Liliana Colombo, un’intervista

Alla Mostra del Cinema di Pesaro di quest’anno abbiamo assistito alla proiezione del cortometraggio Preludio di Liliana Colombo. Dopo averne scritto per la presente rivista, abbiamo voluto approfondire il lavoro di quest’(inquieta) autrice guardando un suo altro – personalissimo – cortometraggio del 2017, Xxxxxxx. E altri video – più brevi – pubblicati sul suo canale YouTube. L’immagine spezzata e digitalmente manipolata caratterizza – rendendoli stilisticamente riconoscibili – i lavori di Liliana Colombo. Ciò che è spezzato, a nostro giudizio, non è però soltanto l’immagine (che talora presenta i corpi acefali, gli edifici tagliati, il Ponte Morandi di Genova integrato con tanti “ponti possibili” della storia architettonica dei ponti), ma proprio l’io narrante. Diciamolo francamente: non c’è nulla di più interessante, e al tempo stesso arduo da trattare, dell’autobiografismo nell’opera d’arte. Si potrebbe affermare che tutto sia riconducibile all’autobiografismo, anche quando (più o meno) abilmente celato. La negazione della personalità dell’artista, tanto cara a un’utopia novecentesca che credette possibile bandire il soggettivismo dall’opera, s’è trasformata oggi in una vera e propria analisi-fissazione del soggetto che realizzi l’opera. Del resto, qual è l’oggettivo interesse delle forme chiuse, o dei generi formalmente codificati, se non in quegli elementi che ne alterino i nessi, scompaginandone l’andamento? Confezionare la bella immagine, comporre un’inquadratura fotograficamente impeccabile o ricorrere agli stanchi piani sequenza d’accademia di lunghezza estenuante (il mezzo della “sofferenza” temporale come ultima spiaggia del cadavere linguistico su cui il morto-vivente contemporaneo pratichi una spossata necrofilia) è il rifugio d’un autoriale manierismo sciancato. Xxxxxxx elabora il lutto personale d’un fallimento relazionale, ricorrendo al teatro, strettamente privato e autobiografico, del proprio vissuto. Senza ripensare forme morte di narrazione e personalizzando l’immagine attraverso la sua amatoriale alterazione; mai ricorrendo al confezionamento calligrafico. Le relazioni amorose si somigliano tutte: amene oppure violente calamità, appartengono al genere “tragicommedia”. In Xxxxxxx c’è un improvviso climax di violenza verbale che è musicale nella sua brutalità machista. Al di là delle riflessioni sull’illusione che le relazioni amorose mutino in meglio i soggetti coinvolti (deliziosa illusione d’un mondo postumo a se stesso, per cui la felicità sarebbe collocata da qualche parte), vera e sola protagonista è sempre una donna scissa che cerca nelle “letture psichiche” un conforto esistenziale (forse) impossibile. L’uomo è assente, in Xxxxxxx. Ma doppiamente presente. È voce musicalmente vicina al bruitisme. È mezzo busto scultoreo acefalo e viriloide, ma pur sempre statuario, Homo da Antico Testamento: violento. In Preludio tutto il pathos di Xxxxxxx è raffreddato. E forse è più addolorata la consegna, alla mappa virtuale, del proprio musicale vagabondaggio psichico: la morta sintassi di Google Maps. “Ero persa – I was lost”, ripete varie volte l’autrice con voce fragile e dalle lunghe pause, come le sue immagini frante.

 

 

Dario Agazzi: Da Gallarate a Londra passando per gli Stati Uniti. Questo è quanto si può desumere della tua biografia leggendo in rete e soprattutto guardando il tuo Preludio. E prima, quindici anni di balletto. Ti va di darci qualche informazione in più a proposito di questo tuo percorso?

