Cheung fo > Johnnie To

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articolo pubblicato su Rapporto Confidenziale numero23 (marzo 2010), pag. 9

Cinque guardie del corpo vengono assoldate dal boss della triade Liung scampato per un pelo ad un attentato di una banda rivale. I cinque proteggeranno il boss a tutti i costi ma nel frattempo instaureranno un rapporto molto intenso tra loro, fino a quando non gli verrà chiesto di uccidere un componente del gruppo, cosa che metterà in crisi tutti i loro equilibri.

Il cinema di Johnnie To (Hong Kong, 22 aprile 1955), regista cinese che si è dedicato prevalentemente all’action ed al noir d’atmosfera, giunto al successo con pellicole come PTU, Breaking News ed Election, è un cinema di genere che va oltre il genere. L’action-movie con le sue pellicole respira un’aria diversa e particolare, andando a mescolarsi spesso col western (come succedeva per esempio nell’altro suo bellissimo film A Hero Never Dies). Con The Mission l’aria è sempre quella, una narrazione al centro della quale troviamo il racconto di una forte amicizia virile che si instaura nel gruppo di “magnifici cinque” di sturgesiana memoria. Certo le motivazioni eroiche e ideali che stavano alla base del gruppo di magnifici sette (anche se inizialmente si trattava alla stessa stregua di queste cinque guardie del corpo, di denaro e di un forte spirito d’avventura), erano molto differenti rispetto a quelle che muovono i cinque di The Mission, fatto sta però che le dinamiche del gruppo e i rapporti intercorrenti tra loro, richiamano molto lo stile e la poetica dei tipici western-movie, su tutti I magnifici sette (The Magnificent Seven di John Sturges, 1960). Ecco dunque che il tipico plot dell’action, soprattutto di matrice orientale, fatto di bande rivali in lotta fra loro all’ultimo sangue, con tanto di sparatorie e omicidi spietati, si carica con Johnnie To di una forte valenza introspettiva che ricalca pesantemente le personalità dei protagonisti e lo stato psicologico nel quale versano a causa del loro ruolo all’interno di queste organizzazioni violente e sanguinarie. Il tutto è mostrato attraverso i gesti e le espressioni dei protagonisti, piuttosto che affidato alle parole, che risultano quasi sempre ridotte all’essenziale o comunque presenti sotto forma di dialoghi decisamente “ermetici” e poco chiarificatori (esemplare a tal riguardo il dialogo tra uno dei cinque che torna a casa in ritardo a causa di un guasto alla macchina e un altro componente del gruppo). Ed è proprio lo spirito del gruppo, l’unione tra i cinque, che ben presto diviene protagonista della pellicola, piuttosto che l’esito circa la vittoria di una banda mafiosa sull’altra. Uno spirito di gruppo che lascia intravedere anche una sorta di rispetto per il “nemico”, come quando un sicario della banda rivale viene catturato e trattato con tutti i riguardi, prima di andare, ovviamente, incontro alla sua scontata fine. Anche l’ironia di fondo, marcatamente ravvisabile negli scherzi che le guardie del corpo compiono fra loro, serve a stemperare l’aria noir che contraddistingue la pellicola, ed a costruire dei personaggi umani, non bestie sanguinarie, uomini che, pur essendo spietati ed efficaci sicari, vivono, amano e soffrono come tutti gli altri. Esemplari al riguardo sono molte straordinarie sequenze, una su tutte quella silenziosa in cui i cinque, in attesa del boss in un corridoio, ammazzano il tempo passandosi coi piedi una pallina di carta. Una scena che pone l’accento sul crescente sentimento di unità e affiatamento che sta nascendo tra loro, sentimento che si trasformerà poi in vera e propria fiducia e amicizia. L’altra straordinaria sequenza, che tra l’altro pone in netto disaccordo il cinema di To con quello più adrenalinico e “fisico” di John Woo (altro regista cinese di action movie che però per la sua maggiore “commerciabilità” ha sfondato anche a Hollywood con pellicole degne di nota come, ad esempio, Face-Off), è quella della sparatoria all’interno di un centro commerciale, coreografata in maniera originalissima e confacente allo stile più “intimista” e riflessivo di To (oltre che musicata magistralmente con il leitmotiv principale della colonna sonora, decisamente incalzante e coinvolgente). I protagonisti, infatti, nonostante siano nel bel mezzo della lotta contro i sicari della banda rivale, vengono ripresi nella loro estrema immobilità, che ne scruta le espressioni piuttosto che i movimenti (laddove nel cinema action di Woo abbiamo delle coreografie decisamente più movimentate). La fotografia è uno degli aspetti più efficaci del cinema di Johnnie To, ed anche in questo caso essa è straordinaria nel rappresentare attraverso l’uso metaforico del colore gli stati d’animo e le situazioni nella quali si trovano coinvolti. In The Mission abbiamo un’ambientazione prevalentemente notturna, resa suggestiva e coinvolgente dai toni scuri della fotografia che virano poi prevalentemente sul blu, soprattutto quando sui cinque comincia a pesare il dilemma tra l’obbedienza al boss che li ha assoldati (che da uomo apparentemente generoso e gioviale si trasforma in crudele vendicatore richiedendo perentoriamente l’assassinio di uno dei cinque, a causa di un “tradimento” imperdonabile), e l’affetto che si è instaurato tra di loro. Il dilemma sarà di difficile risoluzione, tanto che all’interno sorgeranno delle divisioni tra chi vuole continuare imperterrito a svolgere il proprio lavoro, non curandosi di dover eliminare quello che nel frattempo era diventato un amico, e chi invece farà di tutto per mantenere salda e intatta l’unità del gruppo. Il tutto verrà risolto, positivamente o meno, attorno ad una tavola imbandita che vedrà tutti i componenti del gruppo impugnare una pistola l’uno contro l’altro in una scena che sembra fermare il tempo in attesa di un avvenimento decisivo. Questo ovviamente arriverà e lascerà lo spettatore con lo stesso sorriso sornione e ammiccante che il capo-gruppo assumerà allontanandosi solitario con la sua automobile. L’azione con Johnnie To assume dei contorni poetici ed eleganti trasformandosi sapientemente e poco convenzionalmente in medit-azione, cosa che rende il suo cinema decisamente raffinato e profondo se non ci si sofferma alla superficie dei fatti e si scruta più affondo tra le pieghe della narrazione, “infarcite” da uno stile inusuale e particolare che lo rende unico nel suo genere, il genere action appunto.

Cheung fo (The Mission)
Regia: Johnnie To; Soggetto, sceneggiatura: Nai-Hoy Yau; Interpreti: Anthony Wong, Francis Wong, Roy Cheung, Jackie Lui Chung-yin, Suet Lam, Simon Yam, Keiji Sato; Montaggio: Chi Wai Chan; Fotografia: Siu Keung-Cheng; Colonna sonora: Chi Win Chung; Effetti speciali: Shui Tin Chi; Paese: Hong Kong; Anno: 1999; Durata: 81′



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