Cicciolina e Moana Pozzi vengono assoldate per aiutare la Nazionale italiana a vincere i mondiali del 1990 sfiancando i migliori giocatori delle squadre avversarie. La prima vittima della trama è l’asso tedesco Kataklinsman (!), grazie alla sola Moana. Quindi, grazie a entrambe, è il pibe de oro Maradona ad essere messo fuori gioco. Le loro squadre verranno messe in seria difficoltà ma l’Italia è ancora a rischio eliminazione e quindi viene preso di mira Gullit, prima dalla sola Cicciolina e quindi da entrambe. Grazie al loro spirito di sacrificio, l’Italia vincerà i mondiali.
Cicciolina: “O si fa l’Italia o si muore!”
Moana: “Questa credo di averla già sentita.“
È il 1990, l’anno dei mondiali di calcio svolti in Italia, organizzati da Luca di Montezemolo e vinti infine dalla Germania, e Riccardo Schicchi pensa bene di unire, per l’occasione, le due cose che ritiene essere più amate dal maschio medio italiano in un solo film.
Chiama quindi le due più fulgide (tanto da avere da sempre il loro nome nei titoli dei loro film) star della sua agenzia per quello che nelle intenzioni dovrebbe essere il kolossal del porno italiano anni ’90. Cicciolina è la più famosa (in quel momento ancora è una parlamentare della Repubblica e lo sarà fino al 1992) ma Moana Pozzi si appresta ad essere la più amata grazie soprattutto alle sue capacità di piacere anche alle donne (cosa mai riuscita alla sua collega) e di usare i media, più che per i titoli di cui è stata protagonista poco prima (“Fantastica Moana”, “Moana la scandalosa”, “Moana la bella di giorno”, senza citare i primi porno girati sotto pseudonimo una decennio prima, quando ancora tentava – comparsata dopo comparsata – di trovare uno spazio nel cinema).
Schicchi affianca loro alcune star minori come la tedesca Miss Pomodoro (nei titoli di testa, “Mis”) e soprattutto quelli che nelle intenzioni dovrebbero essere sosia di calciatori famosi come Gullit, Klinsmann (qui Kataklisman, tanto per dare l’idea…) e Maradona (sotto la succinta – causa sovrappeso – maglietta dell’Argentina c’è il divo americano del porno Ron Jeremy, noto per la sua contenuta statura, per l’ipertricosi e per l’ammirevole capacità di praticarsi la fellatio in totale autonomia).
I tempi pionieristici del porno italiano sembrano lontanissimi: l’unica star davvero prodotta dalle luci rosse italiane nel decennio precedente, Marina Frajese (poi Lothar e quindi Hedman, in seguito alla causa intentatale dall’ex marito Paolo, giornalista Rai, per l’utilizzo del cognome dopo il divorzio), si aggira ancora sui set ma è ormai l’ombra di sé stessa, sovrappeso e visibilmente sciupata dall’eccessivo sfruttamento nelle scalcinate produzioni italiche. Le altre, quelle che nel porno ci sono finite loro malgrado per problemi personali come Karin Schubert, Lilli Carati o Paola Senatore (interprete di un solo titolo) si sono ritirate o si apprestano a farlo.
Tutte le star emergenti giungono dal clan Schicchi che ha la capacità di manipolare i media generalisti (dalla televisione alla stampa, compresa quella quotidiana) facendoli attraversare dalle sue pupille, che non faticano a diventare volti noti anche presso chi il porno non lo frequenta.
Ma, star system a parte, nulla è cambiato: le produzioni rimangono straccione, i film girati nello spazio di poche ore, i soldi destinati in gran parte a pagare le stelle a discapito di tutto il resto. E così anche questo titolo – sulla carta una super produzione – non è meno miserabile degli altri. Tutto è all’insegna della sciatteria più sfrenata: dagli interni improvvisati (la scena iniziale, con il “provino” cui Cicciolina e Moana vengono sottoposte da Roberto Malone e dal “sosia” di Luca di Montezemolo – giusto il ciuffo e la erre moscia – con gli improbabili quadri e il divano di pelle da ipermercato), alla fotografia praticamente inesistente; dai costumi che sembrano provenire direttamente dalla fiera del triacetato, ai dialoghi che sembrano scritti da un cerebroleso (l’organo femminile viene chiamato “ficuzza” o anche “ficozza”) e alla scarsa cura dell’immagine delle star (Moana con i capelli raccolti stava malissimo e qui è vestita in modo da evidenziarne i pur pochi difetti), fino al doppiaggio da galera (Cicciolina parla con la sua voce, Moana no).
