La Trilogia del dollaro di Sergio Leone restaurata, dal 19 giugno nei cinema

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La Trilogia del dollaro di Sergio Leone restaurata dalla Cineteca di Bologna nei cinema italiani.
Si parte giovedì 19 giugno con Per un pugno di dollari

 

 

Sergio Leone in occhiali, cappello e poncho alle spalle di Clint Eastwood che si prepara a girare una scena di Per un pugno di dollari: è un fotogramma tratto dagli outtakes (contenuti nel trailer) ritrovati, una delle tante scoperte che hanno accompagnato il lavoro di restauro della pellicola. Dopo la presentazione in anteprima all’ultimo festival di Cannes, i tre capolavori di Sergio Leone tornano restaurati sul grande schermo (nelle sale di The Space Cinema e del Circuito Cinema) nell’ambito del progetto ‘Il Cinema Ritrovato al cinema’, la distribuzione nazionale di grandi film restaurati promossa dalla Cineteca di Bologna con il supporto di Unipol. La Trilogia del dollaro esce in sala grazie a Leone Film Group e Unidis Jolly Film.

 

Per un pugno di dollari, dal 19 giugno
Per qualche dollaro in più, dal 3 luglio
Il buono, il brutto, il cattivo, dal 17 luglio

 

 

 

PER UN PUGNO DI DOLLARI

Italia/RFT/Spagna 1964

Soggetto: Sergio Leone. Sceneggiatura: Sergio Leone, Duccio Tessari. Fotografia: Federico Larraya, Massimo Dallamano. Montaggio: Roberto Cinquini. Scenografia e costumi: Carlo Simi. Musica: Ennio Morricone. Interpreti e personaggi: Clint Eastwood (Joe, lo straniero), Gian Maria Volonté (Ramon Rojo), Marianne Koch (Marisol), Margarita Lozano (Consuelo Baxter), Bruno Carotenuto (Antonio Baxter), Antonio Prieto (Benito Rojo), Wolfgang Lukschy (John Baxter), José “Pepe”Calvo (Silvanito), Mario Brega (Chico). Produzione: Arrigo Colombo, Giorgio Papi per Jolly/Constantin/Ocean. Durata: 100′

Restauro promosso da Fondazione Cineteca di Bologna, Unidis Jolly Film, The Film Foundation, Hollywood Foreign Press Association e realizzato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata.

In un certo senso, Sergio Leone sentiva che Hollywood non sapeva più creare la magia che lo aveva incantato da giovane. I western erano diventati troppo convenzionali e verbosi […]. Leone intuiva che le vecchie favole stavano svanendo e sentiva che “non sarebbe stato possibile rimpiazzarle”. Si poteva far rivivere l’incanto concentrandosi su dettagli convincenti, facendo uno sforzo per mantenere la favola il più possibile realistica, sottolineando l’imprevedibilità, accentuando “lo spettacolo” e creando un eroe in sintonia con i tempi. Ed era affascinato dal meccanismo che permette al cinema di proporsi come moderna forma di mito. Da Per un pugno di dollari in poi, Leone vuole farci credere alle sue favole e fa di tutto perché ciò avvenga, ma nel contempo non vuole che ci crediamo. Per prendere le distanze usa l’ironia, l’umorismo e la voce di un personaggio che dice “Mi sembra di giocare agli indiani”. Insomma, vuole avere tutto. […] Sergio Leone faceva film western ambientati in un’altra epoca e in un altro paese, in un passato insieme storicamente accurato e simile a un sogno. Invece di raccontarci le sue storie alla maniera hollywoodiana (come aveva imparato a fare), le abbelliva, trasformava la grammatica del film in una sorta di retorica e generalmente aveva nei confronti del western l’atteggiamento di un manierista alle prese con un soggetto biblico. Una delle caratteristiche salienti del western era il paesaggio, e Leone usò i paesaggi in maniera spiazzante, ora riempiendoli di faccioni ora distanziandosi per lasciarli sorprendentemente vuoti. Piuttosto che invocare i valori morali tradizionali del western, trasformò il genere in un muscoloso carnevale mediterraneo popolato da canaglie e da imbroglioni.
(Christopher Frayling)

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PER QUALCHE DOLLARO IN PIÙ

RFT-Italia-Spagna, 1965

Regia: Sergio Leone. Soggetto: Sergio Leone, Fulvio Morsella. Sceneggiatura: Sergio Leone, Luciano Vincenzoni. Fotografia: Massimo Dallamano. Montaggio: Giorgio Serralonga, Eugenio Alabiso. Musiche: Ennio Morricone. Scenografia e costumi: Carlo Simi. Interpreti: Clint Eastwood (il Monco), Lee Van Cleef (colonnello Douglas Mortimer), Gian Maria Volontè (El Indio), Mara Krupp (Mary), Luigi Pistilli (Groggy), Klaus Kinski (Wild il gobbo). Produzione: Alberto Grimaldi per P.E.A., Arturo Gonzáles per Constantin Film. Durata: 127′

Restauro promosso da Fondazione Cineteca di Bologna, Leone Film Group e realizzato dal laboratorio L’Immagine Ritrovata. Si ringrazia Alberto Grimaldi.

