Domandarsi cosa sia il neorealismo è domandarsi cosa sia il cinema ed è nelle differenze con altro da sé che è possibile rintracciare i possibili significati di significanti. Negli scarti differenziali tra cose cogliamo i loro tratti distintivi e così, leggendo in maniera comparata un medesimo testo filmico montato in due maniere differenti ne cogliamo gli approcci al cinema dei due realizzatori e, pure, considerazioni generali sul linguaggio cinematografico.
È proprio per quest’ordine di motivi che What is neorelism? mi pare una breve video lezione decisamente interessante, non tanto per cogliere il significato della poetica neorealista (il titolo è dunque piuttosto fuorviante e un po’ malandrino), quanto per provare ad afferrare la complessità dei concetti di taglio (montaggio) e sequenza (shot) e la loro irriducibile arbitrarietà. Non a caso il video saggio pubblicato da «Sight & Sound» nel maggio 2013 è accompagnato da una citazione godardiana che ne esplicita il reale focus: «The only great problem of cinema seems to be more and more, with each film, when and why to start a shot and when and why to end it». Dove incominciare e dove finire un’inquadratura, dove e perché concluderla… Domande non facilmente comprensibili a meno di trovarsi a dirigere o montare un film o provare a ragionare sopra ai film come sopra a qualcosa di totalmente artefatto. Perché la realtà non esiste fino a che non la osserviamo e osservandola ne diveniamo parte. La realtà di un set cinematografico, pur essendo il massimo della finzione possibile, è una struttura che per essere descritta necessità di un punto di vista e da questo se ne ricavano quegli elementi che andranno a costituire il materiale che entrerà nella fase di montaggio; un’inquadratura è sempre e comunque frutto di una scelta, lo è nelle coordinate spaziali e in quelle temporale. Se dalla sceneggiatura sappiamo che in un esterno giorno un uomo di avvicina alla porta di ingresso di una casa, si sofferma un attimo e poi suona il campanello, ciò non ci fornirà alcuna informazione su quelle che saranno le scelte di ripresa, sui possibili tagli e sulla durata dell’intera sequenza. Ogni scelta registica, durante le riprese e nella successiva fase di montaggio, è arbitraria e frutto di una di una sensibilità e di una poetica, più o meno consapevoli, che si strutturano con più o meno coerenza nello sviluppo drammatico di un testo filmico.
Il caso illustrato e indagato è decisamente intrigante: un soggetto e una sceneggiatura vengono diretti da un regista e montati secondo le sue indicazioni; successivamente il medesimo materiale viene rimontato (con 13 minuti in meno) e distribuito con altro titolo: Indiscretion of an American Wife. A confronto sul testo filmico due modi opposti, ma altrettanto eccellenti, di concepire il cinema. Da una parte abbiamo i giganti Vittorio De Sica e Cesare Zavattini, dall’altra il leggendario produttore hollywoodiano David O. Selznick (produsse Via col vento e poi tutto l’Hitchcock più celebre e celebrato). Da una parte il neorealismo, dall’altra l’epoca classica di Hollywood. Niente potrebbe essere più distante… Il film in questione è Stazione Termini, anno 1953, diretto da Vittorio De Sica da un soggetto di Cesare Zavattini e prodotto dallo stesso De Sica con dollari hollywoodiani by David O. Selznick (Columbia Pictures). Stazione Termini nasce dal successo mondiale di Sciuscià (1946) e Ladri di biciclette (1948) e dal conseguente interessamento degli studios per questo nuovo cinema realista prodotto in Italia, dalla voglia di un produttore astuto come Selznick di dar vita a un’opera che fondesse queste due dimensioni così distanti in una sintesi che sfruttasse location realiste, la stazione ferroviaria romana, e al contempo potesse fare affidamento su due degli attori più in vista dello star system dell’epoca quali Jennifer Jones e Montgomery Clift (il cast comprende anche molti eccellenti italiani: su tutti: Gino Cervi e Paolo Stoppa); ma nasce pure (e soprattutto) dalle difficoltà economiche alle quali fu esposto Vittorio De Sica dopo Umberto D. (1952) e dal clima di aperta ostilità che il suo cinema incontrò in patria.
Dall’insoddisfazione di Selznick per il film concluso da De Sica nacque Indiscretion of an American Wife.
Quel che What is neorelism? evidenzia sono le differenti scelte di montaggio che i due testi presentano; per Selznick un lungometraggio è subordinato alla centralità dell’attore e dell’attrice principale (il fatto che la protagonista, Jennifer Jones, sia a quel tempo sua moglie pare abbia influito pesantemente sulla sua scelta di concepire una nuova versione), dunque tutto ciò che è superfluo a questa visione deve essere eliminato. I tagli della versione hollywoodiana coincidono con una delle peculiarità del duo De Sica – Zavattini, e del neorealismo, ovvero la volontà di portare davanti alla macchina da presa scorci di realtà (o, per essere più precisi, della sua rappresentazione).
Il saggio What is neorelism? non fa luce sull’essenza del neorealismo ma sulla potenza del montaggio e della messa in scena cinematografica, evidenzia la grandiosità di uno sguardo come quello di De Sica, in grado di contenere nei chilometri di pellicola impressa più di un’unica dimensione narrativa e mette in luce come sia possibile giungere a due risultati differenti dal medesimo materiale. Cos’è il montaggio?: questo potrebbe essere il titolo più calzante del video saggio by kogonada (su Rapporto Confidenziale abbia pubblicato un altro suo lavoro: Eyes of Hitchcock).
Nel mondo del cinema ci sarà sempre qualcuno pronto a imporre un canone prescrittivo: un direttore di produzione o il produttore stesso, qualche insegnante o critico pedanti ma la realtà dei fatti è che, al cinema, non esistono regole, tutto può essere infranto e combinato in qualsiasi maniera, quello che conta, la sola cosa che conta, è che il regista abbia in testa cosa va cercando, cosa intende fare con quelle immagini e quei suoni, e solo le sue regole di stile e coerenza interna saranno le prescrizioni alle quali il film dovrà dare conto. Un film può funzionare anche se fa cose che solitamente non si fanno e quando queste danno vita a un risultato solido saranno le regole infrante ad evolversi. L’eccentricità diverrà norma, e i produttori chiederanno ai nuovi registi di attenersi a quelle stesse regole per le quali il regista dovette battersi. Diffidare delle regole è la sola regola che al cinema conta. Lo sapeva Vittorio De Sica e lo sapeva pure David O. Selznick. [AG]
What is neorealism?
by kogonada
musica: Alva Noto e Ryuichi Sakamoto, “Morning” from “Insen” (Released by Asphodel)
anno: 2013