Il presente articolo è stato pubblicato in Rapporto Confidenziale numero 35, speciale Locarno 64 – p.82-83
Memories of a Morning
(Recuerdos de una mañana) José Luis Guerín
Corea del Sud – 2011 – HD – spagnolo – colore – 47’
Prima internazionale a Locarno 64 (Fuori concorso)
di Alessio Galbiati
«La finestra di casa mia dà sulla facciata di un palazzo del XIX secolo con una data scritta a caratteri cubitali: 1900. Da quando mi sono trasferito qui dieci anni fa, catturo il passare delle stagioni filmando l’albero che si trova tra i due edifici. A volte, mi capita di scorgere un movimento dietro una finestra e di sentire qualche discordante nota di violino. Il vicino violinista che si esercita ostinatamente alla finestra stava diventando una presenza fissa, quando, il 21 gennaio 2008, si è gettato nudo dalla finestra. Aveva la mia età. L’unica cosa che so di lui è che stava lavorando a una nuova traduzione de ‘I dolori del giovane Werther’ di Goethe». (José Luis Guerín)
Pochi registi sono altrettanto in grado di lavorare con una telecamera in mano nel reale, nello spazio pubblico, quanto José Luis Guerín. Nel suo cinema la macchina da presa diviene strumento d’esplorazione della realtà, capace di entrare in contatto con il dato materiale e concreto ma in grado di travalicarlo, cogliendone l’essenza, lasciando che essa si riveli all’occhio della camera. Ogni angolo di mondo, sopra al quale si posa il suo sguardo/cinema, appare nudo e rivelato, chiaro nella sua commovente essenzialità.
I quarantasette minuti diretti da José Luis Guerín rientrano in quelle concretizzazioni armoniche che raramente il cinema è davvero in grado di raggiungere. Il linguaggio cinematografico, nella sua essenza, trova il senso primordiale della visione, si ricongiunge ad esso sotto forma di poema per immagini dedicato alla vita perduta di un anonimo traduttore e musicista morto suicida.
Se da prima il film cerca di ricostruire la vicenda ed il momento del suicidio, via via il discorso si allarga ad una riflessione sulla vita e sulla morte, in cui ogni persona aggiunge un proprio tassello, un piccolo elemento che ovviamente non risolve il quadro, ma che trasmette una enorme empatia verso l’uomo di cui si prova a dare conto. Ne emerge un umanesimo condiviso, una forte ‘pietas’ che fa sentire tutti vicini l’uno all’altro, stretti come in un’unica grande famiglia allargata.
Dai frammenti dei ricordi delle persone interpellate da Guerín si compone un quadro della personalità dell’uomo. Ciò che si comprende è che le persone ricordano tutto. Quella che crediamo possa essere una convivenza anonima in una grande città, in cui poco si parla con i vicini di casa, in realtà è una conoscenza fatta di prossimità, di ascolto e osservazione dell’altro. È molto interessante quel che dice una madre italiana, anch’essa, come il regista, con le finestre della propria casa che affacciano sull’appartamento dove viveva l’anonimo musicista e traduttore: «Conosco tutte le abitudini di chi vive di fronte a me. Quando si alzano, quando mangiano, ma non conosco il loro nome, ma se li incontro per strada evito di salutarli». Tutti hanno un ricordo molto forte del violinista e traduttore, pur se quasi nessuno lo conoscesse davvero né tantomeno ci avesse mai scambiato anche solo una parola. Però tutti ricordano quel giorno, il 21 gennaio 2008 alle 2:30 del pomeriggio, quando il corpo dell’uomo precipitò fra una fontana e l’ingresso del bar ristorante Teurel. Il palazzo in questione, situato in una zona centrale di Barcellona, nell’incrocio fra la Gran Vía Corts Catalanes e la Carrer de Girona, è popolato da musicisti – come lo stesso in cui vive Guerín – dunque non era per niente insolito sentire qualcuno strimpellare un qualche strumento. Ma tutti ricordano le note di quell’uomo, ripetute ed insistite. Le immagini che aprono “Memories of a Morning”, girate per gioco dallo stesso regista, ritraggono proprio l’uomo intento a suonare, e riverberano per tutto il film la loro forza (fantasmatica). Antiquari, musicisti, mamme, papà, nonni, bambini, proprietari di ristoranti, parrucchieri, pensionati, vicini di casa, tutti hanno un ricordo, tutti un’impressione, una considerazione su quanto accaduto. Ed ogni frammento emoziona profondamente.
Poi ci sono delle bellissime immagini di un sassofonista jazz alternate e sovrapposte a vedute dalla sua finestra, riflesse nel vetro; c’è un bellissimo uso degli specchi, dei vetri, delle superfici trasparenti e riflettenti.
Il film infine giunge nella casa dell’uomo, che i proprietari hanno lasciata intatta dal tragico giorno. Vediamo i suoi libri, scarabocchi, partiture musicali, anche un film in cui Chaplin suona il violino, c’è un volume ancora aperto de ‘I dolori del giovane Werther’, al quale l’uomo stava lavorando per una traduzione. Ma c’è soprattutto ‘Contre Sainte-Beuve’ opera incompiuta di Marcel Proust, abbandonata dallo scrittore per la ‘Recherche’, edita in Spagna con il sottotitolo di ‘Recuerdos de una mañana’.
Il mediometraggio diretto da José Luis Guerín nasce all’interno del ‘Jeonju Digital Project’, un progetto avviato nel 2000 dal Jeonju International Film Festival (Corea dal Sud) che ogni anno affida a tre cineasti la realizzazione di un cortometraggio in digitale. Nel 2011 i registi coinvolti, oltre a Guerín, sono stati Claire Danies e Jean-Marie Straub.
“Memories of a Morning” è la ‘cosa’ più bella che abbia visto a Locarno 64, ed una delle migliori che i miei occhi abbiano mai incontrato.
AG
Memories of a Morning (Recuerdos de una mañana)
Regia, fotografia: José Luis Guerín • Montaggio: Pablo Gil Rituerto • Musiche: Johann Sebastian Bach, Johannes Brahms • Suono: Marisol Nievas, Martin Ortega, Amanda Villavieja • Produzione: Jeonju International Film Festival, Seoul • Lingua: Spagnolo • Paese: Corea del Sud • Anno: 2011 • Durata: 47’
José Luis Guerín (Barcellona, 1960). Fra il 1975 ed il 1982 ha realizzato un gran numero di opere in Super 8 e 16mm, corti e mediometraggi. Dirige il suo primo film, “Los motivos de Berta”, nel 1983, seguito da “En construcción” (2001, Goya per il miglior documentario) e dal dittico “En la ciudad de Sylvia” (2007, selezionato a Venezia) e “Unas fotos en la ciudad de Sylvia” (2007). Nello stesso anno, alla 52a Biennale di Venezia presenta l’installazione video “Las mujeres que no conocemos”, che ispirerà altri lavori con immagini in movimento, tra cui “The Lady of Corinth” (2010). Nel 2010, a Venezia, ha presentato il documentario “Guest”.
Il presente articolo è stato pubblicato in Rapporto Confidenziale numero 35, speciale Locarno 64 – p.82-83