(Antonio Terenghi, 1921 – 2014. Foto inedita fornita da Chiara Terenghi)
Il Grande Terenghi
Il Maestro Italiano del Fumetto Comico
«Io credo, sinceramente, che Antonio Terenghi abbia creato con Tarzanetto la più importante Comic strip della Storia del Fumetto Italiano»
Mario Verger
Mario Verger visto da Antonio Terenghi
Introduzione di Rosachiara Terenghi
Dopo un paio di brevi telefonate di presentazione di se stesso e del progetto che aveva in mente, quando aprii il file che Mario Verger mi inviò con la sua “prova” digitale di un primo piano di Tarzanetto ricevetti una piacevolissima sensazione. Dallo schermo uscì un’esplosione luminosa di colore e simpatia, la fedeltà grafica c’era, e fui subito certa che avrebbe sicuramente ottenuto l’approvazione dell’Autore, ovvero di mio padre. Volevo però che anche lui avesse la mia stessa impressione, quell’immediata percezione di allegria e di luce in cui risaltava il suo Reuccio della Giungla sorridente; così, anziché portarglielo stampato, andai da lui con il portatile e glielo mostrai a video.
Prima però gli spiegai tutto dal principio, innanzitutto che era opera di un suo lettore, appassionato dei suoi personaggi e soprattutto di Tarzanetto fin da quando era un bimbo. Crescendo, era diventato un esperto di fumetti e di cinema, d’animazione e non, che aveva in serbo aveva un bellissimo progetto per Tarzanetto e i suoi amici Panterina, Togo, i fratelli ingegneri Pik e Pak e gli animali della giungla. Era un’idea molto promettente, l’ambientazione originale del fumetto era ideale, e i suoi personaggi avrebbero potuto vivere nuove avventure divertendo ancora tanti bambini e ragazzini. Fu a quel punto che aprii il file con il radioso Tarzanetto di Mario, e devo dire che ebbe la mia stessa impressione positiva, sorrise apprezzando molto sia la sua realizzazione sia tutto il progetto, di cui quel riquadro rappresentava il primo “mattone”.
In quei giorni, stiamo parlando di un paio di anni fa, mio papà era già anziano, ma vi posso assicurare che non ha mai smesso, fino al suo ultimo istante (e, secondo me, nemmeno dopo), di essere un sognatore ed un entusiasta. Fu affascinato da quella nuova ed innovativa possibilità di tornare a far ridere e sorridere, ed apprezzò molto “sia la testa che le mani” di Verger. Quel Tarzanetto era il suo… anche se non lo era, e trovò che non ci fosse nulla da perfezionare o modificare: era proprio bello, e aspettava contento di vedere anche Panterina!
Purtroppo, però, alcune sfortunate circostanze bloccarono quella bellissima idea che magari, come spero, si potrà ancora realizzare in futuro. Terenghi sa che ne curerei ogni minimo dettaglio insieme al paziente Mario, che nel frattempo è diventato un amico.
Un amico che in seguito, e forse mosso, dalla sua scomparsa, ha voluto dedicargli questo splendido ed esauriente omaggio.
Rosachiara Terenghi
(Tarzanetto – Omaggio a Terenghi di Mario Verger)
Il Grande Terenghi di Mario Verger
Nel luglio 1978, in vacanza a Pantelleria, a 8 anni non ancora compiuti, in una cartolibreria comprai un grande albo del fumetto americano Tarzan disegnato da Hal Foster. Uscito dal negozio, notai che c’era una gran cesta con diverse ristampe incellophanate, fra le quali un pocket doppio al costo di 300 lire sulla cui testata c’era scritto quasi un diminutivo dell’originale: Tarzanetto.
Non l’avevo mai sentito ma m’interessò immediatamente, richiamato dal disegno un po’ adulto e antico al tempo stesso raffigurante questo “Reuccio della Giungla” con tanto di bombetta e sigaro, e lo comprai…
Pur bambino, avevo una passione innata per il cinema d’animazione e, parallelamente, già una notevole conoscenza del fumetto italiano e internazionale (nella medesima cartoleria due anni prima scovai un albo di Bertoldo illustrato da Roberto Sgrilli e due ristampe cartonate dell’Editrice Lucchi di Milano coi fumetti di Edgardo dell’Acqua; avendo anche con me in vacanza il librone della Mondadori I cento volti a fumetti di Pierino la peste, ma, stranamente, ignoravo ancora chi fosse l’autore di quel misterioso e strano fumetto, un po’ per grandi e un po’ per ragazzini…
Tarzanetto, che sfogliavo avidamente sulla corriera di ritorno, mi interessò molto: ed ecco, all’interno, una firma: ‘Terenghi’.
Devo dire che guardandolo e riguardandolo, mi lasciava molto incuriosito: il disegno era tutt’altro che per bambini, aveva qualcosa di sarcastico e bonario al tempo stesso, con un tocco di espressioni adulte che lo rendevano molto originale…
A casa lessi Tarzan, che trovai noioso anche se interessante, al quale in breve tempo predilessi di gran lunga il Tarzanetto italiano di Antonio Terenghi!
Tarzanetto è un Tarzan in formato bambino, un simpatico moccioso viziato (è il “Reuccio della Giungla”), dal cranio semi-rasato con tanto di bombetta (rossa o blu), sopracciglioni folti e neri, e sigaro passato arrogantemente fra i denti, prendendo di continuo a pugni e sberle coccodrilli, elefanti e rinoceronti… e chiunque glieli faccia girare!…
Rievocava in me il fascino dell’universo modernizzato della strip statunitense di Pogo, creata da Walt Kelly.
Lo stile, personalissimo peraltro, è quasi un po’ “casareccio”, con alternarsi di segni forti e sintetici ad altri sinuosi e rapidi, con grovigli sottili a pennino che segnano i capelli spesso increspati, con braccia allungate, mani tracciate talvolta in velocità, spesso con gli occhi assonnati o direttamente divergenti, ma eseguito con grande maestria nella confezionatura definitiva.
