È un musical post-mortem, La leggenda di Kaspar Hauser.
Un musical muto, senza parole.
Quelle che ci sono, comunque troppe, sono inutili. Siamo al telefono senza fili.
Voglio diventare un cavaliere, come mio padre.
Voglio diventare il cavallo di mio padre.
Voglio diventare un cavallo.
Ma un somaro diventa, Kaspar Hauser. Sorretto esanime da una carriola. Orecchie posticce utili solo a sentir meglio la musica. Niente altro conta.
La sua inettitudine è il segno del suo essere oltre se stesso.
Somaro come frate asino, al quale se avessero regalato una mela metà verde e metà rossa, per metà avvelenata, lui che aveva le mani di burro, l’avrebbe perduta di mano. Lui non poteva perdersi o salvarsi, perché senza intenzione, inetto.
Però poteva imparare a suonare.
Nel deserto post moderno popolato da presenze fin troppo presenti a se stesse, l’unica salvezza è la perdizione. Perdere tutto, fino a trovare se stessi. Solo se stessi. Ma a quel punto si va.
L’armonia primordiale, la musica capace di richiamare gli extra terrestri in modo che ci riportino a casa.
Unknown Filmed Objects
In queste derive non esiste plagio, non esiste citazione e neppure omaggio.
Si prendono i residui di una storia vera, di un film già fatto, i caschi dei Daft Punk, i freaks di Ciprì e Maresco, l’asino di Gesù Cristo prima e di Garrel poi che porta la vergine sacrificale, si fa partire la base e ci si limita a guardare, semmai a ballare.
Manuli avrebbe la forza di affondare il colpo ma deve forse lui stesso ancora liberarsi di qualcosa. Egli dice: «Purtroppo non sono ancora arrivato al punto desiderato, e cioè quello nel quale le mie immagini non possono prescindere dalla musica, in modo totale. Per mille problemi legati alle vendite dei lavori e ai costi delle lavorazioni delle mie colonne sonore ci sono ancora troppi spazi senza musica».
Davide, le tue immagini non potranno prescindere dalla musica quando tu potrai prescindere dal pensare ad una destinazione d’uso per loro. Cercare un senso parlando del non-senso che senso ha?
L’eccessiva verbosità dei personaggi, logorroici iceberg alla deriva, portano alla emersione del loro genotipo. La parola moltiplicata e mortificata perde significato ma arranca in chi ancora non si è perso, mentre diventa mantra nei dispersi.
Io sono Kaspar Hauser
Io sono Kaspar Hauser
Io sono Kaspar Hauser
Io sono
Io suono
La Leggenda di Kaspar Hauser non è un film rivoluzionario ma piuttosto un atto liberatorio.
In Italia è un caso più unico che raro ritrovarsi di fronte ad un film commerciale in grado di spingersi tanto in prossimità dei confini. Lo fa con l’aiuto di Vitalic e Gallo, ambasciatori planetari in grado si spalancare degli autentici portoni; ma lo fa anche grazie al talento e alla capacità di far casino di Davide Manuli.
Se solo in Italia esistesse qualcuno in grado di cogliere il potenziale economico di questo film!
Il Cinema va verso la musica e viceversa, il pubblico si mescola, si moltiplica e si contamina.
Altro che minuscole sale d’essai! Qui si potrebbe conquistare San Siro, con tanti saluti a Vasco Rossi.
Merita una menzione speciale Kaspar Hauser, una notevole Silvia Calderoni, ripescata e rintronata, che avrebbe tutto da imparare se solo ci fosse qualcosa che valesse la pensa d’imparare; a parte il saper mettere dischi, ovviamente!
O sant’asinità, sant’ignoranza,
santa stoltezza e pia devozione,
qual sola puoi far l’anime si buone
che umano ingegno e studio non l’avanza.
Non giunge faticosa vigilanza
d’arte qualunque sia o invenzione,
né dei sapienti contemplazione,
al ciel dove ti edifichi la stanza.
Che vi val (curiosi) lo studiare,
voler sapere quel che fa la natura,
se gli astri son pur terra, fuoco e mare?
La santa asinità di ciò non cura,
ma con man giunte e in ginocchio vuol stare
aspettando da Dio la sua ventura.
Nessuna cosa dura
eccetto il frutto dell’eterna requie,
la qual ci dona Dio dopo le esequie
– Giordano Bruno
La leggenda di Kaspar Hauser
Regia, sceneggiatura: Davide Manuli • Fotografia: Tarek Ben Abdallah • Montaggio: Rossella Mocci • Musiche: Vitalic • Suono: Francesco Liotard • Aiuto operatore: Valerio Coccoli • Costumi: Ginevra Polverelli • 3D: Riccardo Marchesini • Effetti visivi: Fulvio Sturniolo • Composizione digitale: Elisa Tiziani • Produttori: Alessandro Bonifazi, Bruno Tribbioli, Davide Manuli • Interpreti: Vincent Gallo (Pusher/Sceriffo), Silvia Calderoni (Kaspar), Claudia Gerini (Granduchessa), Fabrizio Gifuni, Elisa Sednaoui • Produzione: Blue Film, Shooting Hope Productions con il contributo del MiBAC e della Regione Sardegna • Distributore: Iris Film Distribution • Data di uscita: 13/06/2013 • Suono: Dolby Digital • Formato: 35mm (bianco e nero) • Rapporto: 1.85 • Paese: Italia • Anno: 2012 • Durata: 95′
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Sempre su RC, sempre a proposito dello stesso film… |