Il meglio del 2011 – Maurizio Mongiovi

Il 2011 va in archivio. È stato un anno complicato e triste sotto molti punti di vista. Noi abbiamo il cinema come medicina, come cura alle sofferenze della Vita e della Storia. Quest’anno abbiamo voluto giocare con la nostra redazione, con le persone che nell’ultimo anno hanno scritto per Rapporto Confidenziale e con una serie di amici, collaboratori e personalità che hanno accettato l’ingrato compito di stilare un elenco dei 5 migliori film usciti, o visti per la prima volta, nell’anno solare 2011. Ne è uscito un elenco corposo ed originale che vogliamo condividere con i nostri lettori, con il fine di fornire qualche consiglio per la visione che possa rischiarare il 2012. Alla faccia di ogni profezia catastrofica.

 

Maurizio Mongiovi  collaboratore di RC (Parigi)

 

    Tangled
di Nathan Greno e Byron Howard
(USA/2010)

L’ultimo Disney? Sì, perché? Prodotto da John Lasseter. Quindi l’ultimo Pixar? No, è uscito come un Disney. Ma è “fatto al computer”! Diciamo che è sia l’uno che l’altro. Io, che nutro da sempre un certo rispetto per il cinema mainstream, ritengo che lo studio Pixar abbia realizzato alcuni tra i film più riusciti degli ultimi anni utilizzando un “espediente” vecchio quanto il cinema (o quasi) ma che, non si sa perché, molti tendono a trascurare sia nel cinema commerciale che cosiddetto d’autore: UNA BUONA SCENEGGIATURA. E dire che non dovrebbe essere complicato, se si paga qualcuno che lo fa di mestiere. D’altro canto, in un film del genere non si chiedono certo intuizioni di chissà quale raffinatezza: Una storia con une serie di personaggi ben delineati, un ritmo che non permette all’attenzione dello spettatore di venire meno, una serie di gag divertenti e che sembrino originali anche se devono essere state già viste un milione di volte (uno dei princìpi fondanti le grandi serie filmiche, soprattutto comiche) e una o due caratterizzazioni di contorno. Questo film ha tutto questo. In più unisce alla classicità dei Disney “principetteschi” il tocco da “Favola per bambi grandi” dei Pixar, appunto, riuscendo a rinnovare in modo finalmente convincente il primo genere arricchendo il secondo. Insomma: per bambini, per adulti, per maschietti, per femminucce, per chi si vuole divertire senza pensarci troppo su, per chi esige un divertimento di qualità. Ma che volete di più? (Magari un po’ più di cura nella composizione delle canzoni avrebbe giovato. Anzi se non ci fossero state sarebbe stato pure meglio).

     
    La prima cosa bella
di Paolo Virzì
(Italia/2010)

Ho amato molto questo film: pur accettando tutti i canoni della “Commedia all’italiana” allo stesso tempo li reinventa, senza deliri assolutori sordiani stile “semo fatti così, ma che ce frega”, ma senza nemmeno uno snobbistico “fate tutti schifo, anzi FACCIAMO tutti schifo” che piace tanto al simil-punkabbestia larsvontrierano. Virzì ci dice che quello che abbiamo vissuto e chi l’ha vissuto con noi non è “buono” o “cattivo” a prescindere, ma siamo noi a volte a essere “invischiati” talmente a lungo in una dimensione senza tempo da non permettere ai nostri ricordi, gioiosi o tristi che siano, di definirsi una volta per tutte come “Passato” e quindi “Punto di partenza”. Per mia esperienza personale posso dire che da questo punto di vista il messaggio di Virzì arriva, forte e chiaro. Oltretutto è un film “Italiano” come piace agli stranieri (la mamma, la famiglia, il vitellone, il mare, le belle ragazze e il cinema italiano, bien sûr…) e quando vendiamo qualcosa all’estero dare l’impressione che ogni tanto qualche passo in avanti lo facciamo anche noi non è un cosa negativa.

