Machete Kills > Robert Rodriguez

 

Quando un film include, previene e esorcizza la propria stroncatura è quasi impossibile da descrivere, tanto meno da giudicare.
Se avete visto gli altri film di Rodriguez della serie Grindhouse sapete cosa aspettarvi, e andate in pace. Ma qualcosa forse si può ancora dire. Quando il regista texano/messicano e Quentin Tarantino hanno deciso di creare questa sorta di ciclo di film-omaggio al cinema brutto, sporco e cattivo di 30 anni fa, avevano un’idea ben chiara in testa, ovvero quella di ricreare nello spettatore moderno il “flusso di adrenalina” che i giovani spettatori dell’epoca provavano di fronte a questo cinema di serie B che usava tutti i mezzi a disposizione per scioccare, divertire e eccitare: e vai con il sesso, le nudità gratuite, la violenza, i dialoghi scurrili, il “politicamente scorretto” ante litteram e la completa noncuranza della logica pur di dare allo spettatore una “sorpresona” che lasciasse di stucco.
Tarantino si è fermato (per ora) a Death Proof e potendoselo permettere, è passato a altre cose.
Rodriguez invece ha deciso di farne un altro, ovvero il primo Machete, che era ancora più volutamente sgangherato del già sghangherato Planet Terror. Forse il film ha avuto troppo successo, e si è ritrovato a farne ancora un altro, ovvero questo qui. Se considerate che già il primo era frutto (probabilmente, non ne sono sicuro) di una decisione dei produttori, visto che in realtà l’idea era nata solo come finto trailer della versione “Double Feature” dei primi due film Grindhouse, si ha come il presentimento che Rogriguez sia un po’ invischiato in una serie di progetti che magari non lo disgustano, ma che lo limitano un po’.

 

 

D’altro canto, non avendo (incontestabilmente, ammettiamolo) l’intelligenza del suo “compagno d’armi”, questo “gira e rigira” sulle stesse cose alla fine gli fa pure comodo. Ma da questo film la stanchezza mi sembra più che evidente, il che mi fa supporre che sotto sotto, si sia un po’ rotto le scatole anche lui. Quella che era la comicità che scaturiva dall’iperbolicità delle situazioni qui diventa grottesca e autoreferenziale, la violenza resta esagerata, ma non provoca alcuna emozione, nemmeno di divertito disgusto (dimentichiamoci il vaso di testicoli) e soprattutto da l’impressione di essere filmata in modo da non disturbare troppo il pubblico, che per forza di cose è diventato più numeroso e quindi più “mainstream”. Le comparsate di personaggi famosi, che nei film precedenti dava l’idea di una serie di attori che si “nobilitavano” in partecipazioni “di nicchia” qui al contrario fa tanto “progetto una volta indipendente che diventa una sciocchezza milionaria per borghesi geek con poco gusto”.
E non si percepisce alcun entusiasmo da parte del regista né per questo progetto in particolare (a cominciare dal fatto che il personaggio principale non serve praticamente a niente, se non a fare da collante ai quadretti a uso e consumo della Vergara, di Lady GaGa, di Mel Gibson, e compagnia), né per il cinema in generale. Il che è la negazione di tutte le premesse in ragione delle quali Grindhouse era venuto alla luce, e per le quali si era disposti a perdonare tutti i vezzi, le “maniere” e l’infantilismo di fondo. Ma non mancherà di divertire i fan di sicura fede, soprattutto quelli che hanno già deciso che si divertiranno tantissimo.
Mereghetti, parlando di John Carpenter, ha scritto “Non è un regista cinefilo, è un regista che ama il cinema.” Rubo questa frase: guardando questo film ho visto tanta “Cinefilia”, ma amore per il cinema, nemmeno l’ombra.

Maurizio Mongiovi

 

Machete Kills
(USA/Russia, 2013)
Regia, fotografia, musiche: Robert Rodriguez
Soggetto: Robert Rodriguez, Marcel Rodriguez
Sceneggiatura: Kyle Ward
Musiche: Robert Rodriguez, Carl Thiel
Montaggio: Rebecca Rodriguez, Robert Rodriguez
Scenografie: Steve Joyner Set Decoration by
Costumi: Nina Proctor
Interpreti principali: Danny Trejo (Machete), Mel Gibson (Voz), Demian Bichir (Mendez), Amber Heard (Miss San Antonio), Michelle Rodriguez (Luz), Sofía Vergara (Desdemona), Charlie Sheen (Mr. President), Lady Gaga (La Camaleón), Antonio Banderas (El Camaleón 4)
107′

 

 



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