trascende dai classici elementi del cinema dell’orrore. Non ci sono case cadenti isolate su colline bensì un signorile palazzo nel centro di New York, i personaggi dei vicini di casa non sono facilmente identificabili come portatori di iattura bensì appaiono come innocui, anche un po’ buffi e svaniti, personaggi di mezza età. Mancano tutti gli elementi che in una vicenda di questo genere potrebbero darci il conforto della comprensione.
Supportato da interpretazioni di grande pregio, il film portò un premio Oscar a Ruth Gordon come migliore attrice non protagonista nel 1969 e un David di Donatello a Mia Farrow come migliore attrice straniera (1969).
Il film ottenne anche il premio del sindacato dei critici francesi come migliore film straniero nel 1970.
L’ambigua e sfuggente interpretazione di John Cassavetes non ottenne stranamente nessun riconoscimento ufficiale. •
Roberto Rippa

 

curiosità
• Il palazzo dove Guy e Rosemary vanno ad abitare è il celebre Dakota Building di Manhattan, ridenominato The Bramford per il film. E’ il palazzo in cui viveva, e di fronte al quale venne ucciso nel 1980, John Lennon.
• Di questo film è stato girato nel 1976 un seguito nella forma di film televisivo. Il titolo è Look What’s Happened to Rosemary’s Baby ed è stato diretto da uno dei montatori di Rosemary’s Baby Sam O’Steen.
Rosemary’s Baby viene citato in La Sirène du Mississippi (La mia droga si chiama Julie, 1969) di François Truffaut.

 

Rosemary’s Baby
(Titolo italiano: Rosemary baby – Nastro rosso a New York, USA, 1968)
Regia: Roman Polanski
Soggetto: Ira Levin (dal suo racconto)
Sceneggiatura: Roman Polanski
Musica originale: Cristopher Komeda
Musica non originale: Ludwig Van Beethoven
Fotografia: William A. Fraker
Montaggio: Sam O’Steen, Bob Wyman
Interpreti principali: Mia Farrow, John Cassavetes, Ruth Gordon, Sidney Balckmer, Maurice Evans
136′



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