“È un documentario sulla natura!”. Intervista a Valentina Nappi e Monica Stambrini a proposito di “ISVN – Io sono Valentina Nappi”

Pubblichiamo una lunga chiacchierata, a cura di Chiara Zanini, con Valentina Nappi e Monica Stambrini a proposito di ISVN – Io sono Valentina Nappi: film del 2018 diretto da Monica Stambrini e interpretato da Valentina Nappi.

Chiara Zanini: Vorrei partire dal fatto che ISVN non è propriamente un documentario, perché quello che vediamo è stato in parte concordato. Come mai avete scelto comunque di non fare un altro lavoro di finzione dopo Queen Kong?

Monica Stambrini: Il titolo è fuorviante perché ISVN fa pensare ad un documentario su Valentina Nappi, ma non vuole essere un documentario: vuole essere un film basato sull’improvvisazione. Ci sono delle linee guida, poi il resto è improvvisato. Non c’è un testo scritto, non ci sono delle battute scritte. Loro [Valentina Nappi e Lorenzo Branca] vanno a braccio, non hanno avuto indicazioni, non ho mai fermato o interrotto l’azione, però la situazione è stata creata. In questo senso non è un documentario e non è neanche un film di finzione.

Valentina Nappi: È un documentario sulla natura!

MS: Esatto! Però ad esempio il sesso era totalmente spontaneo. Forse la parte sessuale potrebbe essere più documentaristica, anche se ovviamente dal momento in cui loro sanno di essere ripresi…

VN: In quel contesto, poi…

MS: Esatto, in quel contesto. Non è neanche più un documentario, perché allora dovrei avere talmente tanto footage di scene di sesso.

VN: Dovresti spiare, tipo safari con i leoni.

MS: Esatto. Jean Rouch diceva infatti che nei documentari antropologici dal momento in cui tu metti la macchina da presa non è già più realité. [Jean Rouch è stato un antropologo e regista francese, morto nel 2004, che ha lavorato a lungo in Africa dando origine a quello che lui stesso chiamò cinéma vérité, e che influenzò i registi della Nouvelle Vague ed altri; NdR].

VN: Di recente sto girando un sacco di amatoriale dove non c’è un cameraman. Ci passiamo la camera, o è sul cavalletto, e la relazione, come il sesso, diventa completamente diverso rispetto a quello che si può fare in questo contesto su un set porno tradizionale.

MS: Perché ti devi spostare?

VN: E cambia anche se l’attore ha idea di produrre un video o ha più l’idea di “Ok, vabbè dai, fammi scopare, però riprendiamo” oppure se è effettivamente interessato alla produzione del video. Il sesso cambia completamente.

CZ: E anche la destinazione?

VN: No, la destinazione, almeno per ora, è sempre la stessa, tutti i video che sto facendo finiscono su OnlyFans [un servizio di social media che permette a chi desidera seguire determinati account – pagando pochi dollari ogni mese per ogni autore – di vedere contenuti caricati dagli autori stessi, i quali ne ottengono un guadagno e possono essere contattati dai fans; NdR]. Oggi è molto facile distribuire porno on line, ci sono tante opzioni, OnlyFans è una di queste. Va fortissimo anche Snapchat. Ci sono un sacco di attrici che fanno pagare mensilmente i fans per usare Snapchat [Applicazione multimediale per smatphone e table che consente di inviare contenuti multimediali visibili solamente per 24 ore; NdR].

 

 

CZ: Mi sembra che i video su Snapchat abbiano una durata limitata…

VN: Sì. Però permette di non andare su un sito porno. Le App porno ormai non ci sono più. [Scegliendo Snapchat] non vai su un sito porno ma su un’App che già hai e non hai il problema della cronologia nel caso della moglie gelosa, se sei controllato in un modo o nell’altro.

MS: E come fai a pagare su Snapchat?

VN: Ci sono delle piattaforme dedicate al pagamento, che è sempre un problema, perché è esterno. Se hai qualcuno che ti controlla la carta di credito ti chiederà “Ma che hai comprato?”.

CZ: Dici che come App viene preferita per questo motivo? Ad un corso mi era stato spiegato che viene scelta perché i video scompaiono… Ad esempio i giornalisti che si occupano di rifugiati… Ha scelto Snapchat anche The Guardian, perché permetteva di ottenere dichiarazioni anche potendo riprendere le persone in video… Così la Polizia che vorrebbe fare il riconoscimento facciale non avrebbe potuto farlo per questione di tempo…

VN: Non sono informata.

