L’arrivo di Wang > Manetti bros.

L’arrivo di Wang
regia: Antonio e Marco Manetti (Manetti bros.) (Italia/2011)
recensione a cura di Alessio Galbiati

Tornano gli alieni nel cinema italiano. Nel film dei fratelli Manetti, in L’ultimo terrestre di Gianni Gipi Pacinotti, ma pure ne La leggenda di Kaspar Hauser di Davide Manuli, alieni molto diversi fra loro, ma accomunati da una vicinanza iconografica che richiama alla memoria la fantascienza anni ’50: omini verdi e astronavi. Una piccola onda(ta) di fantascienza (sci-fi) lo-fi, inaspettata e sorprendente, eccentrica in un panorama francamente desolante quanto a coraggio creativo/produttivo, portata sugli schermi da registi nati fra il 1963 (Gipi) e il ’70 (Antonio Manetti), quasi a voler confermare quella teoria, in voga ai tempi dei Movie Brats (dei vari Spielberg, Lucas, Coppola, Scorsese e De Palma), che vorrebbe che ogni regista dia vita a pellicole che riprendono i canoni del cinema che si è visto, e amato, durante l’infanzia.

Gaia Aloisi, di professione interprete specializzata in cinese mandarino, riceve una telefonata da un suo contatto abituale, assai vicino alle forze dell’ordine, che le proporrà una traduzione simultanea da svolgersi con estrema urgenza. L’offerta economica è allettante, ma strana. Gaia accetta. In men che non si dica si troverà di fronte il ruvido Curti, un agente dei servizi segreti militari alle prese con un interrogatorio da condurre in lingua cinese con il misterioso signor Wang, la cui vera identità è quella di un alieno venuto da un altro pianeta. L’essere si esprime in cinese perché è la lingua parlata dal maggior numero di persone sul pianeta, ma la cosa, a Roma, gli servirà ben poco.

I fratelli Antonio e Marco Manetti proseguono la propria ricognizione fra i generi cinematografici, questa volta con un film di fantascienza che si svolge quasi interamente in un lurido stanzino di un non meglio precisato edificio. L’arrivo di Wang ruota attorno al confronto fra l’alieno e Curti, un ottimo Ennio Fantastichini, sulla sfiducia che quest’ultimo ripone nelle parole del polipone venuto dallo spazio. In un crescendo di nervosismo e tensione Curti entrerà in conflitto con la giovane interprete (Francesca Cuttica) che, sconvolta dalla violenza dell’interrogatorio, invocherà il non rispetto dei diritti umani e cercherà di mettersi in contatto con Amnesty International per tutelare l’incolumità e la dignità dell’alieno (sob!).

Il signor Wang è un soldatino fragile che non ha più modo di tornare sul suo pianeta. «Che cos’è venuto a fare sulla terra? Cosa volete da noi?», sono queste le domande che Curti pone ossessivamente all’alieno che, ogni volta, risponderà d’essere arrivato sulla terra in pace per instaurare uno scambio culturale fra le due civiltà. Wang è fragile e spaesato, convinto di poter chiarire l’equivoco che lo costringe legato ad un sedia. Il buffo essere venuto dallo spazio è stato realizzato in digitale dalla romana Palantir Digital Media, di Silvestri e Picchinenna (palantirdigital.com), che si è pure occupata degli effetti speciali visivi dell’intero film (molto piacevole ed inedita per il cinema italiano la sequenza conclusiva, della quale è bene che taccia qualsiasi dettaglio), in 15 mesi di lavorazione ha prodotto 346 inquadrature con interventi digitali e 13 minuti di presenza scenica complessivi.

Quello dei Manetti bros. è un cinema a basso budget che si struttura attorno a situazioni limite. Se in Piano 17 (2005) l’azione si svolge prima dentro ad un ascensore poi in un palazzo vuoto, ed in Cavie (2009) interamente nel fitto di un bosco, ne L’arrivo di Wang è l’interrogatorio il centro dell’azione, un tavolaccio in una stanza senza finestre attorno al quale, attraverso i dialoghi, si ha lo sviluppo dei personaggi e dei caratteri che articolano la tensione drammatica della vicenda, altrimenti sostanzialmente priva di azione. La tendenza all’unità di tempo e luogo (si sarebbe detto un tempo) nel cinema dei Manetti è talmente acclarata da riproporsi pure ne L’ombra dell’orco, un horror in 3D attualmente in lavorazione con uscita prevista a settembre 2012 (nel cast ancora Francesca Cuttica e, pure, Peppe Servillo), questa volta (quasi) interamente ambientato in una mega villa isolata.