Tralasciando le scene di sesso, noiose e svolte dalle protagoniste con lo stesso entusiasmo che precederebbe il prelievo di un rene a mani nude e senza anestesia, a contare sono le sequenze di raccordo (poche, il film dura poco più di un’ora e un quarto), qui rappresentate, oltre che da dialoghi da sudori freddi e da imitazioni che hanno il potere di nobilitare quelle del Bagaglino (vedere il finto Aldo Biscardi per credere), da spezzoni dei Mondiali del 1986 in una qualità da VHS dimenticata sul cruscotto di un’automobile al sole d’agosto). Due palle.
È così, a dispetto dell’immagine solare e consapevole propagandata dalle star della scuderia Schicchi, il porno italico rimane lugubre, sciatto e privo di fantasia.
Le donne non si discostano dall’imperituro e maschilista stereotipo del porno italico: assatanate e sempre pronte a scivolare fuori dai vestiti per soddisfare il maschio di turno. La leggera differenza qui è che prendono l’iniziativa trasformando gli uomini in oggetti – non sempre particolarmente disponibili – delle loro attenzioni (anziché il contrario). Ma è una trovata casuale e non sfruttata. I dialoghi sono ridotti all’osso e per fortuna non ci sono le sparate zozzone-ecologiste dei primi film di Schicchi con Cicciolina né gli inquietanti dialoghi messi in bocca a Moana nei suoi classici come “Moana la scandalosa” in cui, mentre racconta – con la stessa partecipazione che la De Filippi dimostra quando legge sul gobbo i testi delle televendite e con il regale distacco dimostrato nei porno da lei interpretati – di uno stupro subito da un gruppo di motociclisti, appare addirittura catatonica.
Le musiche del non meglio definito Charly sono ovviamente orrende e sempre fuori luogo e fanno quasi rimpiangere la musica classica riarrangiata in chiave samba di alcuni film degli anni ’80 di Luca Damiano-Franco Lo Cascio.
Mario Bianchi, che da tempo è passato al porno per ragioni alimentari dopo una mediocre carriera trascorsa tra vari generi e una manciata di titoli come “L’infermiera di mio padre” (1975), “Napoli: i 5 della squadra speciale” (1978), l’incredibile “Provincia violenta” (1978), “I guappi non si toccano” (1979), l’horror “Non aver paura della zia Marta” (realizzato per la serie TV “Lucio Fulci presenta”), l’avventuroso “Jiboa, il sentiero dei diamanti” (forse addirittura più povero di questo), lo pseudo comico-erotico “Biancaneve & Co.” con la supplente dei Pierini Michela Miti, ora moglie di Alberto Bevilacqua (è andata meglio a lui). Ma dai primi anni ’90 le sue incursioni nel cinema per tutti svaniranno completamente. Oggi settantatreenne, non lavora più da una decina di anni. Tra i suoi molti pseudonimi: David Bird, Frank Bronston, Alan W. Cools, Mark B. Light, Robert Martin, Martin, Nicholas Moore, Stuart Murphy, Martin White, Arthur Wolf, Tony Yanker.
Moana, che curiosamente era apparsa fugacemente (al fianco di una Franca Valeri in probabile momentanea crisi di liquidità) in “Paulo Roberto Cotechiño, centravanti di sfondamento” (1983) di Nando Cicero – protagonisti Alvaro Vitali e Carmen Russo – dove le veniva attribuito un compito simile a quello cui viene chiamata nel film di Bianchi, diventerà un mito a prescindere già prima della sua morte, avvenuta nel 1994. Questo appartiene ancora ai titoli “decorosi” in cui appare. Dopo, sarà protagonista di una serie di film orrendi e ancora più poveri (interpretati forse in cambio di un contratto particolarmente vantaggioso dal punto di vista finanziario), girati tra quattro mura con protagonisti che sembrano raccattati per strada cinque minuti prima (e con, per giungere alla durata canonica, lunghe riprese di strade trafficate), e che usciranno per ancora per lungo tempo dopo la sua scomparsa.
Insomma, da un film che mette insieme sullo schermo le più luminose stelle dell’epoca ci si aspetterebbe un poco di più sia a livello di fantasia che di valore produttivo. E così il film diventa un classico solo per l’intenzione e il titolo. Per la cronaca, portò anche rogna: l’Italia le prese ai rigori dall’Argentina in semifinale per poi classificarsi terza. Ma forse per la Nazionale di Vicini nemmeno Cicciolina e Moana avrebbero potuto fare qualcosa.
Bob Borsky
Cicciolina e Moana “Mondiali” (Italia/1990)
Regia: Mario Bianchi (con lo pseudonimo Jim Reynolds) e Riccardo Schicchi
Soggetto: Riccardo Schicchi
Interpreti e personaggi: Moana Pozzi (se stessa), Ilona Staller (se stessa), Ida Fabry (Ida), Miss Pomodoro, Vanessa Valenty, Ron Jeremy (Maradona), Roberto Malone, Sean Michaels (Gullit), Luca Capezio (Luca Cordero di Montezemolo), Eric Price (Kataklinsman)
79′
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