L’ultimo pastore
regia di Marco Bonfanti (Italia/2012)
recensione a cura di Michele Salvezza
Prima di leggere questa recensione è bene sapere che lo scrivente ha restituito il cuore nei 7 sette giorni previsti dalla legge, ottenendo come rimborso una porzione suppletiva d’intelletto e che sposa la filosofia di Roberto Carlino «Non sogni ma solide realtà».
La retorica è negli occhi di chi guarda come del resto qualsiasi altra sensazione un film possa suscitare.
L’ultimo pastore è un film di una semplicità disarmante.
In tempi di crisi le scelte sono due: distruggere tutto esponendo le rovine o dare speranza, Harmony Korine o Frank Capra.
L’ultimo pastore è un film che dà speranza a chi non può farne a meno.
La cosa interessante è che lo fa senza volerlo.
Così si sente parlare di poesia, fiaba, beata illusione e purezza di spirito.
In realtà io credo che Renato Zucchelli sia uno determinato a fare ciò che desidera da sempre. Incidentalmente questo qualcosa è fare il pastore di pecore che poi manda al macello, per soldi.
I sogni costano.
La poesia è negli occhi di chi guarda.
È innegabile però l’oggettiva fascinazione del gregge di ovini in movimento tra le infrastrutture metropolitane. A tratti pare perdere la propria forma originaria fino ad astrarsi, offrendo immagini assai suggestive.
Il film ha una storia ben definita che fa da spina dorsale alla narrazione che procede per racconti e per immagini, svelando che quello che, a prima vista, sembra un freak è in realtà un imprenditore, con tanto di biglietto da visita e ufficio oltre che di villa alle porte di Milano. Ma la cosa che sorprende di più è che il Pastore, questo enorme e apparentemente bonario personaggio, ha una moglie e una famiglia. In particolare la moglie risulta essere un personaggio assai efficace oltre che il sostegno sia del film che del protagonista. La sua chiosa cupa e pessimistica sul futuro del figlio è la chiave per comprendere fino in fondo questa storia.
Questo è un film che comunque sembra nato per piacere alla gente. C’è chi ci vede la speranza, chi la necessità di recuperare il rapporto con la natura, chi la deriva del progresso e chi la perdita delle nostre origini, chi un eroe a cui ispirarsi e chi un sognatore. Ciclicamente è necessario che qualcuno ci ricordi che siamo irrimediabilmente finiti ma che la speranza è l’ultima a morire; ma muore.
Ovviamente i presenti non si sono mai immedesimati con il gregge.
Io devo fare un grosso sforzo per accordare speranza alla gente.
Ma allo stesso tempo mi devo arrendere di fronte al fatto che l’illudersi è umano così come sognare un mondo migliore nel momento stesso in cui si contribuisce a rendere peggiore quello in cui si vive.
L’ultimo pastore non è un documentario ma un film in piena regola. Il regista, dopo aver scoperto un personaggio reale lo dota di un sogno, le pecore a Piazza Duomo, e di una serie di dettagli tali da rendere la sua figura donchisciottesca con tanto di aiutante e cane immaginario. Il resto lo fanno gli spettatori. Lui si limita a mettere al posto giusto tutte le tessere del puzzle, senza mai complicare le cose, apponendo la musica giusta su immagini giustificate. La semplicità è cosa assai ardua da accettare ed è quindi un gran pregio.
C’è qualcosa di male a voler regalare alle persone una boccata d’aria di montagna? Direi di no e questo no mi costa molto dato che lo pronuncio stando in apnea costante.
Ho trovato assai gradevole l’apparente ingenuità della rappresentazione. L’autore ha il pregio di porsi sullo stesso piano del protagonista (e del pubblico) instaurando una comunicazione efficace e una resa massima del potenziale della storia narrata.
L’ultimo pastore lascia anche spazio a letture più profonde. Naviga sul pelo dell’acqua lasciando squarci aperti nei quali chi lo desidera può addentrarsi per raggiungere i livelli più profondi.
Nota di merito per Piero, il folle aiutante del Pastore.
Chiudo con le note dolenti. Il film perde di ritmo nella seconda parte, quando la presentazione del personaggio è ormai conclusa e la narrazione ristagna in attesa della scena finale, la realizzazione del sogno. Alcune scene risultano poco naturali rispetto al resto e mi riferisco in particolar modo a quelle con protagonisti i bambini. Anche la scena della macelleria mi è parsa un po’ forzata ma solo nella realizzazione poiché la ritengo essenziale nell’economia della storia.
L’ultimo pastore trovo sia un film gradevole, ancor più perché opera prima.
Posta l’impossibilità di un Cinema Vero, direi che chi percorre i sentieri del documentario di finzione(forse attualmente l’unica forma efficace per narrare il presente) dovrebbe aspirare ad un Cinema involontario, che si facesse involontariamente, alle spalle dell’autore a tal punto da sorprenderlo e a maggior ragione gli spettatori. E’ ambizione alta, riuscita a pochi. L’involontarietà metterebbe a riparo dalla poca naturalezza che scaturisce da un eccesso di messinscena e allo stesso tempo costringerebbe chi filma prima e chi guarda poi ad aspettarsi il peggio o il meglio. •
Michele Salvezza
L’ultimo pastore
Regia, soggetto, sceneggiatura: Marco Bonfanti
Fotografia: Michele D’Attanasio
Montaggio: Valentina Andreoli, Claudio Cormio (Collaborazione), Giulia Pattono (Assistente), Maria Chiara Piccolo (Assistente)
Musiche: Danilo Caposeno
Suono: Claudio Bagni (Presa Diretta), Andrea Bellavista (Microfonista), Giancarlo Rutigliano (Montaggio), Stefano Costantini (Montaggio)
Effetti: Andrea Maguolo
Aiuto regista: Marco Bartolomucci
Produttore: Franco Bocca Gelsi, Anna Godano, Marco Bonfanti
Operatore: Marco Ferri
Operatore "b cam": Giuseppe Maio, Andrea Grasselli
Color Correction: Andrea Maguolo
Organizzatore Generale: Anna Godano
Segretaria di Edizione: Lisa Castagna, Carla Marcialis, Giada Mazzoleni
Segretaria di Produzione: Micol Lupi
Produttore esecutivo: Franco Bocca Gelsi
Con: Renato Zucchelli, Piero Lombardi, Lucia Zucchelli, Partrizia Frisoli, Hedy Krissane, Barbara Sorrentini (Voce)
Produzione: Cooperativa Gagarin, Zagora
Formato: HD
Paese: Italia
Anno: 2012
Durata: 76′