Se Erwin Olaf non esistesse bisognerebbe inventarlo. Non è solo questione di qualità, ma è anche una questione di metodo (e, come corollario, d’approccio). Se c’è un’artista che ha saputo utilizzare il linguaggio fotografico con modalità produttive totalmente cinematografiche questo è proprio l’olandese Olaf (1959). I suoi set sono complesse messe in scena all’interno delle quali ogni elemento è chiamato a recitare una certa parte («Stai nella parte» intima nella prima sequenza a dei poco professionali modelli). On Beauty and Fall è un brillante documentario (diretto da Michiel van Erp) che ci porta all’interno del mondo di uno fra i più apprezzati e quotati fotografi dei nostri giorni, un artista attivo da 30 anni, per troppo tempo sottovalutato e liquidato unicamente come provocatorio e sensazionalistico. Ci porta a osservarlo da vicino, a coglierne il temperamento irrequieto, la feroce passione per le immagini e per la sua professione. Ma ci mostra anche un uomo debilitato da un enfisema polmonare figlio di troppi anni dissoluti e di eccessi che, spaventato dalla morte, si impegna nel modificare il proprio approccio al mondo delle gallerie e dei collezionisti. Nei suoi occhi vediamo brillare il piacere per i primi riconoscimenti economici oltreoceano, ma pure l’insicurezza nel presentare per la prima volta la serie Fall a dei galleristi che mai, in nessun caso, avrebbero rifiutato le sue (quotatissime) creazioni. On Beauty and Fall è un toccante viaggio insieme ad un uomo, come tutti, dotato di un talento fuori dall’ordinario. [AG]
Erwin Olaf, On Beauty and Fall
Regia, sceneggiatura: Michiel van Erp
Operatore: Jelle Odé, Mark van Aller
Suono: Rob Dul, Benny Jansen, Eric Leek
Montaggio: Hinne Brouwer
Musiche: Truus Melissen, Louis Ter Burg
Ricerche: Monique Busman con la collaborazione di Liza Kemman, Wytzia Soetenhorst, Manon van der Sluijs
Produttori: Inge Schapendonk, Jessie Verbrugh, Monique Busman, Michiel van Erp
Con: Erwin Olaf
Produzione: NPS, De Familie
Rapporto: 1.78 : 1 (PAL)
Lingua: olandese
Sottotitoli: inglese
Paese: Paesi Bassi
Anno: 2009
Durata: 50′
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Io penso che che le sue immagini tecnicamente siano fatte molto bene ma quando leggo il concetto che c’è dietro ho come l’impressione che non riesca mai nel suo intento. Lo trovo estremanete superficiale.
C’è un testo del 2008 “Fabricating the Absolute Fake” (a cura di Jaap Kooijman, edizioni Amsterdam University Press) che ho trovato illuminante per la comprensione delle opere di Erwin Olaf [lo si può scaricare gratuitamente qui: https:// http://www.aup.nl/index.php/fabricating-the-absolute-fake-3573.html%5D, In questo documentario magari non si trovano chiavi per sentire il calore di opere comunque glaciali… però si afferra qualcosa dell’uomo. Di sicuro lavora sulla forma, sui cliche, sul già visto dunque sulla superficie delle cose… Penso comunque che essere estremamente superficiali, esserlo davvero, muoversi sopra le cose, sia anch’essa un’arte.
Non facciamogli Oscar Wilde della situazione. :-) Si può analizzare il lavoro di un artista in maniera semplice anzichè essere sempre pretenziosi. Non era quello che intendevo con superficiale e non è solo in relazione a questo lavoro. Ho letto altre volte delle sue interviste e non vedo mai la connessione tra quello che vuole fare e quello che il lavoro dice. Ti faccio un esempio molto semplice. Aveva fatto tutta una serie di persone in stanze vuote e nell’intervista diceva di essersi ispirato al cinema neorealista. Adesso, voglio dire, possiamo farci tutte le seghe mentali che vogliamo e possiamo prendere le cose anche di traverso ma di neorealista le sue immaginiavevano ben poco!
Ma nemmeno i Calderoli !