Il presente articolo è stato pubblicato in Rapporto Confidenziale numero 35, speciale Locarno 64 – p.124-125
Tokyo Koen
Shinji Aoyama | Giappone – 2011 – 35mm – giapponese – colore – 119’
Prima internazionale a Locarno 64 (Concorso internazionale)
di Alessio Galbiati
Koji è uno studente universitario che aspira a diventare fotografo e che passa il suo tempo libero nei parchi di Tokio a riprendere famiglie con la sua macchina fotografica. Un giorno un uomo lo avvicina offrendogli molti soldi per scattare foto alla moglie che ha l’abitudine di passeggiare per parchi con la piccola figlia. Koji senza troppo badare alla strana richiesta accetterà, invogliato dalla lauta ricompensa. Da questo momento il ragazzo entrerà in un percorso di formazione fra donne ed amiche, alle prese con i fantasmi che fuoriescono dal suo passato e dai quali in qualche modo dovrà separarsi.
Già dalle primissime sequenze si ha l’impressione di trovarsi fronte ad un qualcosa di prossimo al capolavoro. Certo il termine è abusato, proprio per questo a Locarno 64 ho cercato di evitarlo, ma davvero il film di Aoyama possiede una forza ed una coerenza fuori dall’ordinario. C’è una densità cinematografica, in ogni sua inquadratura, davvero sconcertante. Se paragonato agli altri film del concorso “Tokyo Koen” è davvero di un’altra categoria, e non è un caso che per darne conto la giuria abbia creato un riconoscimento ad hoc: Pardo d’oro speciale della giuria per il film e la splendida carriera. Scelta che ricorda quando avvenuto a Venezia 2010 con il Leone d’oro assegnato (inspiegabilmente) a “Somewhere” di Sofia Coppola, ma con la creazione – per la prima volta nella storia – di un Leone d’oro per la migliore opera complessiva a “Essential Killing” di Jerzy Skolimowski. Ed il significato di questa scelta è presto detto: “Tokyo Koen” è il miglior film presentato in concorso a Locarno 64, ma la giuria ha reputato più sensato premiare un’opera prima, ritenendo che un premio del genere debba aiutare una carriera, non consacrarla. Il ragionamento non fa una grinza, ma è bene rimettere, a mesi di distanza, le cose al loro giusto posto.
Aoyama torna a girare un lungometraggio quattro anni dopo il precedente “Sad Vacation”, film d’apertura della sezione ‘Orizzonti’ alla 64. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (2007), giungendo a risultati inediti per il suo cinema ancora piuttosto indigesto a parte della critica sia giapponese che internazionale, e lo fa confezionando un film pieno di fughe irrazionali, surreali ed animistiche, ma dotato d’una classicità intrinseca davvero rimarchevole e sorprendente.
Tratto da un romanzo di Yukiya Shôji, sceneggiato dallo stesso Aoyama con Masaaki Uchida e Norihiko Goda, “Tokio Koen”, letteralmente traducibile come ‘i parchi di Tokio’, è un film che racconta della solitudine che separa le persone e delle difficoltà di vivere, prima ancora che di esprimere, i propri sentimenti. Un film sull’amore, nelle sue varie accezioni e coniugazioni. Un film leggero e soave, armonico, nettamente contrapposto a quanto fino ad oggi il regista giapponese aveva espresso col suo cinema.
Il protagonista della vicenda è il ventenne Koji (interpretato da Haruma Miura), un aspirante fotografo che ama immortalare con i suoi scatti attimi familiari, in giro per i molti parchi della capitale nipponica; lo fa anzitutto per esercitarsi con una passione che sogna possa diventare professione, ma pure per compensare in qualche modo il ricordo della madre scomparsa quando ancora era un bambino. Ad osservarlo in questa sua voyeuristica attività, che dal punto di vista cinematografico strizza l’occhio a “Blow-Up” di Michelangelo Antonioni (fra le possibili fonti di ispirazione andrebbe senz’altro annoverato pure lo struggente “En la ciudad de Sylvia” di José Luis Guerín), c’è un uomo che da li a poco lo avvicinerà con una richiesta al limite del lecito. Offrendogli una notevole somma di denaro come ricompensa, l’uomo – un facoltoso odontoiatra in evidente stato d’agitazione – gli chiederà di seguire e fotografare la moglie che è solita ogni giorno fare un giro per parchi spingendo il passeggino con la figlia. Koji accetterà, allettato dal denaro, e incuriosito dalla stravaganza della richiesta.
Quando tutto sembra convergere in una storia misteriosa, in stile “Blow-Up”, il film cambia bruscamente registro perdendo per strada questo piano narrativo che troverà compiutezza solo nella parte conclusiva della pellicola, e che per non rovinare una possibile visione terrò fuori da queste righe. Aoyama ci conduce nella vita di Koij, da prima nella sua abitazione, condivisa con il fantasma di un amico scomparso (avete letto bene). E poi in un rapporto amoroso, difficile ed intricato, con la sorellastra Misak. Fra tutti i personaggi spicca la straordinaria Miyu (Nana Eikura), un’amica d’infanzia del protagonista, che nel film proferisce alcune fra le battute più gustose sentite durante i dieci giorni di quest’edizione del Festival di Locarno. Cinefila incallita, «Tre mesi fa ho smesso di guardare film con gli zombi – dirà in un dialogo memorabile – per guardare solamente film religiosi ma poi, grazie al Maestro George Romero, mi sono reso conto che tutti i film con gli zombi sono film religiosi», sarà la molla che farà scattare in Koij la necessità di affrontare in maniera radicalmente differente i ricordi che lo legano al suo passato e ad affrontare i sentimenti che fatica a vivere fino in fondo. La cinefilia di Miyu porta nel film addirittura sequenze di zombie movie in salsa nipponica, vere e proprie allucinazioni cinematografiche non poi così distanti dai visionari inserti che aprono “Il caimano” di Nanni Moretti. Per lei il cinema è uno strumento che aiuta a capire come affrontare la vita: «vatti a vedere qualche film, così impari a vivere. Cretino!», dirà ad uno zotico che la importuna.