Un tratto genuino, anche con una certa «nonchalance» di fondo, col segno a pennello ampio e sottile, talvolta con sfumature a martora asciutta, spesso accennato in maniera forte e non curante ma sempre ben nutrito di inchiostro, persino modulando la punta similmente a quella di un pennino.
I personaggi di Tarzanetto, fra mille gag e trovate geniali, non fanno altro che dare e ricevere pugni, schiaffi, calci, e colpi…di karaté. Pieno di esagerazioni, di forti contrasti di bianco e nero, di trovate semplici ma divertenti e ricche di humour, di un certo realismo di fondo anche iconografico (dei bambini che sembrano un po’ degli adulti sia nella caratterizzazione sia nella psicologia): elementi i quali richiamavano persino le prime comiche americane del muto, con tutte le loro esasperazioni, le celebri ‘slapstick’ dirette da geni quali Mack Sennett e Hal Roach, con protagonisti Charlie Chaplin, Laurel & Hardy, Buster Keaton, the Marx Brothers, the Keystone Cops, etc. In Tarzanetto, lievemente modernizzato, più anni ‘30 ma corroborato da un gusto anni ‘50, ritrovavo perfino il protagonista Spanky delle più moderne Our Gangs (Simpatiche canaglie), dirette sempre da Hal Roach. Un fumetto strano, quindi, moderno ma non troppo, che affondava le sue radici persino ai primi decenni del XX secolo, tanto che capivo di trovarmi di fronte a un autore “misterioso”, più semplice di altri (sembrava «uno che si è fatto da sé») ma senz’altro innovativo e più originale, con continue trovate genuine e di grande effetto!
Tarzanetto spesso parte a razzo a mezz’aria con tanto di nuvolette di decollo, sferrando pugni agli alberi e ai vari animali della foresta, con tanto di ‘stelline’ e di punti interrogativi o esclamativi (anche corroborati con effetti ‘sonori’ non convenzionali: «Sboing!»; «Skraak!»; «Crang!»; «Slamp!»; «Ehp!»; «Hop-La»), e imprecazioni fra un pugno e l’altro quali, «Tié» e «Ri-Tié», fino a «Porc…». C’erano due pagine dove una ‘banda di panterotte’ – come spiega la didascalia – si avventano all’improvviso sul delizioso profumo di pesce fritto facendo scappare Panterina e Togo, quando, nella pagina a fianco, c’è al centro la testa del moccioso con la bombetta con, ai quattro lati, le scene in cui Tarzanetto prende a pugni e a calci le quattro pantere sistemandole per le feste: sembra che Terenghi non segua nessun accademismo; il suo è un fumetto genuino, eloquente, molto semplice e per questo mai banale… Anche Panterina, la compagna di Tarzanetto deve avere anch’ella, come il suo piccolo amico, un bel “caratterino”: spesso sobbalza in aria (con la nuvoletta che parte da terra con le relative linee d’aria); anch’essa è una caratteristica del fumetto antico (si pensi alle copertine degli anni ‘60 di Topolino realizzate da Giuseppe Perego, un disegnatore anni ‘30 il quale lavorò durante la Seconda Guerra Mondiale a La Rosa di Bagdad di Anton Gino Domeneghini).
I personaggi sono umani, ma hanno altresì un che di “tribale”: Tarzanetto ha il costumino maculato con tanto di coda e Panterina, con pelliccia e bracciali, ha alcune ossa conficcate negli anelli circolari che tirano in alto la nuvoletta dei capelli crespi; mentre gli animali hanno un che di umanizzato: lo scimmione suddito Togo, con tanto di costume e anellone all’orecchio, è una parodia dell’indigeno ma il tutto amalgamato in un universo grafico comico e al contempo lievemente semi-realistico molto divertente; come anche i due saggi corvi costruttori Pik e Pak (che riecheggiano le cornacchie dei cartoons di Paul Terry Heckle & Jackle), col cappello da fattorini e le pipe in legno nel becco sono altresì eloquenti, rappresentando con Togo il “contorno” antropomorfo entro al quale il protagonista Tarzanetto e la sua compagna Panterina si trovano a vivere nella reggia ricavata da un enorme fusto d’albero all’interno della foresta.
Ma non solo: oltre a Tarzanetto, l’indiscusso protagonista, all’interno del pocket c’era anche un’altra storia, anch’essa ambientata nel west, di una creazione senz’altro secondaria ma dir poco eccezionale: Rio Mendoza.
Ho ricordato per anni, prima di recuperare un trentennio dopo entrambi i numeri, questa semplice ma stranissima storia dotata persino di una suspence nel rapido evolversi della trama: una storia ambientata nel west, questa volta con un misterioso baro giocatore di poker, un certo ‘Krisantemo Bara, Barone di Bari’, il quale inspiegabilmente vinceva sempre; fin quando si viene a scoprire che la gran tuba del Barone aveva un piccolo foro che nascondeva il di lui minuscolo fratellino, praticamente identico, con tanto di pistola, che gli suggeriva le mosse degli avversari conosciuti al saloon!
Una semplicità incredibile, genuina, solare: il misterioso Barone di Bari, con gli occhi a cerchietto e baffetti alla Charlot, riecheggiava persino i vecchi cartoon cecoslovacchi degli anni ‘50 di Eduard Hofman.
Nel marzo 1979, comprai per la prima volta l’Albo dell’Intrepido, mitico giornale ma per più grandi, nel quale trovai un altro personaggio, di cui ignoravo fosse il più noto, sempre ideato da Antonio Terenghi: Pedrito el Drito.
Pedrito el Drito è grandioso: meno da cliché da fumetto e più da semplice caricatura, ha un grosso naso paonazzo e due enormi baffoni neri orizzontali: una rielaborazione comica dei primi western di Tom Mix, col sapore antico delle comiche in bianco e nero, corroborata dai classici “baffi”, di cui Charlie Chaplin è stato il capostipite, strizzando al contempo l’occhio alla più moderna “spalla” di Laurel & Hardy James Finlayson.
