LE DJASSA A PRIS FEU (Burn It Up Djassa)
di Lonesome Solo (Costa d’Avorio/2012)
Barlinale 63 – Panorama
recensione a cura di Roberto Rippa
pubblicata all’interno dello speciale BERLINALE 63 in Rapporto Confidenziale 38
Direi che "Le Djassa a pris feu" è la storia di un giovane, Tony, che non riesce a sopportare un’ingiustizia. Alla morte del padre, sua madre è costretta a toglierlo dalla scuola per aiutare suo fratello maggiore. Tony passa la sua vita a cercare di uscire da quella situazione, sentendosi sacrificato. È una situazione che non è difficile trovare in Costa d’Avorio. La madre non ha agito con cattiveria, semplicemente non aveva scelta. Dopo la morte della madre, la tensione tra Tony e suo fratello non potrà che esplodere.
(Lonesome Solo)
Narrato in nouchi, lo slang in continua evoluzione della Costa d’Avorio e nato come gergo (mix di francese e vari dialetti del Paese, con qualche parola in inglese e spagnolo), da un pugile in una serie di siparietti che collegano, sottolineano e commentano i vari tratti della storia, Le Djassa a pris feu è l’opera prima di Lonesome Solo, pseudonimo di Souleymane Bamba, qualche esperienza come assistente alla regia. Crudo e realistico, è un’immersione totale nella vita quotidiana sulle strade del quartiere Wassakara di Abidjan, Capitale del Paese. Ripreso totalmente con camera a mano e realizzato appena prima che la Guerra civile scoppiasse nel Paese, il film di Solo vede un omicidio come pretesto per un resoconto vivido della vita quotidiana nel ghetto e soprattutto di tre suoi abitanti. Mike, Tony e Ange sono fratelli, rimasti soli senza genitori. Mike, il maggiore, è l’unico che abbia avuto la possibilità di studiare e oggi lavora come poliziotto, Ange lavora come apprendista parrucchiera, malgrado detesti quel lavoro, e arrotonda vendendo il suo corpo a insaputa dei fratelli. Il venticinquenne Tony è un venditore ambulante di sigarette, bravo a giocare a blackjack per le strade, un mezzo facile per guadagnarsi una facile possibilità di fuga dal quartiere ma anche scorciatoia ideale verso il sottobosco criminale che vi opera. Tony si sente in credito nei confronti della vita, non avendo potuto proseguire gli studi essendo i soldi che guadagnava con la sua attività già fondamentali nel mantenimento della famiglia. Sarà proprio lui a mettersi nei guai commettendo un omicidio e a finire braccato dalla polizia e quindi da suo fratello.
Ma il film, sempre seguendo con attenzione l’evoluzione dei personaggi, in particolare modo il tentativo di ascesa e l’inevitabile crollo del protagonista, e proponendo una storia credibile e appassionante, appare soprattutto molto interessato alle atmosfere e ai luoghi, spesso in primissimo piano.
Forte di una narrazione originale e di un crudo stile documentaristico in cui azione, voci e musica si fondono per restituire il senso del luogo, con interpretazioni molto brillanti che sembrano basarsi non di rado sull’improvvisazione, Le Djassa a pris feu appare come un lavoro figlio della passione di tutte le persone coinvolte, che siano dietro a davanti alla camera. Potente e diretto, una vera e propria bomba di energia visiva e sonora, appare come un ulteriore, importante capitolo di una presa di coscienza da parte di una nuova generazione di cineasti che si sta facendo notare in questi ultimi anni.
Intelligente, coinvolgente e trascinante. •
Roberto Rippa
Estratto (12’44")
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