Il castello
Massimo D’Anolfi, Martina Parenti
Italia / 2011 / colore / 90′ / HD / DigiBeta
29. Torino Film Festival | Italiana.doc
Quali rotte può percorrere una navetta adibita al trasporto passeggeri all’interno di un grande aeroporto? Quel breve percorso (immediatamente precedente e successivo al volo) è già, e ancora, parte del viaggio, o solamente una preparazione ad esso, una sua conclusione?
Nell’apertura – senza dubbio programmatica – de Il castello una navetta – appunto – percorre incessantemente le piste aeroportuali, seguendo indicazioni radio tanto ripetitive quanto incomprensibili. Ma i passeggeri non sono ancora a bordo, forse non sono neppure scesi dal velivolo. E così non si può fare a meno di concentrarsi sulla figura solitaria dell’autista e su quella voce, alla radio, che ne guida gli spostamenti; non si può fare a meno di domandarsi quale valore acquisisca nella nostra coscienza di viaggiatori l’esperienza di chi vive – per poco oppure a lungo – all’interno di un aeroporto.
Massimo D’Anolfi e Martina Parenti attraversano l’aeroporto intercontinentale di Malpensa per un intero anno, per quattro diverse stagioni, provando a rappresentare in ognuna di essa un particolare aspetto del viaggiare contemporaneo. Gli arrivi, i controlli, le permanenze e le partenze (rappresentati attraverso avvenimenti per nulla esauriti né concatenati, ma più simili a degli scampoli di tasselli musivi) determinano lo sviluppo di questo documentario, annullando quasi completamente la dimensione temporale del racconto.
Proprio in questa atemporalità risiede – a mio parere – l’elemento più affascinante ed interessante di questo lavoro. La predilezione per un montaggio ritmico, piuttosto che cronologico, infatti elimina per lo spettatore la possibilità di digerire acriticamente i nessi narrativi, imponendo – a chi guarda – una visione costantemente attiva, o meglio obbligata ad interrogarsi sul rapporto semantico che si costruisce tra ogni scena ed il resto della narrazione. Il Castello, inoltre, risulta estremamente apprezzabile per la sua capacità di documentare anziché rappresentare. L’aeroporto, allora, non viene costruito, ma si mostra quale emblema di una società intera e di un’intera cultura, quella del terrore, che da più di 100 anni guida e plasma il mondo occidentale.
“Abbiamo deciso di girare un film in un aeroporto intercontinentale perché crediamo sia un luogo in cui, meglio che altrove, si riesce a comprendere l’ossessione per la sicurezza, la paura dell’altro e la strategia del controllo che pervadono il nostro presente” spiegano i registi. Ed ecco quindi che lo sguardo del film si rivolge a quei luoghi normalmente inaccessibili ai viaggiatori, ma assolutamente necessari per spiegare “l’indissolubile legame tra controllore e controllato, tra programmazione e casualità, tra sicurezza e paure reali o costruite”. Tutti quei luoghi nei quali i viaggiatori considerati sospetti vengono analizzati, radiografati e testati esattamente come le aragoste provenienti dal Canada e le tartarughe catturate in qualche paradiso esotico.
Eppure tradizionalmente il castello non è solo la dimora del signore feudale, il simbolo del potere ed il centro giuridico ed amministrativo del sistema curtense. Il castello è anche il luogo del misterioso e del magico; e così, là dove la presenza dei tanti viaggiatori si fa meno invadente, lo sguardo dello spettatore non può che farsi incantare da quella signora tranquilla e misteriosa che in uno dei tanti luoghi pubblici dell’aeroporto di Malpensa cucina del pollo su di un fornelletto elettrico, si fa la tinta ai capelli e la messa in piega con una noncuranza tale da far pensare che un incantesimo la renda invisibile alle telecamere di sicurezza che controllano il Castello.
Mattia Cinquegrani
Regia, soggetto, sceneggiatura: Massimo D’Anolfi, Martina Parenti • Fotografia: Massimo D’Anolfi • Montaggio: Massimo D’Anolfi, Martina Parenti • Musiche: Massimo Mariani • Suono: Sebastian Castro Miranda • Produzione: Montmorency Film con la partecipazione di RAI CINEMA e con il contributo di Lines • Paese: Italia • Anno: 2011 • Durata: 90’
Massimo D’Anolfi nato a Pescara è videomaker dal 1993. Ha lavorato al cinema e a teatro con Roberta Torre. Ha realizzato un documentario radiofonico per Radio RAI3 (2003) e i documentari “Si torna a casa appunti per un film” (2003), “Play” (2004) e assieme a Martina Parenti “I Promessi Sposi” (2006) presentato in prima mondiale al Festival del film di Locarno nella sezione Ici & Ailleurs e premiato al Festival dei Popoli e al Filmmaker Film Festival.
Martina Parenti nata a Milano lavora per il cinema e la televisione come documentarista. Nel corso degli ultimi anni ha realizzato documentari proiettati e premiati in vari festival quali “Animol” (2003) e “L’Estate di una Fontanella” (2006). Ha realizzato programmi televisivi tra cui “L’Apprendista Stregone” (2002) e “School in Action” (2006). Assieme a Massimo D’Anolfi ha realizzato “I Promessi Sposi” (2006) presentato al Festival del Film di Locarno nella sezione Ici & Ailleurs e premiato al Festival dei Popoli e al Filmmaker Film Festival.
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