Pedrito el Drito, ambientato in una città vicina al Messico – Tapioka City – raffigura lo sceriffo difforme dal modello ‘duro’: è una figura che destruttura il mito hollywoodiano del difensore della legge, che ama in realtà la vita tranquilla fatta di partite a scopone e bevute (nei primi anni di whisky, e in seguito di italianissimo Barbera), al saloon. Interessante è anche la consorte Paquita, diversa da lui nell’iconografia e perfetta per questo, la quale spesso simpaticamente insegue il marito a colpi di matterello.
Pedrito el Drito, più per adolescenti, può essere senz’altro superiore a Tarzanetto ma, pur riconoscendo ciò, al primo io prediligo personalmente il secondo: ho qui una dichiarazione della figlia di Terenghi, la quale spiega in una forma più appassionata la mia medesima sensazione.
Rosachiara Terenghi ha infatti firmato l’introduzione per il libro di Stefano Mercuri, A tu per tu con Antonio Terenghi, intitolata ‘Fratelli di carta’, che riportiamo integralmente:
«Antonio Terenghi – mio padre – è uno degli Autori di fumetti in assoluto più prolifici, e tra i miei numerosissimi “fratelli di carta” ho sempre nutrito una particolare simpatia per Tarzanetto, forse anche perché siamo quasi coetanei.
Per ricordare qui unicamente i suoi personaggi con cui ho convissuto fin dalla nascita (dividendo con loro il tempo e l’attenzione sia del papà che della mamma, come spesso accade… quando in famiglia si è in tanti), ai miei occhi di bambina Pedrito, con quei baffoni neri, la sua autorità di sceriffo (si fa per dire…) e la costante tematica della vita di coppia con Paquita, mi appariva troppo adulto; Teddy Sberla, così indissolubilmente legato alle dinamiche del mondo del lavoro – il “capo” irragionevole, il collega invidioso e quello insidioso – si trovava su un pianeta per me allora del tutto sconosciuto. Poldino e Caribù, insieme a Tarzanetto, possedevano invece tutte le caratteristiche per essere miei amici esattamente come quelli del cortile in cui, chissà come, chissà perché, allora riuscivo a fare lunghe corse in bicicletta e adesso, per parcheggiare un’auto piccola, dieci manovre e un certo occhio talvolta non bastano. Ma poiché per fortuna anche i bambini piccoli nutrono speciali simpatie, la mia andava soprattutto al “Reuccio della Giungla”, anche perché ero affascinata da due eventi “magici” che ogni volta si concretizzavano sotto i miei occhi nello sviluppo a matita delle sue storie, che seguivo man mano con un certo impegno anche fisico (i tavoli dei disegnatori sono sempre troppo alti per i loro figli, se sono impazienti e, soprattutto, frequentano ancora le elementari): ovvero, la nascita in diretta di tutti gli animali della foresta e delle speciali, fantastiche costruzioni dei fratelli Pik & Pak. Ancora oggi, se devo dare a Pedrito quel che è di Pedrito, Tarzanetto, salendo sul podio, cerca spesso di fargli lo sgambetto.
Ma… che dire oggi a “discolpa” di un personaggio che fin dall’esordio, anche se nessuno lo sapeva ancora, sembrerebbe così tenacemente “politically incorrect”? Come giustificare questo piccolo megalomane prepotente che fuma il sigaro, prende a sberloni elefanti e gorilloni e tiranneggia da vero despota tutte le creature che gli capitano sotto tiro, umane, animali e vegetali? Testardo e irragionevole, Tarzanetto pensa che tutto il mondo sia al suo servizio, che i suoi voleri e i suoi bisogni siano i più urgenti, i più importanti e i soli ad esserlo, e non sopporta di essere ostacolato e contraddetto.
In due parole, è un bambino. Magari un bambino con un carattere – come dire? – molto impegnativo, ma tipicamente, assolutamente, bambino, a dispetto dei metallici capelli e della (pessima) abitudine al sigaro.
In quest’ottica, appare chiaro che Panterina e Togo, la compagna d’avventure e il maggiordomo (rivisitazioni “alla Terenghi” di Jane e Cita), rivestono invece un preciso ruolo genitoriale: pazienti all’eccesso, talvolta soltanto per sfinimento, “viziano” il piccolo dittatore all’unisono con tutta la giungla.
A metà degli anni ’50, Pedrito el Drito nacque in antitesi agli sceriffi tutti d’un pezzo (e che, ricordate? Come tali camminavano e cavalcavano) che furoreggiavano sugli schermi cinematografici, e Tarzanetto non come parodia, bensì come “l’altra faccia della medaglia” di Tarzan e di tutti i tarzanidi del tempo, troppo buoni (puntuale infatti in questi nostri giorni di buonismo, ecco il ritorno di Tarzan…), e inoltre troppo belli: oggi li definiremmo forse “palestrati” e non ci stupirebbe sorprenderli mentre escono da una seduta di raggi UVA, esibendo magari qualche tatuaggio.
La rappresentazione di Tarzanetto e del suo mondo intendevano invece dimostrare – esasperando i concetti – che l’assolutamente buono e l’assolutamente cattivo sono parimenti al di fuori della realtà.
Fin dalle epoche più remote, in drammaturgia, nel teatro, nella letteratura, e in tempi più recenti, nel cinema e nel fumetto, la caratterizzazione del “cattivo” è utile a far muovere il” buono”, a creargli una motivazione e uno scenario, a dargli la possibilità di dimostrare, nel finale che “il bene vince e il male perde”.
Tarzanetto, che certo non è un buono, – anche se di rado si concede qualche cedimento – non è però nemmeno cattivo, e soprattutto non è l’antagonista di nessuno: è semplicemente un piccolo tiranno dal carattere prepotente (esistono forse tiranni non dispotici?) le cui gesta sono caratterizzate dalla potente valenza della provocazione. Ed è in quest’ottica provocatoria, infatti, che devono essere “letti” e giudicati i suoi eccessi: partendo da un messaggio di positività tenuto… un tantino sotterraneo, le situazioni delle sue storie, sempre portate all’estremo, potrebbero talvolta apparire a prima vista discutibili, ma in realtà sottendono ad una soluzione sempre consolatoria: e, infatti, i leoni che piangono tenendo nella zampa i loro denti, i serpenti annodati, i gorilloni bastonati, le palme schiantate nella vignetta successiva sono tornati come nuovi; Panterina trionfa moralmente con l’antica arma dei manicaretti in cui lascia che Tarzanetto affoghi la sua prepotenza e la giungla, nonostante il periodico tornado provocato dal suo Reuccio, vive felice avventura dopo avventura.