CZ: Forse persone che come te lavorano nel porno ma non hanno la tua stessa volontà di essere una figura pubblica e…

VN: No, sto parlando di colleghi che girano per Brazzers [casa di produzione pornografica che gira prevalentemente con professionisti negli Stati Uniti; NdR], per produzioni famose, quindi ci mettono la faccia e anche tutto il resto del corpo. È l’utenza che preferisce quel tipo di contenuto.

MS: Forse è l’idea che sei più “privato”.

CZ: Ho partecipato alle conferenze sui Porn Studies al FilmForum/MAGIS Spring School di Gorizia e…

VN: Ne ho sentito parlare, ma non mi sono mai messa lì…

MS: Ho conosciuto Giovanna Maina, aveva fatto una presentazione di dieci minuti a Il tempo delle donne ripercorrendo la storia del porno dagli anni Sessanta ad oggi [Giovanna Maina è docente presso l’Università degli Studi di Sassari. Autrice di diversi studi, tra cui Il porno espanso. Dal cinema ai nuovi media (Mimesis 2011). Con Corpi che si sfogliano. Cinema, generi e sessualità su «Cinesex» (1969-1974) (ETS, 2018) ha recentemente vinto il Premio Limina come miglior libro italiano di studi sul cinema; NdR].

CZ: È un segnale che anche nelle nostre università qualcosa si sta aprendo.

MS: Sì.

CZ: Tutti loro [gli studiosi italiani di porn studies] hanno iniziato dagli studi “tradizionali” di cinema. C’è una parte di accademia che li accoglie.

MS: Molto poca.

VN: Però secondo me la partita non si gioca nemmeno più sulla pornografia: il problema è sul sesso e sull’amore. Oggi come oggi anche sul femminismo. Perché possiamo anche sdoganare la pornografia, ma resta il modo in cui la pornografia viene fatta. Ad esempio, la storia delle Ragazze del porno: per il fatto di chiamarsi “Ragazze” sono riuscite ad avere l’intervista su Repubblica con la condivisione del video. Però se finiamo per fare un porno che riconferma il sesso nel modo in cui viene vissuto nella nostra società, se non rompiamo le scatole in nessun modo, alla fine non è nemmeno più porno, non stiamo facendo nulla di diverso.

CZ: Non ho capito bene.

VN: È più complicato di così. Quello che intendo dire è che quello che veramente oggi dà fastidio… in realtà no, perché ancora abbiamo problemi di distribuzione… ISVN avremmo voluto proiettarlo nelle sale e non è stato possibile, non abbiamo potuto fare una distribuzione tradizionale, però penso che ormai nessuno più venga offeso da un’immagine di due che scopano, almeno penso che tra i giovani questo tabù sia stato superato. È più lo stigma del comprare porno, cioè l’idea che se compri porno sei sfigato… Ha a che fare più con il valore del sesso e con il mercato del sesso, e non intendo la prostituzione, intendo quanto sesso hai e quanto sesso puoi dare, ed è sempre sbilanciato sulle donne: sono le donne che hanno il potere nel sesso nella nostra società, che decidono quando e come si tromba. Quindi se la pornografia scardina quel concetto che ha a che fare con la riproduzione e con il mercato del sesso, allora è pornografia, altrimenti non è neanche più pornografia. Devo mandarti un po’ di cose.

CZ: Non ho capito come ci siamo arrivate partendo dai porn studies.

VN: Non lo so nemmeno io. Anche per questo preferisco farle scritte [le interviste]. Quando chiacchieriamo tendo a divagare, non è che è colpa mia.

CZ: Qual è il tuo rapporto con il femminismo, o con i femminismi?

VN: Trovo la parola obsoleta, non ha più senso l’approccio ai problemi che abbiamo con i generi parlare di femminismo o anche di maschilismo. Quello che ha senso fare è guardare la natura umana e poi fare i conti con essa, decidere come possiamo fare, come possiamo migliorarla. Ci sono dei vantaggi e degli svantaggi ad essere maschi e ad essere femmine, in entrambi i casi. Quindi non ha nessun senso parlare oggi di femminismo. In India… Ma anche lì in realtà ha senso parlare di antisessismo e non di femminismo. Penso sia uno dei posti del mondo dove le donne se la passano peggio dei maschi, però in realtà se la passano un po’ tutti male. Sai tutte quelle idee del patriarcato, tutte quelle cazzate là.

