Kinetta > Yorgos Lanthimos

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da Rapporto Confidenziale 38

 

Yorgos Lanthimos, classe ’73, greco di Atene. Quando sento dire «Faremo la fine della Grecia» è a lui che penso, e dico «Magari!».

Lanthimos dopo un primo film scritto da altri e realizzato in co-regia, deve aver capito un assunto fondamentale: un autore, per dire qualcosa che gli appartenga davvero, non può costruire su fondamenta gettate da altri, deve invece rompere tutto e ripartire dal sottosuolo, scavando con le proprie mani.

Lanthimos conosce il teatro, la fotografia, la pubblicità e ovviamente il Cinema. Lanthimos conosce i linguaggi ed è per questo che i suoi personaggi stanno perlopiù zitti.

Nella scelta dell’argomento della narrazione generalmente ci si trova di fronte a due strade, raccontare ciò che si conosce meglio oppure raccontare qualcosa che si sta cercando di conoscere meglio. In entrambi i casi l’autobiografismo è una scelta molto valida.

A distanza di 4 anni dal primo film, nel 2005 Lanthimos firma Kinetta, quella che può essere considerata la sua vera opera prima.

Immedesimazióne: processo attraverso cui un soggetto si trasferisce idealmente nelle vicende e nella situazione psicologica ed emotiva di un’altra persona. In psicoanalisi il termine fu usato da S. Freud come sinonimo di empatia. In C.G. Jung l’i. è un meccanismo di difesa contro «il dissolvimento provocato dai fattori soggettivi interni».

Ammetto che mi annoia molto recensire i film che amo, preferisco di gran lunga massacrare qualche mediocre pellicola, una delle tante. Questo non perché io sia sadico (o almeno non solo per questo) ma piuttosto perché ogni volta che mi accingo a scrivere di un film che amo penso che l’unica cosa che sentirei di dichiarare sinceramente sarebbe: «Guardatelo e se avete un briciolo di cuore non potrete non amarlo quanto l’ho amato io».

Kinetta è un luogo di vacanze, uno di quei posti col mare, la piscina, gli ombrelloni, le sdraio e i lunghi inverni vuoti di persone.
Kinetta è anche il nome di una cinepresa.
Kinetta, il film, è un film sul fare Cinema, uno strano modo di farlo.

 

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L’autobiografismo, dicevamo. Il protagonista di Kinetta ha caratteri somatici del tutto simili a quelli di Lanthimos, usa la cinepresa, è di fatto un fotografo, ha una barba folta, capelli corti e parla poco.

Il film si apre con un incidente di cui non vediamo la dinamica ma solo l’esito finale, un’automobile capovolta, uno stereo che diffonde nell’aria una musica e un uomo che osserva immobile la scena.

Questi prende il nastro e lo ritroviamo poco dopo ad ascoltarlo in cuffia al cimitero, mentre guarda una lapide. Macchina e tomba sono facilmente assimilabili e la musica è la stessa. Immedesimazione, quasi a tentare di capire cosa si provi a morire.

Un grande cruccio per ogni autore, cercare di mettere in scena qualcosa che sia vivo o almeno morto da poco. La ricerca della verità oggettiva, di qualcosa che sia credibile.

Kinetta racconta questo, due uomini, un fotografo/cameraman e un poliziotto (forse un funzionario pubblico) mettono in scena e filmano scene di aggressioni a danno di donne. Il poliziotto è regista e attore mentre il fotografo/cameraman effettua le riprese e si occupa di organizzare la scena con tanto di sopralluoghi e foto.

Le attrici sono ragazze probabilmente immigrate clandestinamente che accettano di interpretare il ruolo delle vittime in cambio del permesso di soggiorno.

Ma una in particolare sembra avere un interesse che va oltre l’opportunismo e così prova le scene da sola, s’immedesima, si sente viva, protagonista di una vita che nella realtà la relega a cameriera stagionale di un posto deserto.

Sembra l’idea completamento del gioco, un trio appassionato, ossessionato e dedito alla messinscena più credibile che si riesca ad ottenere, fino a farsi male, a ferirsi e a svenire.

 

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Kinetta è un film che molti ritengono ostico. Pare faccia di tutto per negarsi alla visione del pubblico, di quelli si definiscono poco fruibili. Non c’è una storia che scorre esplicitamente, non ci sono che poche linee di dialogo, l’azione è tutto sommato scarna ma nonostante questo Kinetta è un film ipnotico. Accade così quando un autore riesce a creare un immaginario oltre le immagini. Si recuperò così il senso primo del Cinematografo, l’esplorazione di mondi nuovi, non migliori o peggiori ma nuovi, mai visti.