Tarzanetto non si sente complessato per la sua “crapa” irta di (pochi) capelli duri come il fil di ferro, o a causa del suo pannolone leopardato, ma, anzi, non ha paura di affermare la propria personalità per quello che è, non teme il ridicolo perché è sempre graniticamente convinto di quello che fa, né paventa la sconfitta perché sa di possedere gli strumenti per risollevarsi ogni volta, è assertivo e sanamente egoista: in pratica, possiede tutte quelle caratteristiche che la psicologia suggerisce di conquistare e coltivare per preservare l’equilibrio interiore e vivere felici prima con se stessi e, di conseguenza, anche con gli altri.
E allora, tra uno sfacelo e uno schianto, godiamoci le sue avventure: sotto sotto, ma neanche poi tanto, ha ragione lui!».
D’altronde, la storia del fumetto è costellata da “monelli terribili”, i cui veri precursori rimangono senz’altro i due fratelli Max und Moritz, creati nel 1865 dall’umorista tedesco Wilhelm Busch, i quali furono gli antesignani dei più famosi Bibì e Bibò (Katzenjammer Kids), pubblicati dal 1912 sul Corriere dei Piccoli, una serie a fumetti creata nel 1897 dall’autore tedesco immigrato in America Rudolph Dirks, che debuttò sull’American Humorist, il supplemento domenicale del New York Journal.
Ma la storia del fumetto composta dai “monelli terribili” offre una lista troppo vasta, basterebbe ricordare, primo fra tutti, Yellow Kid, creato dal disegnatore statunitense Richard Felton Outcault nel 1894 e pubblicato sul supplemento domenicale del New York World.
Un altro personaggio che richiama il Tarzanetto di Antonio Terenghi è il leggendario Moon Mullins, il popolare fumetto americano creato dal fumettista statunitense Frank Willard, pubblicato come striscia quotidiana sul Chicago Tribune. Ma anche in amalgama entrambi i personaggi di Nancy, la comic strip domenicale creata dal cartoonist americano Ernie Bushmiller. Nancy, nota in Italia come Arturo e Zoe, venne pubblicata negli anni sessanta posteriormente alla nascita di Pedrito el Drito proprio su riviste quali, L’Intrepido e il Monello.
Ma Tarzanetto rimane in assoluto un mix armonizzato del modello dei “bambini terribili”: uno Yellow Kid italiano che assorbe in uno monelli quali gli antesignani Max und Moritz e Bibì e Bibò.
Credo che fra tutti, Antonio Terenghi, facendosi timidamente avanti progressivamente nella sua prolifica attività cinquantennale, abbia lasciato un segno indelebile nella Storia del Fumetto Italiano.
Mario Verger
(Tarzanetto © Antonio Terenghi)
Il Grande Terenghi
Il Maestro Italiano del Fumetto Comico
di Mario Verger
(Antonio Terenghi visto da Graziano Origa)
Antonio Terenghi, il grande Maestro del Fumetto Italiano. Nato nel 1921 in Provincia di Belluno ad Alano di Piave nel Cadore, da madre veneta e padre milanese, a due anni si trasferisce con la famiglia a Milano. Ci sono fratelli e sorelle cui badare: Antonio è il più grande. Ha iniziato a disegnare all’età di 6 anni con passione e la matita sarebbe diventata il suo pane quotidiano. Già da bambino il suo lungimirante maestro gli dice che ha un’ottima predisposizione per il disegno.
Terenghi è anche un appassionato di film, che ogni tanto vede in quanto trova anche lavoro nei primissimi cinematografi dove vende caramelle e noccioline. Ed è così che inizia la sua passione per il cinema che durerà tutta la vita, soprattutto per i western.
Nel 1932, da ragazzino, per aiutare la famiglia, il giovane Antonio inizia a lavorare come garzone per un fruttivendolo e in seguito diviene apprendista di un maniscalco, un omone gigantesco che metteva i ferri agli zoccoli di cavalli. Antonio gli nota i calli alle mani, rimanendo stupito che dipinga al contempo delicati acquerelli di fiori. Gli elementi base del mestiere li impara infatti da quell’anziano fabbro con la passione per la pittura che insegna al giovane Terenghi l’uso del colore e lo incoraggia ad esercitarsi. Ma già il fruttivendolo presso cui lavora annovera fra i clienti un ricco signore americano che, trasferitosi a Milano, si fa mandare da casa il New York American Journal e il Chicago Tribune. Una volta letti, lascia i giornali al fruttivendolo, il quale manda il giovane garzone a ritirarli, per usarne la carta facendola a cono per incartare la frutta: un giorno, Antonio nota sul supplemento domenicale del quotidiano americano New York American Journal le strisce a fumetti di Pete the Tramp: rimane folgorato dal personaggio di Clarence D. Russel, se ne innamora e comincia a studiarlo. Grazie a questa intuizione, ispirandosi a quello di Russell, qualche anno dopo Terenghi crea il suo primo personaggio, il vagabondo Scansafatiche. Si rivolge alla Casa Editrice Edital, che però non gli compra le tavole ma lo assume part time col ruolo di ‘fattorino, calligrafo e factotum’. Qui Antonio Terenghi conosce alcuni tra i più importanti autori dell’illustrazione e del fumetto, tra cui Gino Boccasile, Alberto Vargas, i fratelli Carlo e Vittorio Cossio e Gian Luigi Bonelli.
In redazione Terenghi diventa sempre più factotum, assumendo anche i ruoli di capo-redattore e disegnatore-impaginatore. Esordisce finalmente come disegnatore di fumetti con il suo Scansafatiche su Il Giornalino dei Bambini. Riesce a collaborare anche alla Domenica del Corriere e al Corriere dei Piccoli.