CZ: Sul patriarcato aprirei un discorso…

MS: È complicato perché è un problema culturale, quindi…

VN: No, non è un problema culturale. Il problema è culturale nel senso che manca una cultura che va contro la natura, invece quello che stiamo facendo con la cultura è rafforzare la natura. E quindi abbiamo le mamme che ti dicono che sei preziosa e la figa non la devi far vedere a nessuno e…

MS: Sempre meno.

VN: Questo è quello che mi diceva la mia di mamma e ci sono ancora mamme che… Ho ripreso la [Elettra] Lamborghini che per parlare di malattie sessualmente trasmissibili se ne è uscita con un “La patata è importante”.

MS: La Lamborghini non la prenderei…

VN: Il problema è che la cultura pop ci dice questo, anche quando ascolti tutte quelle americanate, quelle canzoncine sul sesso, c’è sempre quell’idea che la fica è preziosa e il cazzo non vale nulla.

MS: In compenso l’uomo deve essere ricco per comprare la fica preziosa.

VN: In natura sarebbe il maschio che si prende cura della prole, però la prole deve essere la sua, sennò finisce per prendersi quella di qualcun altro. In questo senso io il sesso lo vorrei distruggere totalmente, dovrebbe restare solo il piacere.

MS: Sembri ubriaca. Rispetto al femminismo…

VN: Ho fame e ho sonno.

MS: Capisco benissimo cosa dice Valentina e secondo me ha profondamente ragione, ma forse la mia storia, come sono cresciuta…

VN: Io ero femminista da adolescente.

MS: Tu sei la più femminista di tutte, poi giustamente teorizzi…

CZ: Cosa ha scatenato questo allontanamento?

VN: Il porno… in generale, crescendo mi sono resa conto che non era “colpa dei maschi”, che era tutto più complicato di tutto quello che dicevano i femminismi. La teoria del patriarcato è una cazzata, e basta guardare la biologia. Poi se vuoi ti mando un paio di link, su YouTube Kathleen Vohs ne ha fatto uno sul mercato del sesso, studiosi di economia hanno applicato l’economia al sesso [Sexual Economics: A Model of Heterosexual Behavior, 2013] per spiegare il modo in cui la donna è rappresentata nelle pubblicità, perché questo avviene e perché è efficace. Ha sempre a che fare con la repressione sessuale.

 

 

MS: Adesso è molto complicato usare la parola “femminista” perché avendo anche tanti anni…

VN: Significa veramente tutto e niente, come “comunista” dopo Salvini e Berlusconi.

MS: È un po’ come dire “porno”: parli di tutto e di niente.

VN: Nello stesso calderone c’è Annie Sprinkle [ex sex worker e attrice porno statunitense, femminista sex-positive, sposata con una donna; NdR], e… come si chiamava quella cicciona, quella che proprio odiava i maschi?

MS: Andrew…

VN: Andrea Dworkin [autrice e femminista radicale statunitense che accostò la pornografia allo stupro. Deceduta nel 2005; NdR].

MS: Spesso sono le donne le prime a portare avanti un discorso patriarcale. Questo già crea una complessità che non sempre è immediata, banalmente “donne = buone ma vittime, maschi = cattivi”, poi sono le donne il più delle volte che portano avanti una cultura patriarcale. Se una donna mi insegna delle cose le imparo più facilmente che se me le insegna un uomo, perché mi riconosco di più e quindi certe cose che ho anche interiorizzato, patriarcali, le ho interiorizzate da tutta la figura femminile. Poi ovviamente loro a loro volta erano vittime di una società patriarcale, quindi portavano quei valori, quei messaggi. Quindi è un po’ complicato secondo me adesso… A volte sento che nel femminismo c’è poca… Forse perché è una battaglia, allora c’è bisogno di puntare il dito, di fare una guerra. Prendiamo il MeToo: è stato sicuramente importante per certi versi, perché ha…

VN: …dimostrato che queste tipe che accusano gli altri di stupro poi fanno lo stesso con altri?

