Uno stacco sull’asse che ci porta verso il grado cimiteriale della forma cinema.
Paolo Sorrentino è il regista più discusso tra i critici, ormai si legge qualunque cosa con le opposte fazioni pronte a brandire armi di distruzione di massa per attaccarlo o difenderlo. Dopo giorni di ragionamenti e discussioni sono arrivato a una lettura particolare.
2015, viviamo in un mondo di assurdo normalizzato e Sorrentino con questo film non fa altro che renderlo palese. La decadenza e la vecchiaia sono ormai diventati i suoi temi classici, in questa montagna svizzera fuori dal tempo i suoi personaggi vivono in un’omologazione orrida tra cure termali e spettacolini notturni, il realismo esce da ogni inquadratura mentre si susseguono direttori d’orchestra, registi, prostitute, monaci, miss universo, attori, calciatori, alpinisti che svernano senza un perchè in questo hotel incuneato tra i monti.
Sorrentino ha scelto in maniera precisa di fare un film fuori da tutto, catalogando ogni tipo di freak disponibile sul mercato e facendoli parlare con battute prese dai ritagli di giornale, solo così si possono spiegare frasi espunte da qualunque contesto recitate da grandissimi attori, citazioni banalissime spacciate per oro come se qualcuno parlasse per qualcun altro.
I videoclip musicali, il Maradona che palleggia sul campo da tennis, l’Hitler che fa colazione sono
alcune delle scenette, anche divertenti, con le quali Sorrentino ci narra questo mondo assurdo.
Sono altrettanto simboliche sono alcune frasi non credibili (“le emozione sono tutto quello che abbiamo”, “la leggerezza è una sensazione irresistibile”) messe in scena completamente scollegate e dirette con eleganza immotivata, soprattutto perché parliamo di un film a-emozionale. È altrettanto significativo che i personaggi alla fine della vita declamano continuamente storielle indigeribili sull’infanzia, mentre i bambini recitano discorsi seri cercando di giungere a delle conclusioni.
E poi c’è il colpo di genio sorrentiniano, sceglie una colonna sonora praticamente di due ore che lega tutto il film, da Lian Liang ai mille pezzi che si susseguono scostanti ma che compongono un unicum magnetico, la musica riesce a restituirci questo immaginario rimbalzante, questo piattume totalmente privo di emozioni viene così plasmato e a tratti fa addirittura lievitare il film. La musica fa sì che la forma del cinema di Sorrentino si deformi, i classici carrelli, i rallenti, gli zoom e le composizioni statiche riescono così a convivere senza nessuna ipotesi di narrazione.
Ma non tutto è ancora chiaro, siamo verso la morte ma i ragazzini e la musica ci tengono in vita. Ecco che ad un certo punto c’è la svolta, un particolare che spiega tutto: si trova nel lungo dialogo tra il regista interpretato da Harvey Keitel e la vecchia diva interpretata da Jane Fonda. Questa sequenza, l’unica in tutto il film girata in campo/controcampo, c’è un terribile stacco sull’asse con il quale Sorrentino passa da un simil piano americano a un primo piano, ed è un passaggio fondamentale: è uno stacco sull’asse brutale e rabbrividente attraverso il quale il regista esplicita il suo intento canzonatorio verso lo spettatore, manifestandolo in maniera precisa. Il suo cinema laccato comprende giravolte di macchina, poesia ovunque, rimandi al cinema, fellinate e citazioni che non possono stare in piedi con un terribile stacco come questo. Era facilmente evitabile e invece Sorrentino sceglie questo stacco terribile, e lo fa in modo chiaro e lampante, ostentandolo quasi.
Ed è in questo stacco che c’è tutto il film, c’è la riflessione sul nulla del cinema, la sua totale inutilità: il cinema è didascalico e poverissimo se è costretto a questo stacco nell’unica scena dove c’è un abbozzo di cuore, di ricerca sentimentale. È una dichiarazione d’intenti, il regista muore e Sorrentino ci dice che il cinema non serve a niente, siamo alla gradazione zero della macchina cinema, la forma cimiteriale.
C’è la tomba di Stravinskij ma si allude al cinema. •
Claudio Casazza
Youth
(Italia, Francia, Svizzera, Gran Bretagna / 2015)
Regia, sceneggiatura: Paolo Sorrentino
Musiche: David Lang
Fotografia: Luca Bigazzi
Montaggio: Cristiano Travaglioli
Scenografie: Ludovica Ferrario
Costumi: Carlo Poggioli
Michael Caine (Fred Ballinger), Harvey Keitel (Mick Boyle), Rachel Weisz (Lena Ballinger), Paul Dano (Jimmy Tree), Jane Fonda (Brenda Morel), Mark Kozelek (se stesso), Robert Seethaler (Luca Moroder), Alex Macqueen (emissario della Regina)
118′