Nel gennaio del 1939, a 18 anni, Terenghi viene però chiamato alle armi come bersagliere a Bolzano. Durante la Seconda Guerra Mondiale, viene spedito in Africa e in Libia dove viene fatto prigioniero dagli inglesi. Durante la prigionia, durata quasi sette anni dal 1941 al 1946, oltre che imparare l’inglese, Terenghi diventa un fanatico della letteratura umoristica leggendo i classici di Twain e Dickens, ricavando questo favoritismo perché faceva i ritratti di mogli e figli degli inglesi riprese dalle foto dei congiunti, mentre ai commilitoni italiani le caricature. È prigioniero nell’Oasi di Gialo ma lui sa disegnare e, raccogliendo la loro simpatia, si salva: i militari lo portano al Cairo e gli comprano dei blocchetti tascabili Kodak per i ritocchi fotografici, costituiti da striscioline impregnate di colore. Ogni giorno un ritratto, una caricatura. E così anche in patria, quando Terenghi rientra, a 25 anni. Dopo la guerra, non trovando subito lavoro come disegnatore, debutta nel settore realizzando il lettering (le parole scritte dentro i balloons dei fumetti) per la Edital di montagne di tavole di altri autori.
Nel 1950 Antonio sposa la sua fidanzata Natalina, colei che diverrà anche la sua letterista di fiducia: il lettering, sia di tavole del marito che di tantissimi altri autori, sarebbe poi stata la sua occupazione per decenni. «Nei primi tempi di matrimonio, mia mamma Natalina Luceri (detta la ‘Terenghina’), mancata due anni fa, la sera dopo il lavoro lo sostituiva nel lettering per permettergli di potersi dedicare appieno a scrivere e a disegnare le sue storie» racconta la figlia Rosachiara. Soltanto nel 1950-’51, Terenghi pubblica sulla Collana Gaie Fantasie dell’Editrice Alpe esordendo coi suoi personaggi Poldo e Poldino. Poco dopo, avvia anche una lunga e fortunata collaborazione con la Casa Editrice Universo.
(Poldo e Poldino © Antonio Terenghi)
Nel 1951 è la svolta: Terenghi crea il personaggio Pedrito el Drito, che diventerà uno dei personaggi più longevi della storia del fumetto italiano.
(Pedrito el Drito © Antonio Terenghi)
Riguardo l’ideazione di Pedrito el Drito, l’autore ebbe a dichiarare, «Era subito dopo la guerra, e andavo a mangiare alla mensa della dogana di Via Valtellina, a Milano. Accanto a me c’era un tipo mingherlino che cercava di provocare un collega che sembrava un armadio. A un certo punto, invece di prendersela, l’omone l’ha guardato con aria annoiata e si è alzato per andarsene, apostrofandolo: “ma fa no el Pedrito el Drito”. Un nome straordinario, che mi ha colpito e mi è rimasto impresso».
Nel 1952 Terenghi inizia una lunga collaborazione con la Casa Editrice Universo dando vita a diversi personaggi: Nuto l’astuto, Ademaro il corsaro, Nita la svampita, Stinco e Stecca, Trufolino testadura, Gastone il pigrone, Davy Crockett, ecc…
Nello stesso anno, per le Edizioni Alpe, Antonio Terenghi idea Nico il bebé lunare, un piccolo eroe dalla pelle gialla di dimensioni microscopiche, con un capello sulla testa che vive col suo collerico Zio Stop.
(Nico il bebé lunare © Antonio Terenghi)
Sin dal primo numero della rivista francese Pépito compare il personaggio ideato da Terenghi, tradotto nella versione francese in Nano le bébé lune.
Tra i numerosi protagonisti creati in seguito da questo prolifico autore, meritano di essere ricordati almeno: Tarzanetto (realizzato nel 1954 per la casa editrice Dardo (pubblicato in Francia col nome di Bamboo), ripreso tra il 1974 e il 1975 anche sul Corriere dei Piccoli, e in seguito nella serie ‘I Super Tascabili’ dell’Edinational e infine dall’Edizioni Bianconi), e Teddy Sberla, giornalista di cronaca in eterna lotta con il suo direttore. Senza dimenticare Piccola Eva, nata negli Stati Uniti nella prima metà degli anni ‘50: quando la serie statunitense (molto interessante ma durata poco tempo) non può più alimentare le esigenze de Il Monello, l’editore cerca un autore italiano in grado di realizzare nuove storie e indice una specie di gara-concorso: Terenghi, uscitone vincitore, continuerà con successo il personaggio per una quindicina d’anni.
Crea in seguito, soprattutto per le edizioni Alpe, decine di personaggi come i già citati Poldo e Poldino, Tarzanetto, Teddy Sberla, il piccolo indiano Caribù, Mac Keron e Gionni e Geppina (una curiosa jeep umanizzata precorritrice di Cars).
Terenghi fu un antesignano creando degli antieroi: dai primi film di Tom Mix, prendendo in giro lo sceriffo tutto d’un pezzo con Pedrito el Drito eletto dai malviventi stessi per aver la vita facile; con Tarzan delle scimmie, che era un eroe, creando con Tarzanetto un moccioso che era una piccola carogna; fino al mescolamento interraziale, con una serie di personaggi-bambini di diverse nazionalità: oltre a Caribù, il piccolo arabo Hu-Là-Là, il cinesino Din-Du-La, il piccolo messicano Geo Sombrero, senza dimenticare Lilly, Trufolino Testadura, Marietta.
(Characters © Antonio Terenghi)
Terenghi è autore a tutto tondo, realizzando soggetti e sceneggiature, fino alle chine. Il foglio di carta, da bianco che era, potrebbe andare in stampa: «Lavorava con pennelli e china, e quando poteva colorare le sue tavole creava acquerelli anche con misture personali», aggiunge la figlia Chiara.
Inoltre, era molto generoso, se era in un bar o in pizzeria e gli chiedevano un disegno, apriva un tovagliolo di carta e disegnava per loro un ricordo autografo.