MS: Già questo è molto bello. Ha tirato fuori delle cose che erano risapute ma dovevano stare sotto banco, però ad esempio questa cosa di denunciare con un hashtag, che tu capisci benissimo è inevitabile se poi quando vai a fare una denuncia e non vieni creduta, allora a quel punto usi l’hashtag. Però crea anche una sorta di forca, o comunque di meccanismo da social che è altrettanto pericoloso, quindi io mi sono ritrovata a dubitare di alcune posizioni, tipo Woody Allen che è già stato pluri processato e sempre trovato innocente, però basta: Woody Allen era colpevole per il solo fatto di aver sposato una figliastra, che poi non è figlia sua, però per la morale è colpevole. E questo secondo me è un passo indietro, non è un passo avanti. In una guerra, in una rivoluzione, è necessario far cadere delle teste senza star troppo a guardare, che scorra del sangue e via. Non mi sento così fanatica su questo tema qui…

VN: Anche perché son diverse persone. Anche nel mio settore un regista per cui ho girato è stato accusato di stupro da una porno attrice e Gamma, uno di questi siti lesbo, gli ha tolto il ruolo semplicemente per il fatto che era stato accusato. Lui ha dimostrato di essere innocente perché loro avevano fatto sesso e poi lei ha mandato i classici messaggini del tipo “Ah, non vedo l’ora di riavere quel cazzone” e bla bla, e li ha postati per difendersi, però Gamma nel frattempo non lo ha ripreso a lavorare. Ho sentito qualcuno dire: “Non c’è bisogno di uscire con le pornoattrici e scoparsele, che poi queste cose succedono”, ma tra due adulti consenzienti potranno fare… Professionalmente non è il massimo, però non può trovare una fidanzata, non può avere scopamiche?

MS: In America è diventato molto pesante il clima. È diventato normativo. Anche i festival queer che erano il mondo dell’apertura, del queerness, di rompere le regole… sono diventati iper-normativi. Io quando mi presento con ISVN per il solo fatto – ovviamente è un film etero – che Valentina a volte prende delle posizioni che non sono proprio protofemministe: basta, vengo già… Il film dà fastidio. Già la nostra presenza all’interno di un festival dà fastidio.

CZ: Questo ti è stato detto?

MS: Ma è proprio evidente! Mi è stato detto, mi è stato dimostrato.

VN: Anche nelle domande post proiezione: “Ma dov’è qui il femminismo?”.

MS: Mi è stato chiesto perché Valentina non ha un orgasmo in ISVN. Ma perché, dovevo scrivere il tag “orgasmo”? Come si capisce quando una donna ha un orgasmo? E “Perché non se la fa leccare?” Aveva le sue cose.

VN: [Nel film] faccio anche una battuta sulla salsa barbecue.

MS: Allora doveva farsela leccare, doveva avere un orgasmo, perché questa è la grammatica, c’è la grammatica della sborrata.

VN: Quindi qual è la differenza con le scene di Brazzers?

MS: È per arrivare all’ex-aequo.

VN: Diventano alternative.

MS: Diventa normativo pure quello. Poi capisco che sia necessario passare dalla norma per educare ad una nuova grammatica tutta orientata al femminismo… Io non penso che sia sciocco e basta, però magari in un ambito queer, in un ambito creativo, in un ambito artistico…

VN: È sciocco, perché nei film porno degli anni Settanta non c’è un ordine per quanto riguarda le pratiche sessuali.

MS: Le donne erano molto protagoniste anche dietro la macchina da presa.

VN: Le scene di sesso erano tutte disorganizzate, spontanee, succedeva di tutto. Il problema del ragazzo che sborra è che dopo cosa fai? Cosa fai dopo? Io me lo sono chiesta.

MS: Va avanti un altro.

VN: Sì quello si fa, ma sempre con un cumshot poi finisce. O lo inculi.

CZ: Quali sono le differenze tra lavorare in Italia e lavorare negli Stati Uniti?

VN: In Italia… Dove?!

CZ: Non lo so, perciò ti chiedo.

VN: Il porno in Italia non esiste.

MS: Da produttrice.

