Erica Blanc: Una vacanza estrema > Valentina Di Iorio

Quella di Enrica Bianchi, alias Erica o Erika Blanc, è una presenza costante sul grande o piccolo schermo da poco meno di 50 anni e 100 titoli.
Dallo spionistico italiano alla commedia, dal western al giallo, dall’horror al gotico (un titolo per tutti: “Operazione paura” di Mario Bava), non c’è genere che Erica non abbia attraversato lasciando un segno indelebile nella memoria degli spettatori di mezzo mondo. Tuttora molto attiva, il suo è un volto familiare a tutti, anche a coloro che non riescono ad associarvi immediatamente un nome, grazie a Avati, Ozpetek, Castellitto, registi dei suoi ruoli più recenti. Una donna estremamente simpatica e comunicativa che ama il pubblico ricambiata come poche altre, come era impossibile non notare nel corso della presentazione dei due corti al Busto Arsizio Film Festival un mese fa. Un’attrice nel verso senso della parola, che dal teatro al piccolo e grande schermo, non si è risparmiata. Un’interprete generosa capace di partecipare con passione all’opera prima di un giovane regista, come è accaduto per “La visita”, cortometraggio di diploma di Marco Bolla il cui personaggio principale è stato scritto – dallo stesso regista con il compagno di corso Matteo Contin – pensando espressamente a lei. Ed è proprio in quella occasione di lavoro che a Contin e Valentina Di Iorio, che in quella occasione lavorava come aiuto regista, viene in mente di realizzare un documento su di lei. Non un documento sulla sua filmografia – ce ne sono molti in circolazione, alcuni molto interessanti, la maggior parte incapace di rendere la sua poliedricità – bensì un ritratto personale, in cui a emergere sia lei come donna e attrice indipendente da chi l’ha diretta e dalla ricca aneddotica sulla sua carriera.
Cio che ne risulta è una fotografia fedele di una donna curiosa, generosa e interessante, che tiene le numerose testimonianze della sua carriera – foto, locandine articoli di giornale – in sacchi della spazzatura, non per disprezzo o noncuranza ma perché la vita è comunque altrove.
Valentina Di Iorio e Matteo Contin compongono dunque uno dei pochissimi ritratti personali di Erica Blanc, un piccolo tributo d’amore e rispetto che ce la restituisce nel suo aspetto più intimo, quello che si intuisce tra un ruolo e l’altro.

Roberto Rippa

Intervista a Matteo Contin

Roberto Rippa: Erika Blanc è protagonista de “La visita”, un cortometraggio del 2011 di Marco Bolla da te scritto con il regista. Da dove nasce questa scelta?

Matteo Contin: La prima volta che ci siamo incontrati per scrivere la sceneggiatura, Marco mi ha detto chiaramente che avrei dovuto scrivere il personaggio pensando a Erika Blanc. All’inizio è stato un semplice suggerimento, una suggestione del regista per aiutarmi ad inquadrare il personaggio. Una volta chiusa la sceneggiatura, mi ha detto che avrebbe provato a contattarla e a convincerla a recitare nel corto.

RR: Qual è stata la sua reazione alla richiesta di recitare nel vostro corto?

MC: Si è incuriosita della storia e poi, una volta letta la sceneggiatura, ha accettato di partecipare. All’inizio ero spaventato dall’idea che rifiutasse la parte, soprattutto perchè il regista mi aveva fatto capire che senza di lei il cortometraggio non l’avrebbe girato.

RR: Com’è stato lavorare con lei in quella occasione?

MC: Non ero presente sul set durante i giorni di ripresa, quindi posso raccontarti solo il lavoro che c’è stato prima delle riprese. Subito dopo aver accettato, Erika Blanc ci ha chiesto di andare da lei per una lettura del copione, a cui si è approcciata con grande umiltà, chiedendoci chiarimenti sul personaggio, sulla trama e sull’aspetto che volevamo dare alla storia. La cosa che più mi ha fatto piacere è stato vedere con che facilità è entrata in contatto con la sceneggiatura, cogliendone non solo gli aspetti drammatici, ma apprezzando anche il sottotesto ironico, che non salta subito all’occhio.

RR: Immagino che l’idea per “Una vacanza estrema” sia venuta a te e Valentina Di Iorio, la regista, lavorando con lei in quella occasione, giusto? Oppure era precedente?