Fra dialoghi ed evocazioni di fantasmi più o meno concreti, “Tokyo Koen” è una riflessione riconciliata e riconciliante sulla memoria dei propri traumi, sull’amore, sulla famiglia e sull’amicizia, fatta a tempo di jazz (il regista oltre alla sceneggiatura ed ai dialoghi firma pure la colonna sonora), una jazz caldo ed avvolgente, profondo e vivido, come la splendida fotografia che ritrae una città sontuosamente ammaliante, una Tokio inedita per il cinema, non metropoli fagocitante, ma una città parco entro la quale ritrovarsi.
Viene da domandarsi cosa rappresenti per il regista questo film, se una parentesi distesa e poetica, un saggio di cinema classico ma eccentrico, oppure l’inizio di una nuova filmografia basata su stilemi pacificati.
AG
Tokyo Koen
Regia: Shinji Aoyama • Sceneggiatura: Masaaki Uchida, Norihiko Goda, Shinji Aoyama dall’omonimo romanzo di Yukiya Shôji (Ed. Shinchosha Co.,Ltd) • Dialoghi: Shinji Aoyama, Norihiko Goda, Masaaki Uchida • Fotografia: Yuta Tsukinaga • Montaggio: Hidemi Lee • Musiche: Shinji Aoyama, Isao Yamada • Suono: Nobuyuki Kikuchi • Scenografia: Mami Ishida • Art Director: Tsuyoshi Shimizu • Luci: Toru Saito • Art Director: Takeshi Shimizu • Produttori: Hiroaki Saito, Yasushi Yamazaki • Interpreti: Haruma Miura (Koji), Nana Eikura (Miyu), Manami Konishi (Misaki), Haruka Igawa (Yurika) • Produzione: d-rights Inc. • Coproduzione: Nikkatsu Corporation, Showgate Inc, Yahoo Japan Corporation, Hakuhodo DY media partners Inc., Memory-Tech Corporation, AMUSE Inc. • Diritti mondiali: Showgate Inc • Lingua: giapponese • Paese: Giappone • Anno: 2011 • Durata: 119’
Shinji Aoyama (Kitakyushu, Giappone, 1964) è un regista, sceneggiatore e scrittore giapponese. Si è laureato nel 1989 in studi cinematografici presso il dipartimento Inglese e Americano della Rikkyo Univesity. Durante gli studi è stato particolarmente influenzato dall’attività crtico teorica di Shigehiko Hasumi. Dopo la laurea, Aoyama ha lavorato come assistente alla regia per il regista indipendente svizzero Daniel Schmid, e per Kiyoshi Kurosawa, fra gli altri. Nel 1995 ha debuttato alla regia realizzando due video legati al mondo manga. Nel 1996 con “Helpless” realizza il suo primo lungometraggio. “Eureka” (2000) e “Tsuki no sabaku” (Desert Moon, 2001) sono entrambi selezionati al Concorso ufficiale del Festival del film di Cannes, dove “Eureka” vince il Premio FIPRESCI e il Premio della giuria ecumenica. Nel 2007, Shinji Aoyama è alla Mostra del Cinema di Venezia con “Sad Vacation”. L’anno seguente, dirige il cortometraggio “Le Petit Chaperon rouge” (2008), prodotto dal Théâtre de Gennevilliers. Shinji Aoyama è anche scrittore; il suo adattamento in forma di romanzo del film “Eureka” vince il 14esimo Premio Yukio Mishima.
Shinji Aoyama. Filmografia completa: 2011 Tokyo Koen / 2008 Le petit chaperon rouge (corto) / 2007 Sad Vacation / 2006 Kôrogi / 2005 Eri Eri rema sabakutani / 2004 Reikusaido mâdâ kêsu / 2003 Ajimâ no uta: Uehara Tomoko, tenjo no utagoe (documentario) / 2002 Shiritsu tantei Hama Maiku: Namae no nai mori (video) / 2002 Shiritsu tantei Hama Maiku (Serie TV) / 2001 Roji e: Nakagami Kenji no nokoshita firumu (documentario) / 2001 Tsuki no sabaku / 2000 Eureka / 1999 Enbamingu / 1999 Sheidî gurôvu / 1999 June 12, 1998 (documentario) / 1997 Tsumetai chi / 1997 Wild Life / 1996 Chinpira / 1996 Helpless / 1995 Waga mune ni kyoki ari (video) / 1995 Kyôkasho ni nai! (video)
Il presente articolo è stato pubblicato in Rapporto Confidenziale numero 35, speciale Locarno 64 – p.124-125