Revanche > Götz Spielmann

Revanche01

articolo pubblicato su Rapporto Confidenziale numero23 (marzo 2010), pag. 53

Revanche

s.f.

1. riscossa

Alex è un pregiudicato che lavora come tuttofare in un bordello di una zona anonima di Vienna. Tamara è un’immigrata clandestina ucraina, forse priva di documenti, che nel bordello lavora come prostituta. Il suo capo vorrebbe farle fare un “salto di qualità” portandola a prostituirsi in un appartamento visitato da una clientela meno avvezza per motivi professionali a frequentare bordelli, ma intanto non esita a affittare il suo tempo a un cliente violento che al sesso pare preferire le botte inferte.
Alex e Irina, due persone che paiono prive di futuro e che vivono il loro presente come unico tempo possibile, conducono una relazione segreta.
L’apparente possibilità di un riscatto giunge con l’attuazione di una rapina, che dovrebbe garantire loro una nuova vita insieme in Spagna.

2. vendetta

Non si rovinerà alcuna sorpresa scrivendo che l’esito della rapina sarà tragico a causa di un banalissimo contrattempo: Irina morirà e ad Alex non rimarrà che il desiderio di vendetta nei confronti del poliziotto che le ha sparato.
Il registro del film muta con il passaggio dall’anomima città all’altrettanto anonima campagna in cui Alex si rifugerà presso la cadente fattoria del nonno. Appare infatti chiaro, nella contrapposizione tra i due pur angusti spazi, come lo spaccare legna sia un’attività nobilitante rispetto a quella offerta dalla città e anche come il sesso possa essere un punto di incontro anziché una merce di scambio.
Alex e il ricordo di Irina, Robert e Susanne, la coppia vicina di casa. Lui è il poliziotto che ha ucciso Irina, lei è sua moglie. Nessuno dei personaggi conosce la natura dell’altro, solo noi siamo testimoni dei rispettivi segreti. Quella composta da Robert e Susanne è una coppia giovane già alla deriva: lui, che non riesce a placare il senso di colpa per avere ucciso la giovane donna, proietta la sua incapacità di comprendere quanto accaduto su di lei, che da par suo non riesce nemmeno a spiegargli che il motivo per cui non riesce a rimanere incinta non è ascrivibile a lei ma un problema di lui.
Mentre Alex persegue il suo desiderio di vendetta, l’incontro tra lui e Susanne – con cui condividerà molto più di una copula sul tavolo da pranzo – cambierà il corso delle cose.
Ora l’unico punto in comune tra i tre uomini della storia – Robert, Alex e suo nonno – è lei, e da lei tutti sembrano dipendere, pur non consapevolmente.
Tutti dovranno operare una scelta per tornare a vivere.
Il film di Götz Spielmann (da lui sceneggiato), un noir degno di essere annoverato tra i classici del genere, nasconde in sé uno studio di caratteri di rara efficacia. Il film parte con i titoli di testa che si avvicendano sullo schermo senza musica. Il tono è fissato sin da qui, ed è quello di una tragedia greca raccontata senza alcuna enfasi i cui cinque personaggi (con quello del nonno decisivo, malgrado appaia come secondario) hanno qualcosa da dire senza però riuscirci.
Nessuno nel film sembra avere potere sulla propria vita: non Alex, che non ha possibilità di salvare né sé stesso né Irina dalle rispettive misere esistenze, non Irina, la cui posizione non le permette neppure la speranza di un riscatto. Non Susanne, il cui marito non riesce a condividere con lei la sua pena, o Robert, che tenta di mitigare la sua angoscia solo attraverso lo sforzo fisico. Ma nemmeno il nonno di Alex, che nulla può contro l’assenza della moglie, di cui è vedovo, se non immolare le sue giornate al suo doloroso ricordo.
Götz Spielmann, che ha anche il merito di avere scelto un quintetto di attori straordinari, realizza un’opera in cui il non detto ha eguale valore – quando non superiore – di quanto reso esplicito. Non usa colpi di scena né scene madri, lascia che sia la storia (e i luoghi in cui si svolge) a prevalere attraverso il racconto che ne fanno i personaggi.
A tratti vicino a Vargtimmen (L’ora del lupo) di Bergman (e con un personaggio che ricorda talvolta il Michel protagonista di Pickpoket di Robert Bresson), Revanche è un film la cui eleganza e precisione formale fungono da supporto alla sostanza e non vi si sostituiscono nemmeno per un secondo. È una storia in cui il giudizio è sospeso (“Che cosa direbbe il tuo Dio?” “Capirebbe”, è la risposta) e in cui la speranza non è mai accantonata del tutto.
È un film che entusiasma per la sua precisione, la sua profondità e per il suo rifuggire sempre dall’esito scontato o dalla spiegazione facile. In una parola, abitualmente spesa con cautela da queste parti: un capolavoro.

Revanche
(Revanche – Ti ucciderò, Austria, 2008)
Regia, sceneggiatura: GÖTZ SPIELMANN
Fotografia: MARTIN GSCHLACHT
Montaggio: KARINA RESSLER
Interpreti principali: JOHANNES KRISCH (Alex), IRINA POTAPENKO (Tamara), ANDREAS LUST (Robert), URSULA STRAUSS (Susanne), JOHANNES THANHEISER (nonno Hausner)
Durata: 122’

Dopo avere ottenuto la candidatura all’Oscar come migliore film straniero, avere ottenuto premi a Berlino e a festival di mezza Europa, Revanche giunge sugli schermi italiani (con il titolo originale seguito da un fuorviante e stupido “Ti ucciderò”) in questi giorni grazie a Fandango, dopo un’anteprima web tenutasi il primo marzo.



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