MC: L’idea è venuta a Valentina che era aiuto-regista sul set de “La visita”. Durante i giorni di lavorazione è stata molto con Erika Blanc ed è nato un bel rapporto di amicizia. Avendo entrambi passato del tempo insieme a lei, ci è venuto naturale pensare ad un ritratto che tentasse un racconto di Erika Blanc diverso dal solito. Ci piaceva l’idea di raccontare di più la persona che non l’attrice. O meglio, raccontare l’attrice passando attraverso la persona.

RR: Qual è stata la sua reazione di fronte alla proposta di un lavoro biografico come il vostro?

MC: Pur accettando subito senza grossi problemi, aveva una sola grande preoccupazione: quella di dire delle sciocchezze. Sapeva che non le avremmo chiesto dei suoi film, quindi la cosa forse la intimoriva.

RR: Infatti, in “Una vacanza estrema”, Erika Blanc parla soprattutto di sé, del suo privato e delle sue esperienze tra teatro e cinema senza entrare nel dettaglio di una carriera non distante dai 50 anni di durata. Voi stessi lo definite come “un ritratto in sottrazione” in cui vengono trascurate biografia e mera anedottica in favore di un punto di vista più intimo (e inedito). È stata una scelta sin dall’inizio?

MC: Di interviste a Erika Blanc ce ne sono a centinaia. Basta fare una ricerca su Google o su youtube per imbattersi in un sacco di materiale interessante. Materiale che si ferma sempre all’aneddoto, al racconto del set. Volevamo fare una cosa diversa. E’ stata una scelta molto istintiva, dettata soprattutto dal rapporto umano che si è venuto a creare con lei.

RR: “Una vacanza estrema” è stato realizzato a casa dell’attrice, alla presenza dei suoi amatissimi cani, onnipresenti nelle inquadrature. È stato difficile l’approccio con lei dal vostro particolare punto di vista, considerando che lei è abituata a parlare pubblicamente del suo lavoro ma, in fondo, molto meno del suo privato?

MC: Eravamo una piccola troupe e l’atmosfera era molto intima. Più che un’intervista è stata una chiacchierata ed eravamo a nostro agio da entrambe le parti. Non le abbiamo mai fatto domande dirette sulla sua vita privata, le abbiamo solo proposto dei temi e poi abbiamo raccolto quello che lei ci ha raccontato, senza però sapere dove saremmo finiti.

RR: Lei è un’attrice con poco meno di 100 film alle spalle, tra cinema di genere (dal western all’erotico, dal giallo all’horror gotico, di cui è una vera e propria icona) e autoriale, ed è notissima in mezzo mondo. Qual è stato il suo rapporto con voi, registi e autori alle prime esperienze?

MC: Erika Blanc è una donna e un’attrice di grande generosità, e come tale si è comportata sia durante il documentario che durante il cortometraggio. Non si è mai risparmiata ed è stata anche propositiva, come ad esempio nella scena del baule di fotografie di “Una vacanza estrema”. La prima volta che ci siamo incontrati, ci aveva mostrato questo enorme baule pieno di fotografie e ci piaceva l’idea di metterlo nel documentario come filo conduttore dell’intervista. Le abbiamo proposto di svuotare il baule nel suo giardino, gettando le fotografie al vento. Non solo lei si è dimostrata entusiasta e divertita dall’idea, ma a un certo punto ha preso una delle fotografie e, guardando in camera, l’ha accartocciata e buttata via. Sul set eravamo tutti emozionati, anche lei era quasi stupita della cosa, come se il gesto le fosse uscito in maniera istintiva, poco ragionata. Questa sequenza è stata uno dei regali più belli che ci ha fatto.

RR: Sia “La visita” che “Una vacanza estrema” sono stati presentati insieme al Busto Arsizio Film Festival. Che vita pensi avrà il vostro ritratto ora che le loro strade si divideranno?

MC: Questo è un lavoro difficile da presentare ai festival perchè la sua impostazione da video-ritratto è poco narrativa in senso stretto. Anche con “ABSigne” abbiamo avuto gli stessi problemi. Mi piacerebbe che il documentario venisse visto in qualche retrospettiva dedicata ad Erika Blanc, che sia organizzata da qualche festival o da qualche cineclub. Poi proveremo sicuramente a proporlo in Italia e all’estero come contenuto extra per dvd.

