Stephen Dwoskin (foto: British Film Institute)
Si aggiunge un film in più, fuori concorso, per ricordare chi se n’è andato all’improvviso, a 73 anni, lo scorso 28 giugno. Stephen Dwoskin, uno di quegli autori irregolari che non puoi rinchiudere nell’etichetta canonica di regista. Perché dentro c’è molto di più. Artista, sperimentatore, grafico, pittore e video-maker autarchico: un uomo che ha fatto della macchina da presa e del video l’alfabeto per cercare di squadernare in modo innovativo una ricerca formale e linguistica.
Fin dagli anni Sessanta, quando lui, americano di Brooklyn poi trasferitosi in Inghilterra, inizia a esplorare il fertile sottobosco del cinema indipendente, rompendo i margini delle convenzioni con tutta la carica dello spirito indipendente. Dalle sperimentazioni della downtown scene newyorchese ai rimbalzi nell’ambito dell’avanguardia londinese.
Sempre senza cedimenti o accondiscendenze, Dwoskin è rimasto fedele a una verve underground anche quando si è cimentato con opere per la tv come Behindert (1974). Oltre una trentina, fra corti, medi e lungometraggi, lo spettro dei lavori che compatta il suo universo creativo, tra cui spiccano gli esiti più radicali di American Dream (1961), Naissant (1964), Soliloquy (1967), Me Myself and I (1967), seguiti da quelli, sempre grotteschi e anticonformisti, ma un po’ più vigilati nella costruzione come Dirty (1971), Jesus Blood (1972), Laboured Party (1975) e Central Bazaar (1976).
Un vero e proprio corridoio visivo, quello realizzato da Stephen Dwoskin, che non si scompone fino ad Age is…, l’ultimo e nuovo film che verrà proiettato a mo’ di omaggio al Festival del film Locarno in prima mondiale il 9 agosto 2012, ore 16.15 (Cinema Rialto 1).