Üçüncü sayfa (The Third Page) > Zeki Demirkubuz

«La verità autentica è sempre inverosimile. Per renderla più credibile, bisogna assolutamente mescolarvi un po’ di menzogna».
(Fëdor Dostoevskij, I demoni)

Isa (in italiano Gesù) è un giovane uomo solo e dall’apparenza innocente. Uno di quelli che vengono regolarmente calpestati nel corso delle loro vite. Uno di quelli che, quando la pressione diventa insostenibile, si trasformano imprevedibilmente in esseri pericolosi perché, forse, sanno di non avere granché da perdere. Trasferitosi a Istanbul dal suo villaggio di origine per raggiungere un amico commilitone, sembra un ospite indesiderato della sua stessa vita.

A inizio film, lo vediamo vittima di brutale pestaggio ad opera di un uomo che reclama da lui la restituzione di una piccola somma di denaro.
Rincasato, decide di porre fine alla sua vita ma il suo intento viene interrotto dal padrone di casa, giunto a reclamare gli affitti arretrati.
Poco dopo, in preda a un crollo nervoso, Isa lo ucciderà con la stessa pistola impugnata poco prima con altri intenti.

Se la vita lo relega al margine, nel lavoro Isa non ha un ruolo di maggiore rilievo. Lavora infatti come figurante per il cinema e la televisione. Il suo povero appartamento è tappezzato di immagini di film cui ha partecipato, probabilmente senza che lo si veda davvero.
Soprattutto appare più o meno regolarmente in una serie televisiva di quelle i cui dialoghi vengono suggeriti ad alta voce all’anziano protagonista e dove i carrelli sono sostituiti da una sedia a rotelle su cui siede l’operatore di camera.

Poi, un improvviso squarcio di luce: Isa incontra la sua dirimpettaia Meryem (Maria), madre di due figli e moglie di un uomo violento e non di rado ubriaco, fortunatamente spesso lontano da casa.
Isa si innamora inevitabilmente della vicina, essere tanto disperato quanto lui. E, quando diventa testimone delle sue violenti liti con il marito attraverso le grida che sente giungere dal loro appartamento, misero tanto quanto il suo, pur di difendere la donna è pronto ai gesti estremi che lei stessa gli chiede.

Al momento del loro incontro, i due piani narrativi prendono a confondersi: la disperazione di Meryem è raccontata come lo sarebbe nella soap, e il regista le regala anche dei fuori sincrono, con primi piani stretti e voce fuori campo. In queste scene, anche i dialoghi sembrano a tratti presi di peso da una sceneggiatura della serie.

Isa confessa alla camera, nel corso di un provino, di voler sostenere il ruolo di «un uomo che riesce a sopravvivere a dispetto di tutta la sofferenza». Non andrà così, e il rivelarlo non rovina alcuna sorpresa. Non solo: all’apice del dramma, quando la verità irrompe finalmente in tutta la sua brutalità, Demirkubuz non dimentica di lasciare un televisore accesso sullo sfondo che ci riporta a un mondo di sentimenti riprodotti ad uso e consumo del pubblico, con i linguaggi della vita e della finzione a fondersi. E quando il film si concluderà con uno sparo a squarciare il pesante silenzio di Isa, noi avremo capito insieme a lui che un riscatto non sarebbe stato possibile.

Sono le porte, totalmente assenti dalle scenografie della serie, ad essere protagoniste, non meno dei personaggi, del film: chiuse, nascondono segreti che è impudico svelare o separano due esistenze che si vorrebbero più vicine; aperte concedono la possibilità di un’intrusione della vita di una persona all’altra; socchiuse permettono un momento finale di verità. È una porta che non vuole saperne di rimanere chiusa ad aprire il film, una che si chiude la sua ultima immagine prima che il suono di uno sparo metta la parola fine alla vicenda.

Demirkubuz dichiara quanto l’opera di Dostoevskij abbia influenzato il suo cinema. E qui siamo in pieno Delitto e castigo, con Isa novello Rodion Romanovich Raskolnikov (il cui ruolo dovrebbe interpretare grazie a un provino sostenuto).  L’indigenza dei due personaggi è la stessa così come sono simili i dilemmi, Isa ha la possibilità di dare un senso alla sua esistenza riscattandola attraverso l’omicidio. Il primo appare casuale, dettato da uno scatto incontrollabile, il secondo potrebbe essere premeditato (esattamente all’opposto di quanto accadeva nel romanzo), se non perfetto almeno ideale, ma anche qui l’uomo verrà superato in corsa dagli eventi, con inoltre l’umiliazione di un più futile movente.