Terenghi lavora per oltre cinquant’anni con lo stesso entusiasmo, amatissimo dai suoi lettori e dai colleghi. Tuttavia a settant’anni si ritrova privato delle migliaia di tavole prodotte per la Universo e per le edizioni Alpe, e quindi è in difficoltà a far pubblicare da altri editori la sua produzione di tanti anni. Cerca di rientrare in possesso di diritti e di originali ma invano, come del resto molti altri autori, da Lina Buffolente a Walter Molino.
Nel 1973, per l’editore Barbieri, Terenghi fa una prova che poi non va in porto per Le fiabe proibite, la quale trova coronamento nella serie a fumetti pubblicata dalla GEIS dei classici delle fiabe in versione osé intitolata Le sexy favole: delle favolette irriverenti e innocue attraverso un erotismo popolare low cost.
Nel 1980, Terenghi illustra la versione a fumetti della serie The Monkey (悟空の大冒険) del Dio del Manga Osamu Tezuka, sulla testata La Banda TV Ragazzi, delle Edizioni EDIERRE di Roma, diventata dopo i primi 30 numeri Cartoni in Tivù, edito stavolta dall’Edizioni TV Milano. L’antologia contiene fumetti ispirati agli anime giapponesi trasmessi dalle TV private negli anni 70-80.
Dopo decenni di carriera esclusivamente dedicata al fumetto, nello stesso anno Terenghi si sperimenta anche nella realizzazione della parte grafica di alcune trasmissioni culturali e didattiche per bambini per la Rai-TV, per le quali si reca nella sede di Corso Sempione, disegnando in diretta direttamente su un grande blocco. Nei primi anni ‘90 il suo Pedrito el Drito trasmigra tra le pagine del Corriere dei Piccoli, e poi sulla collana Almanacchi di Lupo Alberto.
Nello stesso decennio, nel corso della breve esperienza del tentativo di riportare in edicola il personaggio Tiramolla in una sua testata autonoma, in appendice all’albo si rivedono alcuni classici dell’autore come Teddy Sberla, Caribù e Mac Keron. Avvia collaborazioni anche con il settimanale TV Sorrisi & Canzoni, il mensile Topo Gigio e con Cronaca di Topolinia.
Pedrito ha però la sua “glorificazione” in tre operazioni di gran pregio: la prima, nel 1993, nel volume cartonato Il grande Pedrito pubblicato dalla Glénat; nel 1995 per l’Editoriale Taormina Pedrito el Drito incontra la mano rossa, con la partecipazione straordinaria di Tex Willer; a cui fa seguito, nel 2000, Pedrito el Drito, in occasione del cinquantennale del personaggio di Terenghi, quando Alfredo Castelli volendo chiudere il quarto e ultimo numero della preziosa collana I grandi comici del fumetto, scrive, come avevano più volte già fatto in passato con Pedritissimo, la storia più lunga con protagonista lo sceriffo più ubriacone del West.
(Il grande Pedrito el Drito © Glénat)
(Pedrito el Drito incontra la mano rossa © Glénat)
Alfredo Castelli, papà di Martin Mystère, nell’introduzione al volume Pedrito el Drito, pubblicato da Bonelli, tracciando un ricordo di Antonio Terenghi, scrive: «C’è un ristorante che – per qualche mia perversione – continuo a frequentare in modo assiduo da anni benché l’oste, tale Nuccio, abbia il vizio di esibirmi ai clienti a mo’ di imbonitore: “Siori e siore, questo è Castelli, quello di Martin Mystère”. Il risultato è quello di mettere in imbarazzo sia me sia gli avventori, i quali emettono borbottii di circostanza, chiedendosi chi mai sia quel Martin Mystère che, a quanto pare, dovrebbero conoscere, ma non hanno mai sentito nominare.
Bene, una sera ci sono andato con Antonio Terenghi […]. Dopo aver appurato chi fosse il mio ospite, l’oste ha ritenuto opportuno esibirlo: “Siore e siori, questo è Terenghi, quello di Pedrito el Drito”. Anziché emettere i soliti borbottii, la platea ha immediatamente capito di chi si trattava, e lo ha subissato di richieste di disegni.
Invidia a parte, mi sono reso conto che Pedrito è uno dei rari personaggi entrato nella nostra ‘memoria collettiva’, e che nel 1950 […] Terenghi non ha creato soltanto un eroe a fumetti, ma un’icona popolare». Un icona Pop: Terenghi era contento in quanto voleva raggiungere la gente, pur timido com’era, volendo far del bene ai bambini, avendo avuto un’infanzia difficile.
Un aneddoto è che Gianluigi Bonelli, papà di Sergio, col cappello di Tex, spesso a Milano si incrociava con Terenghi, con la coda di cavallo, i quali si salutavano alzando la mano come gli indiani dicendo: “Augh”.
E, poco dopo, una spassosa e corposa antologia, con alcune delle più rappresentative storie realizzate da Antonio Terenghi, col volume Pedrito el drito in Provaci ancora, Pedrito!, con un’ introduzione di Alfredo Castelli, per edizioni if – collana comics & cartoons.
(Provaci ancora, Pedrito! © Terenghi)
Nel 2001 Terenghi illustra il libro L’orsetto Tuttovaben e la gallina Scopaviola, racconto per bambini di Lucia Spezzano (Edizioni Leprotto, Vedano Olona, Varese). Nel 2002 crea la serie a fumetti del Pianeta Niep, e due episodi vengono pubblicati da E’ – enigmistica giovani, effimera pubblicazione della BRAMA; vi riappare tra l’altro Teddy Sberla, il reporter del Singhiozzo della Sera. E, nel 2003, illustra le tavole del libro Mondadori, Sangue di yogurt, dello scrittore Andrea G. Pinketts. Inoltre i suoi fumetti vengono pubblicati da Silver (come Obeso è bello nell’Almanacco della ciccia di Lupo Alberto).
Negli ultimi anni della sua vita, Antonio Terenghi resta prevalentemente in casa, con difficoltà di deambulazione, accanto alla compagna di tutta la vita, la moglie Natalina, entrambi confortati dall’affetto della figlia Chiara.
Meno di due anni dopo Natalina, anche Antonio muore a Milano il 26 ottobre 2014, una settimana prima di compiere 93 anni.