RR: Quanto è durata la lavorazione e, soprattutto, qual è stato preventivamente il tuo lavoro di autore?

MC: La lavorazione del documentario è stata di circa sei mesi, tra scrittura, riprese, montaggio e post-produzione. In questo caso il lavoro di documentazione non è stato complesso, anche perchè quasi tutto si basava sulle nostre esperienze dirette con l’attrice. Quindi, una volta deciso con la regista lo stile e il tono della narrazione, il tutto è passato in mano alle persone che hanno effettivamente realizzato il documentario, da Giorgia Cattorini che ha colto i particolari di quell’ambiente, a Stefano Mesiano che ha curato la fonica, restituendo i suoni dell’ambiente in maniera naturale. Marco Luoni, operatore e montatore, è stato fondamentale per restituire col montaggio quell’atmosfera accogliente, attraverso un gioco di split-screen insolitamente rilassanti.

RR: In “Una vacanza estrema” non si parla degli uomini della sua vita: il regista Bruno Gaburro, suo marito quando era giovanissima, e il suo compagno Alberto Lionello, con cui ha anche condiviso le scene teatrali per lunghi anni. È stata una sua scelta o fa sempre parte della scelta di eliminare la biografia in favore di altri elementi narrativi personali?

MC: Avendo solo quindici minuti per raccontare Erika Blanc, abbiamo dovuto mirare all’essenziale, per cui sì, la scelta di non farla parlare direttamente della sua biografia è stata una scelta nostra. Non penso che lei avrebbe avuto problemi a farlo (tant’è che durante i nostri incontri più volte ci ha raccontato anche le sue vicende personali), ma non avremmo avuto lo spazio fisico per affrontare anche la biografia. Diciamo che il nostro documentario è un concentrato. Abbiamo cercato di tenere solo la polpa e escludendo il superfluo.

RR: Lei è una persona decisamente estroversa, con un rapporto molto affettuoso e aperto con il pubblico, come ha dimostrato anche nel corso della presentazione al BAFF. Per questo immagino che per il ritratto che avete realizzato abbiate girato molto più di quanto poi avete montato. Su cosa è caduta prevalentemente la vostra scelta in fase di montaggio?

MC: Rispetto ad “ABSIgne”, il lavoro di montaggio è stato meno faticoso. Nonostante il materiale scartato non sia pochissimo, non abbiamo avuto grandi difficoltà nel decidere cosa tenere nel montaggio. Conoscendo il carattere estroverso di Erika Blanc e la sua predisposizione al racconto, durante l’intervista abbiamo cercato di tenerla nei binari di quello che volevamo raccontare, lasciandole comunque tutta la libertà e il tempo che voleva. Il lavoro sucessivo è stata un’asciugatura del tutto, cercando di arrivare al cuore di ogni sua risposta.

RR: Sempre nel corso della presentazione, l’attrice è apparsa come molto disponibile nei confronti di voi giovani ai primi passi nel cinema, tanto da dichiararsi sinceramente disponibile nel lavorare con i giovani diplomati della vostra scuola. Con voi come si è comportata, si è lasciata guidare docilmente o la sua lunga esperienza tendeva ad avere il sopravvento?

MC: Erika Blanc è una persona umile e ci ha sempre trattato come professionisti, con grande rispetto per il nostro lavoro. Si è dimostrata sempre propositiva e attenta, arrivando persino a metterci a disposizione il suo guardaroba per

RR: Tu, Matteo, sei un amante e conoscitore del cinema di genere lungamente frequentato da Erika. Quali sono i titoli da lei interpretati che ami di più?

MC: Amo due suoi film in maniera particolare: “Amore e morte nel giardino degli dei” di Sauro Scavolini e “La terrificante notte del demonio” di Jean Brismée. Sono due film piccoli, ma interessanti, soprattutto quello di Scavolini che è sostenuto da una bella sceneggiatura e da un’atmosfera straniante. Il film di Brismée vive quasi esclusivamente dell’interpretazione di Erika Blanc, ma proprio per questo mette bene in evidenza il suo carisma.