VN: Da produttrice, nel senso io e il produttore con una camera in mano? Vorrei fare casting in Italia, ma sto avendo problemi con i test. Nel porno, sia in Europa che negli Stati Uniti, facciamo il test per le MTS e per l’HIV si fa il test RNA. In Italia non ho ancora trovato un laboratorio, ce n’è uno a Nola in cui il test costa 280 euro (senza ricetta) e un attore maschio mediamente prende 300 euro per una scena. A Barcellona il risultato del test puoi averlo il giorno stesso, in Italia dopo tre giorni. A volte mi chiedono: perché non usate il preservativo? Il preservativo si rompe e non protegge da clamidia e gonorrea. In realtà nemmeno i test che facciamo no,i perché purtroppo i batteri hanno delle finestre poco prevedibili quindi ogni tanto capita.

CZ: Te ne intendi di salute!

VN: Certo, è il mio lavoro!

CZ: È così anche per tutti i tuoi colleghi?

VN: Mi auguro che queste cose qui le sappiano. Capita che entra nel giro e poi tocca a tutti quanti prendere l’antibiotico. La candida, quella è un altro discorso. Aspetta, cosa mi avevi chiesto?

CZ: La differenza tra il lavorare in Italia rispetto agli Stati Uniti. In Italia esiste l’amatoriale e basta?

VN: Sì, con cui non ho contatto per questa storia dei test. Io sono virus-germofobica, voglio tutto organizzato, con il test , deve esserci un regista che sceglie il partner per me, quindi io non devo nemmeno avere la fatica di scegliermi l’amante. E mi pagano pure.

CZ: A chi ti sei rivolta quando hai iniziato?

VN: Ho mandato un’e-mail a Rocco Siffredi. Ho girato una scena con lui a Roma in una camera d’albergo, poi sono andata a Budapest e ho girato due scene per lui. Nella prima scena mi bagnano con la pompa e l’acqua era gelata, quindi per la botta di freddo mi ammalo e quindi il giorno dopo avevo la febbre. Ho preso degli antidolorifici per non sentire la febbre e c’era il tipo che mi inculava ed io non sentivo niente.

CZ: Quanti anni fa?

VN: Otto, un po’ di più. Purtroppo non c’è un mercato in Italia. C’è qualche ragazzo che ho provinato, ma c’è questo problema dei test che magari se mi metto a chiedere risolvo, però penso non esista un mercato da… C’è Mario Salieri che gira in Italia. Però girare in Italia cosa significa? Ci dovrebbero essere degli attori italiani, non ci sono. Chi siamo, siamo io, Rocco, c’è qualche ragazzino in giro ma… Non c’è un porno italiano come c’è stato il cinema italiano. Anche il mercato europeo ormai è americano. Esiste un Brazzers che viene girato in Europa ma alla fine l’estetica è sempre americana.

CZ: E com’è essere diretta da Monica anziché da uomo?

VN: Questa è una domanda sessista.

CZ: Perché? Monica è una regista ed è una persona che tu conosci, hai già girato un lavoro con lei.

VN: “Anziché da un uomo”?

MS: Lei [Chiara] dice Monica in quanto Monica.

CZ: Credo tu sia sempre stata diretta da un uomo… o sbaglio?

VN: Sbagli. A parte che forse sono stata più io a dirigere te [Monica] che il contrario.

MS: È vero.

VN: Il regista potrebbe non avere dal busto in giù, non avere organi, avere qualche parte meccanica, anche il cervello, che abbiamo gli ormoni… È più il tipo di regia. Per esempio tra Queen Kong e ISVN, magari [Monica] in uno sei stata uomo e nell’altro donna, in uno un mutante e nell’altro alieno. Del sesso del regista, veramente, chi cazzo se ne frega. Ci sono un sacco di donne registe che fanno cose, per dirlo come direbbero le femministe, da pornopatriarcato, per esempio Mison che è fissata con il sesso tra supereroi e farti venire cinquanta volte in una scena. Magari poi vieni cinquanta volte, ma poi arrivi ad un limite, io lo chiamo orgasmbroke, che è un limite a quanti orgasmi puoi avere nel giro di un’ora e devi per forza cominciare a fingere per dare idea che sei tu, che sei la protagonista del video. L’uomo neanche si vede, si vedono solo il pene e le palle e devi avere questi orgasmi fantastici sempre: torniamo al discorso della normatività. Magari facciamo un terzo film e sarà un’esperienza ancora diversa. Io non la vedo come un essere “diretto da”. È più un dialogo, non mi sento neanche diretto, è una cosa che stiamo facendo insieme.

