Wild Side > Sébastien Lifshitz

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Il titolo del secondo lungometraggio di Sébastien Lifshitz cita “Take a Walk on the Wild Side”, la canzone di Lou Reed del 1972 che menzionava nel testo le transessuali Holly Woodlawn e Candy Darling, presenze nel cinema di Warhol.
Qui, invece, a cantare è Antony Hegarty di Antony and the Johnsons che si esibisce a inizio film, dopo i sobri titoli di testa, in un café cantando “I Fell in Love with a Dead Boy”. Tra i presenti, Stéphanie, prostituta transessuale, che poco dopo vediamo al lavoro su un viale di Parigi in zona Bois de Boulogne.
Il mattino seguente, facciamo la conoscenza dei suoi due coinquilini e compagni di vita: Mikhail, immigrato clandestino disertore della guerra in Cecenia che vive alla giornata di lavoretti precari, e Djamel, francese di origine algerina che vende il suo corpo nei gabinetti della stazione. Stéphanie, Mikhail e Djamel si amano. Di più: costituiscono una vera e propria famiglia.
La telefonata di una persona che chiede di parlare con Pierre, il nome di nascita di Stéphanie, irrompe nelle loro vite. Attraverso quella breve comunicazione, la donna viene a sapere che sua madre, con cui non ha più rapporti da diversi anni, verrà dimessa dall’ospedale in cui è ricoverata per poter trascorrere i pochi giorni che le rimangono a casa sua, nel Nord della Francia. È qui che lei e Mikhail la accompagnano, nella povera casa immersa in una livida campagna in cui Stéphanie è cresciuta.
I tre vengono raggiunti da Djamel. Isolati in un luogo lontano dai loro lavori e dalle loro abitudini quotidiane, Stéphanie, Djamel e Mikhail si trovano ad affrontare le assenze nelle loro vite: Djamel quella della madre, che ha interrotto i rapporti con lui a causa della sua omosessualità, Mikhail quella della famiglia intera, da cui si è allontanato forzatamente a causa della guerra, mentre Stéphanie affronta i fantasmi del suo passato, con il padre e la sorella scomparsa e con la sua sessualità di quell’epoca.
Come già aveva fatto nel suo lungometraggio d’esordio “Presque rien”, Lifshitz fonde il passato con il presente, passando da uno all’altro senza stacchi nella storia, e si dedica con uguale attenzione a ognuno dei suoi personaggi, costruendo una storia d’amore, dolore e lutto tra semplici esseri umani. È pure interessante il confronto tra la famiglia tradizionale di “Presque rien”, luogo di incomprensione, incomunicabilità e infine tradimento, con quella che appare innegabilmente come una vera e propria famiglia, che si basa sui valori più alti della stessa.
Lifshitz fa anche qui ricorso alle immagini a sostituire in gran parte i dialoghi, resi a tratti difficili dalle differenze linguistiche nel trio, aiutato da Agnès Godard, che illumina la storia con bellissime luci sobrie. Presente ancora il suo lavoro sui corpi, portatori di un messaggio, di una volontà di comunicazione che supera la parola, nonché i temi ricorrenti nella sua cinematografia: memoria, identità, il viaggio, pur breve, come occasione di rielaborazione del presente.
Al suo secondo lungometraggio, Sébastien Lifshitz si conferma autore di grande spessore, un autore al servizio delle storie che scrive a quattro mani con il fido Stéphane Bouquet e che rifugge costantemente dalla definizione.
“Wild Side” è un film disturbante per come ci costringe a chiederci costantemente chi siamo, a rivedere le nostre pur non granitiche certezze sulla vita e la morte. Come già accadeva in “Presque rien”, il finale lascia intravedere un segno di speranza per i tre personaggi principali: le loro vite saranno anche nel caos e vivranno di incertezza, ma finché potranno contare l’uno sull’altro, nulla di brutto potrà davvero accadere loro. E se non è una famiglia questa…

Ottimo come sempre il lavoro sugli attori: i sorprendenti non professionisti (allora) Stéphanie Michelini e Edouard Nikitine (scelti, a dire del regista, perché sapeva che la loro verginità avrebbe apportato un tono realistico alle sue storie) e i più esperti Yasmine Belmadi (con Lifshitz già ai tempi del secondo cortometraggio “Les corps ouverts” e scomparso nel 2009 in un incidente in moto) e la veterana Josiane Stoléru, nel ruolo della madre.

Roberto Rippa

Wild Side
(Francia/Belgio, 2004)
Regia: Sébastien Lifshitz
Sceneggiatura: Stéphane Bouquet, Sébastien Lifshitz
Musiche: Jocelyn Pook
Fotografia: Agnès Godard
Montaggio: Stéphanie Mahet
Scenografie: Véronique Melery, Roseanna Sacco
Costumi: Elisabeth Mehu
Interpreti principali: Stéphanie Michelini, Yasmine Belmadi, Edouard Nikitine, Josiane Stoléru, Corentin Carinos
93′

Sébastien Lifshitz (Neuilly-sur-Seine, 21 gennaio 1968) è un regista e sceneggiatore francese. Nel 1998, dopo aver diretto il cortometraggio “Les Corps ouverts”, gli è stato attribuito il Premio Jean Vigo che annualmente viene assegnato al regista francese che meglio si è distinto per indipendenza di spirito e originalità di stile. Nel 2000 ha diretto la regia di “Quasi niente“. Nel 2001 il suo documentario “La Traversée” è stato selezionato alla Quinzaine des Réalisateurs del Festival di Cannes. Nel 2004 “Wild Side” ha vinto il Teddy Award al Festival di Berlino e il Festival internazionale di cinema gay-lesbico di Milano (oggi Mix Milano). Nel 2009 ha diretto “Plein Sud“.



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