La vita dei personaggi scorre piatta come il tracciato cardiaco di un morto, le finte aggressioni con le indicazioni registrate su nastro, fino nei minimi dettagli, diventano l’unico modo per immedesimarsi in qualcuno che ha vissuto e provato qualcosa, qualsiasi cosa. I personaggi sembrano non essere in grado di provare nulla, le reazioni a qualsiasi accadimento sono scialbe come le pettinature delle ragazze o gli abiti dei ragazzi. Un senso di godibile malinconia impegna le pareti ingiallite del resort estivo in inverso. Nessuno sembra volersi scuotere, nessuna reazione, molte reiterazioni.

Lanthimos immedesimato nel protagonista ha però ancora il suo ruolo di regista del regista, la sua macchina da presa che riprende l’altra macchina da presa è ancora lì a guardare il guardone, ad inseguire i personaggi, a cercare di sondarli nel profondo, con esagerati ingrandimenti quasi li stesse riprendendo con un microscopio. Vibra la macchia da presa di Lanthimos, segnali di vita dallo strazio. Lui è lì e sembra dire che comunque anche sotto la cenere il fuoco cova, nonostante tutto. E così succede che la non storia evolve e ci si avvia verso la primavera (?), il fotografo/cameraman e l’attrice/cameriera si trovano, interagendo in maniera infantile come se davvero tutto stesse rinascendo in quel momento e tutto fosse un tentativo, una scoperta, una nuova epifania. Ma è difficile liberarsi dalle ossessioni. Le ossessioni sono ossessionanti, ti ossessionano.
È impossibile liberarsi dalle ossessioni.

Il regista/poliziotto si defila, ama le automobili evidentemente, in un concessionario gli consigliano di prenderne una nuova, gli cambierà la vita, dicono. Lui risponde che non può permettersela. La nuova vita o la macchina? Bella domanda.

C’è un senso di svuotamento dell’essere umano piuttosto forte, sembra quasi che si trovi un senso, uno qualsiasi, solo attraverso l’azione, la messinscena di qualcosa, una ricerca o il lavoro e non per il solo fatto di esistere.

Il poliziotto/regista forse s’illude di comprare la nuova vita/macchina ma si trova a girarci intorno esattamente come accadeva con la vecchia auto.

 

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Il fotografo/cameraman osserva le ultime foto fatte alla ragazza e lo sguardo torna a perdersi nel vuoto, si toglie la maglietta, forse farò una doccia. Bastasse questa.

La ragazza, dopo l’arrivo dei primi vacanzieri al resort, si toglie le bende, si da una ripulita e torna al suo lavoro.

È dura liberarsi dalle ossessione e forse nessuno vuole davvero farlo. Io no di certo.

Kinetta è un piccolo, solido e splendente gioiello. Un linguaggio affilato ed esatto, senza tentennamenti. Lanthimos non è un regista che dà risposte ma piuttosto uno che pone ottime domande. Le immagini che produce sono di grande gusto e riescono a mostrare la bellezza dell’ordinario, il surreale nel reale più realistico. La parte della realtà che non annoia se la si riesce a guardare con l’occhio giusto.
Kinetta è un primo passo, il più difficile, il più sentito e il più profondo del percorso del regista greco. Un reset totale, una ripartenza da zero dove non solo la parola non ha alcun valore ma ogni gesto, ogni movimento o azione viene osservata, soppesata, fotografata, registrata e guidata. Si cerca di rimettere insieme i pezzi uno per volta, per cercare di capire dov’è che risieda l’intoppo. Non risposte ma tentativi e Kinetta è il primo. Per adesso basta e avanza. •

Michele Salvezza

 

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KINETTA
Regia: Yorgos Lanthimos • Sceneggiatura: Yorgos Kakanakis, Giorgos Lanthimos • Fotografia: Thimios Bakatakis • Montaggio: Yorgos Mavropsaridis • Casting: Christina Akzoti, Alex Kelly • Scenografie: Anna Georgiadou • Suono: Stefanos Efthymiou • Colore: Tony Ford • Produttore: Athina Rachel Tsangari • Interpreti: Evangelia Randou, Aris Servetalis, Costas Xikominos, Hector Kaloudis • Produzione: Haos Films, Modiano Inc., Top Cut, STEFI Cine & TV Productions • Coproduzione: Kino • Rapporto: 1.66:1 • Lingua: greco • Paese: Grecia • Anno: 2005 • Durata: 95′

 

Yorgos Lanthimos / filmografia
2011 | Alpeis (Alps)
2009 | Kynodontas (Dogtooth)
2005 | Kinetta
2001 | O kalyteros mou filos (co-regia con Lakis Lazopoulos)
1997 | Despina Vandi: Deka Entoles (corto)
1995 | O viasmos tis Hlois (corto)

 

lanthimos.com

 



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