(Un ricordo di Silver)
Un grande esperto di importanza internazionale quale è Luca Raffaelli, mi ha definito Pedrito un personaggio «fenomenale». Mentre Silver, il giorno dopo la scomparsa di Terenghi, pubblica sulla pagina ufficiale una sua interpretazione del fumettista milanese che dice, «Caro Antonio sei stato un maestro e una persona dolcissima», con sopra la seguente didascalia che annuncia, «È mancato Antonio Terenghi, patriarca di noi fumettari e leggendario creatore di Pedrito el Drito (Silver)».
Attivo nel settore per oltre un cinquantennio, nel 2003 Stefano Mercuri gli aveva reso omaggio con la monografia A tu per tu con Antonio Terenghi, con la cover illustrata da Giuseppe Festino, del ciclo Le grandi firme del fumetto popolare italiano.
(A tu per tu con Antonio Terenghi – Mercury Editoriale)
La figlia Rosachiara Terenghi, chiamata più semplicemente Chiara, sul suo Facebook, fra i tanti ricordi, scrive di suo padre Antonio Terenghi, «Per le bambine, il papà è sempre un principe, un eroe, un mito che guida, protegge e difende con il solo potere di un abbraccio.
Per il mio, in tanti avete espresso parole e concetti stupendi, in una commovente congiunzione di affetto, nostalgia e ammirazione.
Era un buono, un sognatore dalla fantasia inesauribile che tra mille altre cose mi ha insegnato con l’esempio il valore dell’immedesimazione negli altri e l’importanza della pazienza; con la passione, la grande ricchezza che deriva dall’accostarsi con umiltà a tutte le Arti e a tutti gli elementi della Natura; con l’educazione, il rispetto e la perseveranza.
Non tutte le bambine perdono, crescendo, il papà mitico della loro infanzia: magico con china e pennelli, per me lui è sempre rimasto un po’ “fantastico”.
E il mio irresistibile, simpatico, dolce, disponibile e generoso padre».
Antonio Terenghi è stato un Maestro, un Maestro del Fumetto italiano, che non dimenticheremo mai.
(Pedrito el Drito © Terenghi)
(Antonio Terenghi, Walter Molino, Graziano Origa)
Antonio Terenghi – Hanno scritto di lui:
(Tarzanetto – Mario Verger © Terenghi)
Su COMICSANDO – Comic Art Blog, nel capitolo TUTTI I TARZANETTI COMICI DEL FUMETTO, si legge: «E le comiche, in quegli anni, piacevano anche a Paolo Piffarerio, che realizza con Tristano Torelli 178 albi di Ridolini (1948/1952).
In uno dei suoi numeri a striscia – con l’amico Geppone – il comico incontra un tarzanetto troglodita che difende a colpi di clava tutti gli animali della foresta, urlando ecologicamente: “Uaua perek prik prok!”. In una confusa giungla zeppa di pettegolezzi regna incontrastato l’irascibile Tarzanetto che, nonostante sia pargolo di pochi anni, è colpito da calvizie precoce, celata sotto una buffa bombetta. Come il tarzanide di Jac, fuma un tremendo sigaro tozzo e veste un perizoma leopardato dotato di coda. Ormai un classico del fumetto comico italiano, questo bimbaccione vizioso e pestifero domina un incredibile numero di animali grotteschi che ogni tanto si ribellano alla tirannia del piccolo re-peste. Nel cast, la compagna Panterina (grande cuoca), l’amico scimmione Togo e due corvi colti che dispensano sapienza e saggezza dall’alto delle loro moltissime – supposte – e inverosimili lauree. Tarzanetto viene creato nel 1952 da Antonio Terenghi (il Pedritissimo Nazionale!) per il periodico Chicchirichì della Dardo, casa editrice che dal 1959 al 1961 lo pubblica per trenta numeri con una testata tutta sua, fino a quando, nel 1961, diventa Tarzanetto Presenta Bombolo. Nel 1974 appare sul Corriere dei Piccoli, l’anno dopo compaiono storie inedite in 12 numeri pubblicati dalle Edizioni Cab e, dal 1979 al 1980, riappare in 15 numeri delle Edizioni Bianconi».
(Antonio Terenghi)
La Treccani, così definisce Antonio Terenghi: «Tra i capiscuola del fumetto italiano, dopo il debutto come letterista per la casa editrice Edital, negli anni Cinquanta ha creato, rileggendo in chiave originale le suggestioni provenienti dalle strips statunitensi del periodo, una serie di indimenticabili personaggi, quali Poldo e Poldino (1951), lo sceriffo di Tapioka City Pedrito el Drito (1952), primo eroe spaghetti-western del fumetto italiano, Tarzanetto e Teddy Sberla (1954), le cui avventure vennero pubblicate su periodici quali Gaie fantasie, l’Albo dell’Intrepido, Il Monello e il Corriere dei Piccoli».
(Antonio Terenghi, foto Joe Zattere nel libro Protagonisti del fumetto italiano)
Luca Boschi, uno dei più grandi esperti di fumetto in Italia, così lo ricorda, in due articoli dedicati a Terenghi: «Con il Grande Antonio ci siamo incontrati per la prima volta nel remotissimo 1979, alla Mostra Internazionale dei Cartoonist di Rapallo, l’anno in cui furono premiati, tra gli altri, con Egidio Gherlizza, anche i francesi Dupa (quello dell’esploratore) e Broussard, della Sagéditions. Poi abbiamo realizzato almeno una storia a quattro mani, nella quale Pedrito e Paquita incontravano Remorenzo Rizzuto. In un altro momento storico, tanti anni fa, ho registrato con Antonio Terenghi una lunghissima intervista. Ne ricopio uno dei passaggi iniziali, dove racconta qualcosa dell’inizio della sua attività fumettistica: “Facevo il lettering e qualche disegno per le storie di Criche e Croc, disegnate da Andrea Da Passano, alla Edital, fondata da Mario Conte. Da Passano, che aveva lavorato negli Stati Uniti agli Studios di Walt Disney, e poi era tornato in Italia, aveva anche degli addentellati con altre realtà creative. Così, nel ’46, appena tornato dalla guerra, mi aveva proposto di farmi avanti, come disegnatore, presso lo studio di Boccasile, sotto la Galleria. Boccasile stava realizzando un’opera imponente, eccezionale: il Decamerone illustrato. Aveva visto i miei disegni, e gli erano piaciuti. Mi aveva proposto di restare con lui ad aiutarlo, promettendomi che mi avrebbe dato dieci volte tanto la remunerazione che mi dava Mario Conte. Ma Boccasile era stato un gerarca fascista, e la cosa non mi piaceva. Sarei anche stato disposto a passarci sopra, senonché, in un suo discorso, un giorno disse che sarebbe stato disposto a ricominciare daccapo. E non me la sono sentita di restare con lui.”