MS: In Queen Kong c’era una storia, una sceneggiatura, un costrutto, Valentina lì ha dovuto più interpretare un personaggio, ovviamente poi portandoci le cose sue.

 

 

VN: Io mi sento diretta quando mi dicono “Per questo tipo di prodotto mi devi fare la pecorina, il missionario, il cucchiaio e la sborrata sulle tette. Lì mi sento diretta, altrimenti è un’esperienza fluida.

MS: È vero, infatti in questo senso a me non piace dirigere. Penso sempre che se mi metto a dirigere troppo mi perdo tutto quello che non posso prevedere e che meravigliosamente esce da un altro.

VN: A maggior ragione quando non si tratta di sesso.

MS: Sì, perché il sesso è quasi più normativo, ti devi proprio accanire per pensare delle cose strane. Anche nella finzione mi piace quasi di più guardare, poi quello che vedi scegli, quindi forse è quasi di più nello scegliere, quindi nel montaggio… La parte direttoriale è più nel montaggio, o anche cosa decidi di inquadrare. Però un attore questa cosa è anche bello che non la senta, che si senta libero. A me piace un po’ spiare, sono spiona. Non mi piace dichiarare cosa voglio andare a guardare, perché ho paura di bloccare una spontaneità, una naturalezza o anche una libertà che gli attori hanno. In questo senso ISVN per me era meraviglioso perché non sapevo cosa stavo andando a fare. Ci eravamo detti: sarà un porno-porno, non avrà le regole del cinema, della sceneggiatura, della finzione…

VN: Un budget limitato, che è quello che lo rende porno.

MS: Esatto, si gira tutto in una botta e via, non si fanno più take, perché non stai a rifare l’inculata.

VN: In realtà anche in Queen Kong il sesso l’abbiamo girato in un giorno.

MS: Lì c’erano vari limiti e problemi pratici.

VN: Sì, l’attore non ha mai fatto porno.

MS: Con l’attore, perché non aveva la certezza di… Forse sono venuti tutti i problemi patriarcali di prestazione che hanno anche gli uomini, di quanto sono prestanti, quanto uno riesce ad avere un’erezione davanti a tutti. Anche la troupe stessa non aveva mai girato porno, come anche il direttore della fotografia. Ci siamo un po’ improvvisati. Io me la sono studiata parecchio per permettere a loro di essere più spontanei possibili e di avere a che fare con un apparato fatto di luci, di carrelli. Una situazione che non era proprio telecamerina o iPhone e si gira con due che fanno sesso in un letto. Eravamo all’aperto, di notte.

VN: C’erano le protesi.

MS: Vari ostacoli.

CZ: Nel DVD che raccoglie entrambi i film si legge che per te l’obiettivo era quello di invadere il cinema tradizionale e le sale d’essai. Ti va di fare un bilancio di com’è andata finora?

VN: In generale di pornification of the world? In otto anni di carriera qualcosa l’ho fatto, c’è ancora molto da fare. A volte perdo la fiducia perché mi sale la misantropia. Socialmente stiamo facendo dei passi indietro su certi aspetti. Socialmente e culturalmente hai bisogno di un buon terreno per poter fare determinate modifiche per far sì che la società cresca in certe direzioni. Se torniamo al razzismo mi sa che il porno lo accantoniamo.

CZ: C’è razzismo anche nel porno?