Il mito era fondato. Per un pugno di dollari non era stato il primo western italiano, forse il ventesimo o il trentesimo per stesso calcolo dell’autore, ma aveva stabilito un canone: paesaggio arido e polveroso, tempi dilatati fino all’astrazione, ossessivi rintocchi di morte, villaggi messicani e bounty killers, “aforismi e ponchos”, (poche) parole come pietre roventi della sierra. L’epopea della frontiera si corrompeva nell’allucinazione grottesca, implodeva nella commedia dell’arte, e però avrebbe detto l’autore: Per un pugno di dollari era un western e basta (non un western all’italiana, qualsiasi cosa, comunque lievemente spregiativa, ciò volesse dire), era un film sull’America, e sulla mia giovinezza nel cinema. L’anno dopo, Per qualche dollaro in più (poi campione d’incassi della stagione 1965-66) già poteva fregiarsi di seconda tavola d’un trittico, la ‘trilogia del dollaro’. C’era ancora Clint Eastwood, smilza e ambigua figura del Bene, non più Joe-senza-nome ma il Monco: monco dunque manchevole, ed ecco allora arrivare, a sostenerne il destino, il “nerovestito e volpino” Lee Van Cleef. Insieme, per diverse ragioni, contro una degna incarnazione del Male, Gian Maria Volontè “fumatore di marijuana, assassino dostojevskiano e bandido per scelta esistenziale, profanatore di talami nuziali… il primo vero Orco delle favole leoniane” (questo cattivo si chiama El Indio, come un celebre regista messicano, che di lì a tre anni sarà cattivissimo nel Mucchio selvaggio, il western di tutte le rivoluzioni). Ritorni del rimosso sulle note d’un carillon, spettacolare resa dei conti, campi lunghissimi senza vie di fuga, cadaveri accatastati e poi via, la compagnia si scioglie, il cacciatore di taglie e il vendicatore solitario ognuno per la sua strada, fino al prossimo giro.“Per qualche dollaro in più è Per un pugno di dollari riflesso in un prisma”, è trionfo d’una già salda retorica d’autore, ed è un film sull’amicizia virile, come infiniti western classici, e come poi ogni film di Sergio Leone, fino a C’era una volta in America (devo le citazioni tra virgolette a Diego Gabutti, finissimo commentatore leoniano).
(Paola Cristalli)

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IL BUONO, IL BRUTTO, IL CATTIVO

Italia/1966

Regia: Sergio Leone. Soggetto: Sergio Leone, Luciano Vincenzoni. Sceneggiatura: Sergio Leone, Luciano Vincenzoni, Age & Scarpelli. Fotografia: Tonino Delli Colli. Musica: Ennio Morricone. Montaggio: Nino Baragli, Eugenio Alabiso. Scenografia e costumi: Carlo Simi. Interpreti: Clint Eastwood (il ‘Biondo’), Eli Wallach (Tuco), Lee Van CJeef (‘Sentenza’), Luigi Pistilli (padre Ramirez), Aldo Giuffré (ufficiale nordista), Rada Rassimov (Maria, la prostituta), Mario Brega (caporale Wallace). Produzione: Alberto Grimaldi per PEA (Roma). Durata: 178’

Restauro promosso da Fondazione Cineteca di Bologna, Leone Film Group, Metro Goldwyn Mayer e realizzato da Laboratorio L’Immagine Ritrovata. Si ringraziano Alberto Grimaldi e CSC – Cineteca Nazionale

Lo spirito di Il buono, il brutto, il cattivo era particolarmente eretico. Non esiste alcun riferimento morale nel film di Leone – solo un sacco di polvere. La guerra civile è qualcosa di veramente orribile che avviene sullo sfondo, ed è la scena in cui si svolgono – e in una certa misura si possono giudicare – le avventure surreali dei personaggi principali. È la guerra di qualcun altro, come doveva essere sembrata la seconda guerra mondiale al Leone che, adolescente, cresceva a Roma. La si vede riflessa in un gruppo di antieroi che guardano l’idealismo con lo stesso sospetto che riservano alla retorica; anche qui, come Leone durante i compromessi politici dell’Italia nell’immediato dopoguerra. La guerra civile non è un’aberrazione, un ostacolo alla lunga marcia del progresso: al contrario, nel film di Leone essa contiene i germi della ‘legge del taglione’ che l’avrebbe seguita nel selvaggio West.
(Christopher Frayling)

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Fonte: Cineteca di Bologna / Il cinema ritrovato

 



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