Terenghi, già in forza alla casa editrice milanese Dardo, si cimenta con una sorta di parodia di Tarzan inventando un sovrano della Giungla insidioso e indistruttibile, il cui aspetto di ragazzino contrasta con la ruvidità del suo temperamento. Piccolo ma bulletto, con bombetta e sigaro perennemente tra le labbra, Tarzanetto esordisce nel 1954 nel tascabile delle Chicchirichì, come comprimario di una avventura di Din-Du-Là, suo coetaneo della terra di Aladino. Tarzanetto avrà la peggio, ma lo smacco, per lui, non dovrà assolutamente ripetersi. Anche sotto lo stimolo dei lettori, che hanno gradito la new entry, nella sua uscita seguente, Terenghi lo promuove a protagonista, eroe vincente di una delle sue svariate serie di ragazzini abitanti in terre diverse, come il messicano Geo Sombrero, il cinese Hu-Là-Là, il pellerossa Caribù, il greco (antico) Ulisse.
In breve, il tarzanide formato tascabile diviene il magnete principale di Chicchirichì, surclassando l’ampio ventaglio di personaggi realizzati da Sandro Angiolini con i testi di Gian Carlo Testoni (Bologna, 1912 – Milano, 1965), anche famoso paroliere, autore di testi come Vola Colomba, cantata da Nilla Pizzi.
L’editore si accorge del successo dei personaggi terenghiani e posiziona il tarzanide sempre più spesso in apertura del libretto, dedicandogli qualche copertina (con tanto di nome “strillato”). Infine, gli destina l’intero periodico, a partire dal gennaio 1959. Sotto, una bella carrellata di personaggi creati da Terenghi.
A suo tempo, il solerte fan-editore Stefano Mercuri ha dedicato un sontuoso volume cartonato del ciclo Le Grandi Firme del Fumetto Popolare Italiano a Terenghi, considerato uno dei Maestri indiscussi del disegno umoristico italiano che per oltre 60 anni ha accompagnato intere generazioni di lettori. Il libro contiene anche interventi di Luciano Tamagnini e Rosachiara Terenghi».
Mario Verger
(Portfolio Terenghi © Terenghi)
Principali personaggi di Antonio Terenghi
Nella sua lunghissima e prolifica carriera Terenghi ha creato i personaggi, scritto i soggetti e le sceneggiature e poi disegnato tutte le storie. I principali furono:
Scansafatiche (il primo personaggio!)
Pedrito el Drito
Paquita
Tarzanetto
Panterina
Togo lo scimpanzé
Pik e Pak i corvi saggi
Teddy Sberla il cronista
L’azzimato Direttore de il Singhiozzo della Sera
Geo Brummel l’elegantone
Poldo e Poldino
Caribù l’indianino
Gionni e Geppina, la jeep-‘umanizzata’
Nico il bebé lunare
Fortunato Salomone
Ademaro il corsaro
Nita la svampita
Mac Keron
Nuto l’astuto
Stinco e Stecca
Gastone il pigrone
Din-Du-La il piccolo cinese
Hu-Là-Là il piccolo arabo
Geo Sombrero il piccolo messicano
Trufolino Testadura
Lilly
Ulisse il greco (antico)
Rio Mendoza
Marietta
Davy Crockett
(Personaggi di Antonio Terenghi © Terenghi)
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Umberto Volpini (a cura di): Intervista ad Antonio Terenghi, in WOW n. 21 (ottobre 1978)
“Portfolio Terenghi” in “La borsa del fumetto” n. 3, Milano, settembre 1979, suppl. a I fumetti amatoriali, Luigi F. Bona Editore
Cataloghi “Ghignata”, 1991, 1993 e seguenti
Antonio Terenghi: Pedrito el Drito, Testo di Alfredo Castelli, Sergio Bonelli Editore, 2000
Gianni Bono: Guida al fumetto italiano, Epierre, 2003, pp. 1453, 1873-1874
Stefano Mercuri: A tu per tu con Antonio Terenghi, Le grandi firme del fumetto popolare italiano, Editoriale Mercury, 2003
“Antonio Terenghi” in portfolio “La borsa del fumetto”, 16 pagg. a colori con la riproduzione di alcune delle opere esposte e una storica intervista all’autore, in occasione della personale del cartoonist alla rassegna La Ghignata 2005, Muggiò (Monza), Luigi F. Bona Editore
I Tarzanidi 3 in COMICSANDO – Comic Art Blog, a cura di Nico Musella
Luca Boschi: BUON COMPLEANNO, ANTONIO TERENGHI!, Il Sole 24 Ore, 31 ottobre 2011
Maurizio Bonassina: Terenghi, il papà di Pedrito el Drito, Corriere della Sera, 10 aprile 2014
Luca Boschi: ANTONIO TERENGHI, UN MAESTRO!, Il Sole 24 Ore, 26 ottobre 2014
Davide Barzi: Terenghissimo!, 28 ottobre 2014
Luigi Bona: FFF – Fondazione Franco Fossati: Antonio Terenghi
Luca Boschi: ANTONIO TERENGHI, alla prima mostra italiana di fumetti! !, Il Sole 24 Ore, 20 dicembre 2014
Il Grande Terenghi – Il Maestro Italiano del Fumetto Comico
di Mario Verger
si ringrazia Chiara Terenghi