da Rapporto Confidenziale numero38
Se con Sonbahar, suo lungometraggio di esordio, Özcan Alper aveva optato per una storia personale solo apparentemente semplice per raccontare delle storture della politica e dell’autorità del suo Paese (ma comuni a molti altri), con Gelecek uzun sürer (Future Lasts Forever) (1), che giunge a tre anni dal precedente, compie un ulteriore passo verso una forma realistica personale che usa i suoi tratti di finzione come strumento in un film estremamente complesso e stratificato.
Nel film, Sumru è una studentessa in etnomusicologia originaria di Hopa, nella provincia turca di Artvin, a pochi chilometri dalla frontiera con la Georgia (come il regista stesso, che a Hopa è nato, il personaggio vive a Istanbul e parla anche l’homshetsi, lingua della comunità hemşinli) che parte per un viaggio nel sud-est del Paese per registrare elegie popolari per la sua tesi. Il motivo inconscio del viaggio è anche però quello di avvicinarsi ai luoghi di origine del suo compagno, attivista politico scomparso nel nulla da lungo tempo senza più dare notizie.
Alla ricerca di sopravvissuti alla violenza anti-curda degli ultimi decenni, Sumru registra con empatia testimonianze parlate e cantate, soprattutto di donne che hanno visto i loro amati scomparire nel nulla o venire uccisi. Incontrato Ahmet, venditore ambulante di DVD e cinefilo, Sumru si avventura con lui ancora di più nel luogo e nel tema, avvicinandosi a Hakkâri, nell’Anatolia orientale, città natale del suo compagno. Prima, però, fa tappa a Diyarbakır, città considerata come la Capitale curda dopo l’allontanamento del popolo dai suoi villaggi in Turchia, nella speranza di trovare una sua traccia. Ed è proprio la città a sembrare ferma nel tempo, congelata da un dolore che non permette ai suoi abitanti di affrontare il futuro. La sua ricerca, man mano che si addentrerà nel suo viaggio, si macchierà progressivamente del sangue dei Curdi vittime della repressione turca del recente passato, e mai realmente finita. Le voci rotte di madri, mogli, figlie, recitano un canto di dolore che è difficile dimenticare.
Gelecek uzun sürer è un film sul tema universale della memoria, o sulla sua rimozione, legata a una guerra svoltasi nel pressoché totale disinteresse internazionale, tanto da essere addirittura priva di nome.
In quello che è il risultato di una profonda ricerca personale durata alcuni anni e iniziata prima ancora della realizzazione del film precedente, il film di Özcan Alper è molte cose contemporaneamente: non solo mette a confronto la realtà curda con le responsabilità del governo turco, ma è anche un film sorprendente per bellezza, con i paesaggi, anche qui protagonisti come nel precedente Sonbahar, fotografati da Feza Çaldıran.
Ma è soprattutto un’opera che conferma l’approccio sempre personale di un autore capace di trattare i suoi personaggi con empatia e rispetto e, di conseguenza, lasciandoli spogli di ogni inutile sovrastruttura. Infatti, se Sonbahar era un film che già rinunciava a qualsiasi elemento superfluo per dedicare la sua attenzione all’essenza delle persone, dei luoghi (con le meravigliose immagini a entrare in contrasto con il dolore provato in quei luoghi) e della storia, qui Alper fa un ulteriore passo nella ricerca di uno stile che, mescolando finzione e forte realismo (tanto da inserire 15 minuti di immagini documentarie), con echi cinematografici di Wenders, di poeti e scrittori del passato, restituisce un risultato potente e impossibile da dimenticare.
Gelecek uzun sürer, come già Sonbahar (senza dimenticare il suo corto d’esordio Momi, 2001, scritto con Özkan Küçük, in cui creava la prima testimonianza filmata della sua lingua di origine, l’homshetsi, in via di sparizione e mai riconosciuta ufficialmente), sono la dimostrazione del talento stupefacente di un autore, regista e sceneggiatore, coraggioso e impegnato, dallo sguardo sempre ampio, capace di trattare con grande rispetto e attenzione temi incandescenti senza offrire risposte pretestuose e di penetrare nella profondità dell’animo umano in opere che hanno il potere di parlare al mondo intero, dal momento che ogni luogo è vittima di una sua propria guerra sporca.
Alla fine, ciò che resta dalla visione del film è un profondo dolore e la consapevolezza di un autore di grande intelligenza e rara sensibilità.
E quando Ahmet e Sumru si trovano nella fittizia “Stanza della memoria” nella biblioteca di Diyarbakır a rovistare in scatoloni pieni di testimonianze filmate del passato, ammassate senza alcun ordine rendendone quasi impossibile la fruizione, è impossibile non provare un sussulto per la facilità di rimozione della memoria collettiva. •
Roberto Rippa
Note
(1) Il titolo del film trae ispirazione da un’opera autobiografica con tratti di finzione del filosofo francese Louis Althusser (1918-1990) intitolata L’avenir dure longtemps.
Nel libro, il filosofo considerato con Claude Lévi-Strauss, Jacques Lacan e Michel Foucault un protagonista dello strutturalismo degli anni ’60, ripercorre l’uccisione, per sua stessa mano, di sua moglie Hélène Rytmann, strangolata nel novembre del 1980 nell’appartamento che condividevano.
Gelecek uzun sürer
Ttitolo internazionale: Future Lasts Forever
Regia, sceneggiatura: Özcan Alper • Fotografia: Feza Çaldıran • Montaggio: Ayhan Ergürsel, Thomas Balkenhol, Özcan Alper, Umut Sakallıoğlu • Musica: Mustafa Biber • Suono: Mohammed Mokhtary • Scenografie: Tolunay Türköz • Assistente alla regia: Lusin Dink • Produttori: Ersin Çelik, Soner Alper • Produttore esecutivo: Cihan Aslı Filiz • Co-produttori: Guillaume de Seille, Titus Kreyenberg • Interpreti principali: Gaye Gürsel (Sumru), Durukan Ordu (Ahmet), Sarkis Seropyan (Antranik), Osman Karakoç (Harun), Güllü Özalp Ulusoy (Leyla), Erdal Kırık (Kuto) • Produzione: Nar Film • Lingue: turco, armeno, curdo, homshetsi • Paese: Turchia, Germania, Francia • Anno: 2011 • Durata: 108′
Rapporto Confidenziale numero 38 •marzo/aprile 2013 ISSN: 2235-1329 4,00€ : pdf + ePub 2,00€ : ePub |