VN: Sì, sì. In Europa non sai se l’attore è bianco o nero, ti danno il nome ma non ti dicono nell’e-mail se sarà una scena interrazziale, come la chiamano gli americani. Invece in America sì. C’è la prima scena con il cazzo nero: “First interracial scene”, che è di un razzismo assurdo. Io non sapevo questa cosa quando sono stata negli Stati Uniti, altrimenti avrei cominciato a far porno solo con i neri e poi avrei fatto la prima scena con il bianco. Ancora lo dico alle nuove ragazzine che cominciano. Magari stanno facendo soltanto lesbo , ed è sessista questa cosa, magari non gli/le piace neanche la figa. Non lo so da dove sia nata questa usanza di partire con il girl-girl. Se sei nera non conta però: se sei nera non ce ne frega un cazzo, quindi non la fai la prima scena col bianco, e non ti pagano di più per la prima scena con il bianco. Sono gli americani, perché in Europa non gliene frega a nessuno. Ovviamente nel momento in cui posti il video metti la tag, ad esempio BBC (big black cock), ma così come se la ragazza ha i capelli rossi metti redhead, è un fatto di preferenza. Mi piacciono sia i bbc che le redhead, quindi me le vado a cercare come tag, ma è semplicemente un fatto di preferenza visiva. Nel momento in cui chiami un film “Big interracial ass” per le tipe con i culoni che scopano con i ragazzi neri diventa razzista. Non è mai il cinese con il cazzo piccolo. Si riferisce sempre ai neri. È molto forte il cagol, la moglie bianca che viene scopata dallo schiavo, la mentalità è quella. Da quando Salvini è diventato così popolare le mie scene con i neri vanno alla grande. Tutte le scenette amatoriali che ho girato a costo zero, con la scusa del razzismo… A me piacciono anche i ragazzi di colore, ma mi hanno detto “Sai, in Italia adesso va forte, dai, gira con me”.

MS: L’odio è un eccitante.

VN: Odio e sesso, sì.

CZ: Sempre alle conferenze dei Porn Studies avevo scoperto [grazie a Giuseppe Previtali, dottorando in Visual Studies; NdR] la storia di Mia Khalifa [ex attrice pornografica libanese naturalizzata statunitense che ha ricevuto minacce di morte, anche dall’Isis, per aver recitato in un video indossando l’hijab; NdR], che recentemente ha scritto su Twitter di aver guadagnato in totale solamente 12 mila euro [nonostante i suoi pochi video siano stati riutilizzati moltissime volte, generando un indotto per altri; NdR].

VN: Ha fatto quattro video…

MS: Neanche un anno di carriera.

CZ: Lei giocava molto sull’odio verso i musulmani…

VN: Ha fatto diversi video con il velo. Se non sbaglio Bang Bros le ha fatto un sito che sembrava un sito suo personale ma non lo era, riciclando i pochi video che aveva fatto. Le indiane vanno fortissimo, come le asiatiche. Asa Kira è diventata così famosa anche perché è giapponese [di origine, ma nata a New York] e in Giappone girano con il mosaico.

CZ: Cioè?

VN: Coprono i genitali. Te lo consiglio, il porno giapponese. Loro si inventano altre cose, proprio perché non hanno grandi dimensioni e non vedono nemmeno la penetrazione, quindi giocano su altri aspetti della sessualità. Poi fanno anche cose orribili, tipo mettere un pesciolino nel culo e con la telecamera fanno vedere il pesciolino che nuota nel sedere. Del resto è come nel cinema, i giapponesi hanno fatto le cose più estreme, da quelle più belle a quelle più innominabili.

CZ: Voi che spettatrici siete?

VN: Io ormai guardo solo l’hentai e sono una di quei consumatori veloci, di quelli che non pagano perché…

MS: …Vengono subito.

VN: Sì, esatto, mi bastano i due minuti su Twitter e vengo subito.

MS: Di porno, dicevi [Chiara]?

CZ: Più in generale.

VN: Adesso sto facendo montaggio e quando non sto montando non voglio proprio avere a che fare con il video.

MS: Tra i porno mi piacciono i gonzo, gli amatoriali.

VN: Anche a me, il gonzo è il porno che ha più dignità. Quando il porno cerca di imitare il cinema secondo me fallisce.

MS: Oppure i vintage. Rispetto al cinema, con la sala non ho un gran rapporto ultimamente, perché ci sono così pochi film e non li trovo in lingua originale. Di serie non ne vedo così tante. Mi piace andare a trovare i registi di cui mi parlano.

VN: Le serie non mi hanno mai preso. Game of Thrones ho provato a guardarlo una volta in aereo e ho mollato subito. C’era questa scena con questi due tizi bellissimi biondi che pomiciavano sul letto ed è finita lì, non mi hanno fatto vedere nulla e ho detto: basta.

MS: È trucido GOT, l’ho visto. Ci sono dei registi che mi piacciono molto e che vedo poco facilmente. Ai festival è dove sono una spettatrice più affascinata. A lei piacciono i film sperimentali come quelli di Tonino De Bernardi. Quando io dopo un’ora e tre quarti comincio a spazientirmi, lei è e tipo “Che meraviglia!”.

(Ottobre 2019)

 

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