Jodaeiye Nader az Simin (Una separazione) > Asghar Farhadi

Nader e Simin, coniugi benestanti con figlia undicenne, ottengono il visto per lasciare l’Iran. Mentre Simin è intenzionata a non farsi sfuggire l’occasione, per permettere alla figlia un’esistenza più facile, Nader è incapace di abbandonare l’anziano padre malato di Alzheimer. Quando Simin decide di lasciare il marito, lui è costretto ad assumere una giovane donna che si prenda cura del padre, all’insaputa del tradizionalista marito di lei, mentre lui si trova al lavoro.

 

Una coppia discute in modo concitato davanti a un giudice. Sta chiedendo la separazione. Il motivo non riguarda alcuna incompatibilità bensì un visto per l’espatrio che Simin intende utilizzare per permettere alla figlia di crescere in un ambiente che possa offire più opportunità a una donna e di cui il consorte Nader sente di non poter usufruire in quanto il padre, malato di Alzheimer, necessita delle sue cure.

 

Il tono asciutto, secco, che fa pensare in questa scena iniziale a un omaggio a “Scene da un matrimonio” di Bergman, è quello che caratterizzerà l’intera storia.
Simin lascerà la casa che divide con Nader, e lui sarà costretto a fare ricorso all’aiuto di una donna – Razieh, religiosa e tradizionalista, al punto di nascondere al marito la sua nuova occupazione e di chiedere una consulenza telefonica per sapere se cambiare il pigiama all’anziano possa costituire peccato – che accudisca il padre mentre lui è al lavoro. Ulteriore, fondamentale, figura femminile è Termeh, giovane figlia della coppia, costretta infine a una scelta non tanto crudele quanto impossibile.
L’interazione tra i diversi personaggi darà il via a una serie di situazioni che li porterà a mettersi a confronto davanti a un giudice, quasi un’entità morale che faccia da sponda tra le reali esigenze e azioni dei protagonisti e il caos che si svolge al di fuori della sua stanza al tribunale.

 

Farhadi si concentra sul microcosmo familiare per osservare e mostrare con attenzione modernità e contraddizioni della società in cui è immerso. Accadeva lo stesso nei bellissimi “Chahar Shanbeh Souri” (“Fireworks Wednesday”, 2006), in cui la crisi di una coppia benestante veniva osservata da una giovane ragazza povera assunta come domestica, e in “Darbārehye Elly” – “About Elly” del 2009  Orso d’argento alla Berlinale) in cui lo specifico familiare era sostituito da un gruppo di amici in vacanza alle prese con la scomparsa di una loro giovane ospite.
In questo modo, con i molteplici punti di vista costantemente posti in evidenza, le sue storie diventano universali nella loro accezione più personale e rivelatrici, in quella più generale, di una intera società.
Il suo lavoro con gli attori (tutti straordinari e tutti premiati collettivamente alla Berlinale) è, come sempre, mirabile e tradisce la formazione teatrale del regista, che gli impone un accurato lavoro di preparazione in questo senso offrendo un risultato estremamente realistico senza che l’impostazione diventi mai corpo estraneo al cinema. Non è da meno la scrittura, precisa e asciutta, gestita in ogni corrente narrativa senza mai un calo nella cura e nel ritmo, con dialoghi concitati che a tratti si sovrappongono a sottolineare le contraddizioni e il caos imperante tra i vari personaggi (un motivo in più per vedere il film in versione originale sottotitolata).

 

Il suo metodo narrativo, che mette a diretto confronto classi diverse e diversi modi di vivere la religione, evidenzia le spaccature di un Paese decisamente altro da quello che molti si aspettano sia. E le figure femminili, come sempre nel cinema di Farhadi poste in grande evidenza, sono portatrici di progresso rispetto a un universo maschile più immobile e costretto.

 

“Una separazione” è un film complesso e stratificato che narra di un Paese stretto tra progresso, tradizione e forte senso religioso ma che non dimentica nemmeno per un minuto di parlare di noi stessi e che, facendolo, non ricorre mai al giudizio né alla spiegazione facile, concedendo ai suoi personaggi la medesima dose di giusto e sbagliato, lasciando allo spettatore l’onere di trovare in sé le risposte di cui necessita.
Un film di rara bellezza che proietta il quarantenne regista, alla sua quinta prova, nell’Olimpo del cinema mondiale.

 

Roberto Rippa

 

Aiutato nella distribuzione europea dai premi ottenuti a Berlino, “Una separazione” non ha avuto vita facile in Italia. Contrariamente a quanto successo in altri Paesi europei, la Francia per esempio, non sono stati rimessi in distribuzione i suoi film precedenti. Un vero peccato e un’occasione persa. “About Elly” è però disponibile in DVD in edizione italiana.

Guarda l’intervista a Asghar Farhadi realizzata da RC e Sette Secondi Circa

 

Jodaeiye Nader az Simin
(titolo internazionale: “A Separation” / Titolo italiano: “Una separazione” / Iran, 2011)
Regia, sceneggiatura: Asghar Farhadi
Musiche originali: Sattar Oraki
Fotografia: Mahmoud Kalari
Montaggio: Hayedeh Safiyari
Scenografia: Keyvan Moghaddam
Interpreti principali: Peyman Maadi, Leila Hatami, Sareh Bayat, Shahab Hossein, Sarina Farhadi, Merila Zare’i, Ali-Asghar Shahbazi, Babak Karimi
123’



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