Il film è a basso budget, «fantascienza da camera» stando all’auto-definizione dei registi, circa 200 mila euro e girato in HD con una Canon 7D, ma ciò non giustifica una fotografia (firmata da Alessandro Chiodo, sodale collaboratore del “nostro” Bennet Pimpinella), una messa in scena ed un montaggio (Federico Maria Maneschi) così marcatamente televisivi. Ma è soprattutto la scrittura a non funzionare, tanto che il critico cinematografico Stracult per definizione, Marco Giusti, rimprovera ai due fratelli (nella rubrica Il cinema dei Giusti sulle pagine online di Dagospia) proprio la mancanza di cura nella realizzazione per un film pieno di buoni propositi, capace di alcune trovate interessanti, ma che alla fine fa un buco nell’acqua, come un ragazzo che a scuola, pur avendo un ottimo potenziale, studia poco e non si applica. Ancora una volta i Manetti sembrano possedere tutta la cultura cinefila necessaria per rianimare il cinema di genere italiano e sembrano disporre pure del profilo necessario per riuscire nell’impresa: hanno alle spalle diversi film di discreto successo, lavorano in televisione (la serie de L’ispettore Coliandro per RaiDue), sono conosciuti per aver realizzato un gran numero di videoclip POPolari, godono di un certo credito fra addetti ai lavori e sono in possesso di un assoluto ‘mestiere’ che gli permette di inventare sul set soluzioni a costo zero. Ma ancora una volta falliscono a causa di una sceneggiatura piena di buchi, sviluppata con leggerezza ed incapace di coinvolgere veramente lo spettatore.

Però è pur vero che il cinema di serie B dei decenni gloriosi del cinema italiano, cioè il vero riferimento dei fratelli Manetti, è stato un fiume in piena di sceneggiature pasticciate e qualità intermittente, e dunque la delusione di cui sopra è dettata dal troppo amore per il cinema di genere, dalla passione cinefila per una sua resurrezione, un giudizio che andrebbe mitigato, perché ingiusto nei confronti di due filmmaker comunque generosi ed appassionati che quasi miracolosamente sono stati in grado di costruirsi una filmografia eccentrica, pressoché unica nel panorama anemico del cinema italiano dell’ultimo decennio (esordirono nel 2000 con il lungometraggio Zora la Vampira).

L’arrivo di Wang dei Manetti bros. ha vinto il premio come Miglior Lungometraggio Fantastico Europeo all’International Science+Fiction (Trieste 10-13 novembre 2011) con la seguente motivazione: «Il film introduce elementi grotteschi e toni beffardi in un genere solitamente votato al dramma e alla parodia». Ed ha pure ottenuto il Premio "Nocturno" Nuove Visioni, assegnato dalla rivista Nocturno.

Dopo l’anteprima nella sezione Controcampo italiano a Venezia 2011, dove ha ottenuto il premio Premio Uk – Italy Creative Industries Award – Best Innovative Budget, è giunto nelle sale il 9 marzo 2012.

 

Alessio Galbiati

 

 

«Il film racconta l’incontro tra tre persone. È una storia psicologica di tensione in cui tre personalità enormemente diverse si confrontano manifestando a poco a poco le proprie caratteristiche. Il concetto che ci interessava raccontare è se chi ci è accanto tutti i giorni può essere più diverso di chi viene da un altro pianeta. Attraverso gli occhi puri della giovane interprete non vogliamo dare risposte ma, di fronte a una realtà sempre più incerta, porre delle difficili domande. Il film, pur rimanendo un film di genere, prova a riflettere su alcuni temi umani ed etici: quanto bisogna fidarsi del prossimo? Che cos’è un pregiudizio? Quale limite si può superare per difendersi da una possibile minaccia o quanto si può rischiare di sbagliare per perseguire i propri ideali?»
– Manetti bros.

 

 

L’arrivo di Wang
Regia, soggetto, sceneggiatura: Antonio e Marco Manetti (Manetti bros.)
Fotografia: Alessandro Chiodo
Montaggio: Federico Maria Maneschi
Musiche: Pivio, Aldo De Scalzi
Suono: Sandro Rossi
Costumi: Patrizia Mazzon
Scenografia: Noemi Marchica
Effetti: Palantir Digital, Simone Silvestri (Supervisione)
Modellazione e Concept Creatura 3D: Maurizio Memoli
Organizzatore generale: Laura Contarino
Produttore: Antonio Manetti, Marco Manetti
Produttori associati: Vito Picchinenna, Simone Silvestri, Maurizio Memoli
Interpreti: Ennio Fantastichini (Curti), Francesca Cuttica (Gaia), Antonello Morroni (Max), Li Yong (Wang), Juliet Esey Joseph (Amounike), Jader Giraldi (Falco), Carmen Giardina (Dottoressa), Rodolfo Baldini (De Renzi), Angelo Nicotra (Generale), Massimo Triggiani (Riboldi), Furio Ferrari Pocoleri (Torricelli)
Produzione esecutiva: Manetti bros. Film
In collaborazione con: Rai Cinema
Distribuzione: Iris Film, Dania Film, Pepito Produzioni, Surf Film
Distribuzione estero: Rai Trade
Lingua: italiano, cinese mandarino
Paese: Italia
Anno: 2011
Durata: 81′

 

 



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