«Se Dio non esiste, tutto è permesso», affermava Ivan Karamazov ne “I fratelli Karamazov” e qui di un qualsiasi Dio non si vede l’ombra. Tutti i personaggi appaiono abbandonati a sé. Tutti, compresi quelli che appaiono come negativi o mossi da intenti ambigui, alla fine vengono riscattati dall’affiorare della verità in una storia dove della netta separazione tra buoni e cattivi non si vede manco l’ombra. Già, nessuno qui è buono o cattivo. Nessuno è e basta. È ciò che serve a sopravvivere a imporlo.

Il titolo del film è traducibile letteralmente come “terza pagina”, quella dei quotidiani turchi dove vengono relegate le storie di cronaca nera di cui si rendono protagonisti gli appartenenti alla classe media. Interessanti si, per i più curiosi o morbosi, ma popolati di personaggi di scarso interesse, pronti ad assere dimenticati il giorno dopo. Come Isa, la cui storia si dipana infine essenzialmente tra due tentativi di suicidio, unici atti di autentica ribellione.

Demirkubuz costruisce per lui una storia oscura, dai contorni sfumati e dagli echi da cinema noir, in cui il forte realismo della messa in scena si confonde con le storie che provengono dai televisori e che sembrano muoversi parallele a quelle dei suoi personaggi. E nulla è mai come appare inizialmente.

Dal mondo della terza pagina sembra trarre ispirazione per due scene al limite del comico: il primo pestaggio di cui Isa è vittima (che potrebbe essere parte della soap per cui lavora) e il dialogo tra i due criminali di mezza tacca recatisi a casa sua per la definitiva riscossione e che sul pianerottolo si mettono a discutere del tasso di cambio valutario mentre la luce delle scale si spegne ogni 30 secondi.

The Third Page è un film complesso nella costruzione della storia e ancora di più dei suoi personaggi. Lascia sbalorditi per la complessità dei suoi contenuti e per come questi si svelino anche dopo la visione, con i personaggi ad assumere una definizione più precisa – ma paradossalmente nel contempo meno netta, più sfumata – tempo dopo.

Se Üçüncü sayfa è indubitabilmente un capolavoro, Deki Demirkubuz è uno tra i più interessanti registi contemporanei. E vale la pena scoprirlo subito, magari partendo dalla trilogia “Favole dall’oscurità”, che comprende Zaygi (Fate, 2001), Itiraf (The Confession, 2002) e Bekleme odasi (The Waiting Room, 2004).

Roberto Rippa

 

speciale NUOVO CINEMA TURCO

 

Üçüncü sayfa
(titolo italiano: La cronaca / titolo internazionale: The Third Page. Turchia-Italia-Francia, 1999)
Regia, sceneggiatura, produzione: Zeki Demirkubuz
Fotografia: Ali Utku
Montaggio: Nevzat Dişiaçık
Interpreti principali: Ruhi Sari (Isa), Basak Köklükaya (Meryem), Cengiz Sezici (padrone di casa), Serdar Orçin (figlio del padrone di casa), Erol Babaoglu , Umit Cirak, Zeki Demirkubuz, Emrah Elçiboga, Riza Sonmez, Ayten Soykök

Zeki Demirkubuz è nato a Isparta, nell’omonima provincia della Turchia occidentale, nel 1964.
Alla fine della scuola media, si trasferisce a Istanbul per frequentare il liceo. Lascia però gli studi per iniziare a lavorare. In quel periodo, si dedica alla politica e diventa un attivista di sinistra. In seguito al colpo militare del 12 settembre 1980, favorito dal generale Kenan Evren, viene condannato a tre anni di reclusione per appartenenza a un’organizzazione politica. È in carcere che Zeki Demirkubuz scopre la passione per la letteratura classica, Dostoevskij sopra a tutti. Dopo il suo rilascio, lavora come venditore ambulante spostandosi da una città all’altra dell’Anatolia. Per evitare il servizio militare obbligatorio, decide di tornare agli studi e ottenere la maturità. Si iscrive quindi all’Università a Istanbul, facoltà di comunicazione.
Inizia a lavorare nel cinema nel 1986 come aiuto regista per Yoksul di Zeki Ökten. Nel 1994, dirige il suo primo film, Block-C e scrive sceneggiature. Si rivela all’attenzione della critica con il suo secondo lungometraggio Masumiyet (Innocence, 1997), che partecipa alla Mostra d’arte cinematografica di Venezia. Fa seguito Üçüncü sayfa (The Third Page, 1999), che viene invitato a partecipare a numerosi festival europei, tra cui quelli di Locarno e Rotterdam. Inizia quindi a lavorare alla trilogia denominata “Racconti oscuri”, che si compone di Yazgi (Fate, 2001) e Itiraf (The Confession, 2001), entrambi selezionati a Un certain regard a Cannes. Il terzo capitolo della trilogia Bekleme odasi (The Waiting Room, 2003) lo vede protagonista.
Ha in seguito diretto Kader (Destiny, 2006) e Kiskanmak (Envy, 2009). Il suo ultimo film, Yeralti (Inside) è del 2012.

fonte: Zeki Demirkubuz

 



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