     
    Jodaeiye Nader az Simin (A Separation)
di Asghar Farhadi
(Iran/2011)

Perché mi è piaciuto questo film? Perché nonostante sia un ignorante di prim’ordine soprattutto per quel che concerne “quella gente che abita lontano e di cui si legge tanto sui giornali” ho avuto l’impressione uscendo dal cinema di avere finalmente un’idea abbastanza chiara (e chiaramente non è così) delle infinite sfumature che può avere un paese come l’Iran in questo periodo storico in barba a tutte le baggianate che ci vengono continuamente raccontate, semplificate, o per meglio dire masticate e sputate. Quando sono uscito dal cinema insomma mi sono sentito più “ricco”. E sì, chiaramente il film è scritto e diretto molto, molto bene.

     
    Le nom des gens
di Michel Leclerc
(Francia/2010)

Guardare altre culture sì, ma quella in mezzo alla quale si vive, dove la mettiamo? Questo film mi ha ricordato che anch’io, alla faccia dell’Europa unita, sono un immigrato. Questo film parla degli ultimi anni della storia francese visti attraverso gli occhi di un borghese parigino che più francese non si può, che si innamora di una bellissima e disinibita ragazza di origine algerina da parte di padre e francese da parte di madre. Gli argomenti della Francia moderna ci sono tutti: la cultura dell’integrazione, la sottile islamofobia che spesso si risolve in un’”invisibilità” del diverso (spesso voluta dallo stesso “alieno”, come nel caso del padre della ragazza) e la perdita di identità del socialismo francese, ecc…
Il tutto fortunatamente raccontato con un piglio piuttosto leggero, che ricorda un po’ (ma non troppo) C’eravamo tanto amati di Scola, tanto per darvi un’idea. Perché questo film non è arrivato in Italia? Perché se non si conosce un minimo la Francia dall’interno il film risulta quasi incomprensibile. “Un film sull’Iran non è incomprensibile, anzi! Un film sulla società coreana? chiarissimo, interessantissimo! un film sulla società francese? ma non si capisce niente, se non si sente l’accordeon, senza storie d’amore suicide e soprattutto senza la baguette sotto il braccio non mi pare interessante”. L’Europa unita. Riflettiamo.

     
    Habemus Papam
di Nanni Moretti
(Italia/2011)

Ecco la sorpresa dell’anno. Moretti mi fa un film sul Pontefice e non pontifica (sì lo so, non potevo trattenermi). Moretti, uno che fa film come i barboni londinesi gridano la verità al mondo sull’ormai mitica cassa di arance capovolta, stavolta mi fa un film dove piuttosto che dare risposte (per quanto condivisibili possano essere, attenzione!) pone qualche domanda. E se questa nuova “sobrietà” è stata condizionata dall’argomento “scottante”, è il classico caso, lasciatemelo dire, della censura che stimola la creatività. In ogni caso mi sembra chiaro che il film non sia tanto sulla religione quanto da un lato sulla chiesa come istituzione temporale descritta nei suoi anacronismi in seno a una società che vorrebbe avvicinare restando immobile, e dall’altro sulla “Fede” mettendo in scena la crisi di un “semplice” uomo che proprio per questi meccanismi di corte da nobiltà del ’700, ha difficoltà a riflettere su sé stesso e sulla propria spiritualità. Il tutto raccontato con rispetto, finezza e grande partecipazione emotiva. Per questo merita la top 5.

 

Dei titoli selezionati da Maurizio Mongiovi fra il meglio del 2011, su RC puoi trovare:
"Una separazione"  di Asghar Farhadi – recensione a cura di Roberto Rippa
Intervista a Asghar Farhadi e Babak Karimi – a cura di Rapporto Confidenziale
"Habemus Papam" di Nanni Moretti – recensione a cura di Michele Salvezza

 

cover image: Le nom des gens di Michel Leclerc (Francia/2010)

 



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