RR: Tu ti sei diplomato all’Istituto Cinematografico Michelangelo Antonioni di Busto Arsizio e spesso lavori con ex compagni di studi come Valentina Di Iorio, Marco Luoni, Daniele Salzarulo e Giorgia Cattorini (con cui avete realizzato “ABSigne – An Alphabetical Portrait of Signe Baumane”, visibile nella CINETECA di Rapporto Confidenziale). Avete intenzione di collaborare anche in futuro in questa forma o si è trattato di un caso legato al fatto che si è trattato in alcuni casi di lavori di diploma?

MC: Siamo un bel gruppo di lavoro e l’amicizia spesso ci aiuta a capirci al volo e a dirci le cose senza farci troppi problemi. Anche quando lavoriamo con ruoli ben distinti, ho sempre la sensazione che il prodotto finale sia il risultato di un lavoro di gruppo, perchè ognuno aggiunge qualcosa di suo a un’idea iniziale, che alla fine arriva trasformata e spesso migliorata. Sicuramente collaboreremo ancora insieme, a quali progetti però ancora non si sa.

RR: Tu non solo lavori come sceneggiatore ma scrivi racconti, poesie e ti occupi di critica cinematografica. Quando è nata la tua passione per la scrittura e che forma intendi darle in futuro?

MC: Penso di aver iniziato a scrivere solo perchè avevo giochi per il computer che mi annoiavano a morte, ma siccome avevo insistito per farmelo regalare, dovevo usarlo in qualche modo. Mi piace scrivere delle sceneggiature perchè sono stimolato da un’altra persona, che mi dà degli input e che insieme a me fa crescere la storia. Mi piace questo tipo di legame. Per i racconti e le poesie la questione è un pò diversa. Scrivo da solo quindi i tempi di gestazione sono solitamente più lunghi, anche perchè semplifico e banalizzo più che posso. Da qualche tempo sto scrivendo un monologo in cui Mike Bongiorno parla dall’interno della bara, difendendo la superficialità come unico modo per andare veramente in profondità. Mi piace la superficialità.

RR: Tu provieni da un piccolo centro del Nord Italia che, malgrado rappresenti un’eccezione a livello nazionale per densità di sale cinematografiche e cineclub, rimane comunque lontano dal centro del potere produttivo italiano. Conti di continuare a lavorare da lì?

MC: Il discorso è un po’ complesso. Per spiegare meglio, sarebbe bello se di fianco a questa intervista ce ne fosse un’altra in cui si fanno delle domande a Matteo Contin che di lavoro fa l’impiegato. Sinceramente non so se di lavoro riuscirei a fare quello che scrive. Penso che se il mio unico obiettivo nella giornata, fosse quello di scrivere una storia, rimarrei a letto tutto il giorno perchè tanto una storia la si può scrivere sempre, anche il giorno dopo. Sono una persona molto pigra e se posso rimandare all’infinito, lo faccio senza problemi. Avere qualcosa che mi costringe ad alzarmi dal letto mi obbliga ad attivarmi e, per evitare la noia, di solito penso a delle storie.
In fondo è solo una questione di pigrizia e di insicurezza. E di paura nel dovermi svegliare e scoprire che non so quale storia raccontare, ma siccome con quelle storie ci mangio, devo tirare fuori comunque qualcosa, che mi vada bene o no.

RR: Puoi condividere ciò che mi hai detto sui tuoi progetti futuri o è ancora prematuro?

MC: Per i progetti futuri tengo ancora tutto top secret per scaramanzia. Tra qualche settimana dovrei sapere su quale sceneggiatura dovrò lavorare per il cortometraggio cinese di cui ti parlavo.

9 maggio 2012

ERICA BLANC – UNA VACANZA ESTREMA
Italia, 2012 – 14 min.
Regia di Valentina Di Iorio
Scritto da Valentina Di Iorio e Matteo Contin
Montaggio di Marco Luoni
Operatori: Giorgia Cattorini e Marco Luoni
Fonico: Stefano Mesiano

 

Il terzo occhio, Mino Guerrini, 1966

Io, Emmanuelle, Cesare Canevari, 1969

La diligencia de los condenados (Prima ti perdono… poi t’ammazzo), Juan Bosch, 1970

La plus longue nuit du diable (La notte più lunga del diavolo), Jean Brismée, 1971

La notte che Evelyn uscì dalla tomba, Emilia P. Miraglia, 1971

La visita, Marco Bolla, 2011



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