Io la conoscevo bene > Antonio Pietrangeli

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Quello di Io la conoscevo bene – un titolo che già anticipa il suo finale – è il ritratto di un’epoca forse non ancora tramontata completamente oggi e, soprattutto, quello di una ragazza in via di divenire alla ricerca di una sua emancipazione. Trasferitasi dalla provincia a Roma con l’ambizione di trovare uno spazio nel cinema più per desiderio di riscatto che per reale vocazione, tutti intorno a lei la sfruttano con la sua silenziosa complicità – un silenzio che a tratti sa di indifferenza – rubandole ciò che serve loro. Adriana continua a attraversare la vita in modo passivo, tra giornate vuote trascorse ascoltando i 45 giri italiani dell’epoca, principale colonna sonora del film, lasciando che chiunque la usi secondo un copione che non avrà un lieto fine. Tra uomini che la usano e gettano, una donna che la vuole usare come compagnia occasionale per uomini facoltosi, pseudo agenti cinematografici truffaldini, Adriana sembra placare la sua sete di affetto offrendosi a ognuno, purché sia la persona sbagliata. Il salto nel cinema non le riuscirà e la sua vita priva di fondamenta le chiederà un conto troppo alto, mentre il personaggio si candida ad affiancarsi ad altri memorabili ritratti cinematografici femminili d’epoca. E comunque se il sogno di Adriana appare poco motivato e ancora meno seriamente perseguito, è la Società che la circonda a fare la figura peggiore.

Stefania Sandrelli, giovanissima e bellissima, è perfetta nel dare volto e corpo alla svampita e tenera Adriana, portandole la naturalezza delle sue migliori interpretazioni.
Pietrangeli, qui al suo ultimo lungometraggio (morirà durante le riprese di Come, quando, perché nel 1968), realizza un film modernissimo, con i suoi piani sequenza, i suoi rimandi temporali e i suoi zoom per andare a captare le emozioni sul volto della protagonista, e non trascura nessun ruolo del film, nemmeno il più nascosto e offre a Nino Manfredi il ruolo dell’agente truffaldino, a uno strepitoso Ugo Tognazzi il piccolo ma memorabile ruolo di un attore in disarmo pronto a coprirsi di ridicolo pur di ottenere una particina in un film, a Enrico Maria Salerno quello di un attore di successo cinico e arrogante, a Mario Adorf quello di un pugile suonato e a Turi Ferro quello di un commissario.

Io la conoscevo bene, scritto dallo stesso Pietrangeli con i fedeli Ruggero Maccari e Ettore Scola (tra i tanti film scritti insieme, Lo scapolo, Fantasmi a Roma e i capolavori Adua e le compagne e La visita), è un film che racconta molto bene la sua epoca ma che, a cinquant’anni di distanza dalla sua realizzazione, ha ancora il potere di astrarsene per continuare a rimanere rilevante ai nostri giorni.

 

Roberto Rippa

 

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Io la conoscevo bene (Italia, 1965)
Regia: Antonio Pietrangeli
Sceneggiatura: Ruggero Maccari, Antonio Pietrangeli, Ettore Scola
Musiche: Benedetto Ghiglia, Piero Piccioni
Fotografia: Armando Nannuzzi
Montaggio: Franco Fraticelli
Interpreti principali: Stefania Sandrelli, Nino Manfredi, Ugo Tognazzi, Robert Hoffmann, Jean-Claude Brialy, Joachim Fuchsberger, Mario Adorf, Franco Fabrizi, Enrico Maria Salerno, Turi Ferro, Franco Nero
122′

 

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