Il presente articolo è stato pubblicato su Rapporto Confidenziale, numero30 (dic/gen 2011), p.80
The One-Line Review
Guida concisa alle arti cinematografica e televisivamonografia cinema iraniano
di Iain Stott [traduzione di Monica Mischiatti]
www.1linereview.blogspot.com
Dayereh (Iran/Italia/Svizzera, 2000) giudizio: 4.5/5
|
Regia: Jafar Panahi | Sceneggiatura: Kambuzia Partovi, Jafar Panahi | Fotografia: Bahram Badakshani | Cast: Nargess Mamizadeh, Maryam Parvin Almani, Mojgan Faramarzi, Elham Saboktakin, Monir Arab, Maedeh Tahmasebi, Fereshteh Sadre Orafaiy |
Con l’intento di informare, di trasmettere rabbia ma senza mai sfiorate la didattica o la polemica, lo straziante film di Panahi descrive la condizione di un determinato numero di giovani donne oppresse che vivono a Tehran, mostrando anche delle ex-detenute abbandonate dalle loro famiglie e prive di diritti legali. Il regista mostra così come sia disperato e vano il tentativo di una donna iraniana di trovare un posto nel mondo. |
Panj é asr (Iran/Francia, 2003) giudizio: 3.5/5
|
Regia: Samira Makhmalbaf | Sceneggiatura: S. Makhmalbaf, Mohsen Makhmalbaf | Fotografia: Ebrahim Ghafori, S. Makhmalbaf | Colonna sonora: Mohammad Reza Darvishi | Cast: A. Rezaie, A. Yousefrazi, R. Mohebi, M. Amiri |
Nonostante alcune performance imbarazzanti del cast di supporto e alcuni dialoghi piuttosto didattici , lo sguardo imparziale di Samira Makhmalbaf sulla vita afgana post talebana è molto umano e commuovente, una sorta di sfida ai nostri pregiudizi. |
Lakposhtha parvaz mikonand (Iran/Iraq/Francia, 2004) giudizio: 4.5/5
|
Regia, Sceneggiatura: Bahman Ghobadi | Fotografia: Shahriar Assadi | Colonna sonora: Hossein Alizadeh | Cast: Soran Ebrahim, Avaz Latif, Saddam Hossein Feysal, Hiresh Feysal Rahman, Abdol Rahman Karim, Ajil Zibari |
Sfruttando come punto di vista l’occhio di un bambino che vive in un campo profughi curdo al confine iracheno con la Turchia poco prima dell’invasione dell’esercito americano, il bel film di Gohbadi, a tratti divertente, è un rincuorante ma al contempo estremamente triste racconto sull’intraprendenza umana, sulla capacità di adattamento, sulla compassione e sulla crudeltà. |
Shah-re ziba (Iran, 2004) giudizio: 4.5/5 |
Regia, Sceneggiatura: Asghar Farhadi | Fotografia: Ali Logmani | Colonna sonora: Hamidreza Sadri | Cast: Taraneh Alidoosti, Babak Ansari, Faramarz Gharibian, Ahu Kheradmand, Hossein Farzi-Zadeh |
Esplorando ambiguità morali e pene corporali, la complessa e travolgente storia di Farhadi spinge il pubblico a porsi delle domande complesse a riguardo questioni altrettanto complicate, domande a cui poi neanche il film stesso trova una risposta, in quanto nasce con l’intento di mostrare un finale irrisolto, enigmatico. Il regista inoltre crea un bellissimo quadro così pieno di personaggi comprensivi ma in contrasto tra loro che, in conclusione, trovare una soluzione soddisfacente per tutti risulta praticamente impossibile.
|
Iran and the West Aus/Fin/Pol/Iran, 2009) giudizio: 4/5
|
Regia: Dai Richards, Delphine Jaudeau, Paul Mitchell | Fotografia: Emyr Jenkins, Farzin Khosroshahi, David Niblock, Richard Numeroff, Sheila Smith, Vladamir Trivic | Colonna sonora: Samuel Sim | Narratore: Tony Gardner |
Un affascinante e imparziale sguardo sul tortuoso rapporto tra l’Iran e l’Occidente in seguito alla rivoluzione islamica del 1979. Il documentario vanta un’ampia schiera di soggetti intervistati provenienti da entrambe le fazioni, compreso un certo numero di ex presidenti. |
Kasi az gorbehaye irani khabar nadareh (Iran, 2009) giudizio: 4/5
|
Regia: Bahman Ghobadi | Sceneggiatura: B. Ghobadi, H. Mortezaeiyan, R. Saberi | Fotografia: T. Mansuri | Colonna sonora: M. Aghajani, A. Koosha | Cast: N. Shaghaghi, A. Koshanejad, H. Behdad, R. Farhan, Hichkas |
Dopo essersi prenotata per un concerto a Londra, una coppia di musicisti rock vaga per le strade di Tehran con un brillante agente in cerca di musicisti, nonché di visti di uscita e passaporti, in modo da poter inseguire il loro sogno proibiti. Il film di Ghobadi è drammaticamente privo di fascino e di apertura verso la realtà; forse il suo sguardo verso quest’aspetto appena accennato della società iraniana risulta un tantino appariscente. |
The One-Line Review
È possibile catturare l’essenza di un’opera d’arte in una frase? Forse. Però, anche se fosse possibile, ci si dovrebbe davvero provare? La vita non è molto più complessa? Si tratta di pigrizia da parte di chi scrive, ma anche da parte del lettore, se il mio piccolo blog esiste?
Di nuovo, forse. Ma non intendo scusarmi per le mie brevi (concise fino al punto di essere irrispettose?) critiche. Ma poi, è proprio “critica” il giusto termine?
Certamente giungo a un giudizio critico, ma non si tratta davvero di critica. I miei sforzi non sono tesi a migliorare la conoscenza di un’opera da parte del lettore. Nemmeno voglio influenzare la capacità critica di coloro che hanno già sperimentato ciò di cui scrivo. Anticipazione potrebbe essere un termine migliore? Sarebbe meglio che le mie critiche venissero lette da coloro che ancora devono vedere, leggere e sperimentare il lavoro di cui scrivo?
Questo mi porta a pormi la domanda: Chi sono io per giudicare il valore di qualunque cosa?
Se vogliamo restringere per un momento il discorso ai film, alla critica cinematografica, al giornalismo cinematografico, qual è il suo scopo? Ne abbiamo bisogno? Beh, per me la critica cinematografica ha due funzioni:
1. aiutare le persone a decidere come spendere il loro sudato denaro e il loro prezioso tempo;
2. aiutare le persone a meglio comprendere i film che già hanno visto.
Ora, se prendiamo il punto 1, il più rilevante per il mio blog, siamo costretti a chiederci: “Chi è qualificato al punto di assumersi questo incarico?”. La risposta è semplice: chiunque. È un fatto incontrovertibile – o almeno dovrebbe esserlo – che l’apprezzamento dell’arte è soggettiva. Nessun punto di vista su un film è giusto e nessuno è sbagliato.
Quindi, tenendo ben presente quanto sopra, l’onere di trovare il critico/recensore/anticipatore con cui condivide il gusto, e dei cui giudizi si possa fidare, passa al lettore.
Questo giustifica, spero, il mio scribacchiare. Addirittura giustifica le note entusiaste su Michael Bay e quelle di scorno rivolte al genio di Ingmar Bergman.
– Iain Stott – www.1linereview.blogspot.com