Liliana Colombo: Certo, quindici anni di balletto che porto sempre nel cuore e che mi hanno insegnato tanta autodisciplina (di cui ne faccio tesoro soprattutto adesso che lavoro indipendentemente ai miei progetti) e sulla vita in generale. Un percorso che però non poteva andare avanti in quanto il mondo della danza classica mi ha sempre un po’ ristretto mentalmente (troppe regole da seguire). Quindi ho iniziato gli studi a Milano in Comunicazione di Media e lì sono venuta in contatto con la semiotica del cinema (corso allora insegnato da Pierluigi Basso, un grande!), da lì è partita la mia ossessione per i film e in generale per il linguaggio cinematografico. Sono poi andata a Los Angeles per fare ricerca tesi e lì ho trovato un internship presso una casa di post produzione per televisione che poi si è trasformato in un lavoro retribuito e che mi ha tenuta nella città degli angeli per ben quattro anni lavorando come editor e visual effects artist (nel frattempo riuscita a laureami a Milano). Finiti i quattro anni purtroppo (o per fortuna) la compagnia per cui lavoravo non mi ha rinnovato il visto e quindi sono dovuta tornare in Italia e subito dopo mi sono trasferita a Londra essendo l’unica città vicina all’Italia che mi dava la possibilità di continuare a lavorare in post produzione. È proprio a Londra che ho iniziato a produrre i miei primi lavori, conseguendo poi una laurea specialistica in film sperimentale. Una città che mi ha dato due sberle in faccia appena sono atterrata, ma che mi ha fatto trovare una mia identità. Un’identità che facevo fatica a trovare nel mio paese natale e che non avevo speranza di trovare negli Stati Uniti.

D.A.: Ho visto in sala a Pesaro Preludio ma confesso che è stata la seconda visione a chiarirmi vari aspetti della tua personale e – se mi permetti l’espressione – sofferta messa in scena del tuo autobiografismo. Ciò che affascina è il tuo tentativo di rivelarti senza in realtà farlo. Suggerisci e accenni (anche a cose dolorose), ma tutto pare perdersi nei rivoli delle strade di Google Maps che inquadri. Il sottotitolo è “confessioni di una cattolica”. Come ha influito sul tuo modo di concepire l’immagine cinematografica l’educazione religiosa?

L.C.: L’educazione religiosa ha influito e continua ad influire molto sul modo in cui concepisco il cinema. Soprattutto con i miei progetti, sento questa sensazione di sentirmi in colpa per ogni cosa un po’ così “fuori dall’ordine” che voglio introdurre nel film o il dover giustificare ogni cosa che voglio esprimere nel film e penso che questa cosa sia dovuta all’educazione della chiesa cattolica che ho ricevuto. Mi ricordo che quando ero alle elementari si doveva andare a messa tutte le domeniche e alla fine della cerimonia bisognava timbrare un cartellino che veniva poi controllato dal parroco durante le lezioni di catechismo. E se si saltava qualche domenica, non solo il parroco ti faceva sentire un idiota e ti trattava come un incapace davanti a tutta la classe ma voleva anche spiegazioni dettagliate sul perché non si era andati a messa, la sentivo come una violazione della privacy altrui. Penso che questo tratto della mia vita sia sempre stato un po’ traumatico. Me lo porto sempre con me e con i miei film. Ci sono tanti altri aspetti della chiesa cattolica che non riuscirò mai a digerire e che continuano ad apparire nei miei film. Spiega infatti il mio interesse per la mistica e la spiritualità e la rappresentazione di “altre dimensioni” nell’immagine dei miei film. Un interesse che si è sviluppato proprio per una necessità di ribellarmi all’educazione cattolica che ho ricevuto e che sono stata obbligata a seguire per anni.

 

 

D.A.: Il tratto più caratteristico, quasi una cifra stilistica direi, delle tue immagini è la loro frantumazione: dialettica e contrappuntistica; in Preludio lo spazio cinematografico è franto orizzontalmente. Un suggerimento di stato d’animo, di scissione interiore?

L.C.: Sicuramente un taglio o meglio una ferita che in quella città il mio cuore ha subito. Quel taglio orizzontale è riferito a due realtà completamente diverse, che mi ritrovo a seguire e che mi fanno riflettere costantemente, quella cattolica e quella più spirituale (mistica), che vanno in due direzioni opposte, ma che alla fine trovano quel punto in comune, anche solo per qualche centesimo di secondo, come si può vedere nelle immagini del film. Due realtà con cui combatto quotidianamente e che sì, in un certo senso si riferiscono ad una scissione del mio modo di essere, un po’ “Yin Yang”.

D.A.: La manipolazione dell’immagine avviene con variazioni anche nel tuo Xxxxxxx. Menzionato a Madrid nel 2017, ha te come protagonista, nonché la tua abitazione londinese. Messa in scena autobiografica o finzione?

L.C.: Xxxxxxx è pura autobiografia. L’abitazione che si vede nel film è (era perché ora no c’è più) quella del mio ex-ragazzo che allora e durante le riprese del film era ancora il mio ragazzo. Un’abitazione che non condividevamo, ma in cui spendevamo la maggior parte del nostro tempo. Quando avevo deciso di voler girare il film su questa relazione malata che avevo al tempo, avevo provato a fare dei test di riprese in altre ambientazioni (casa di un amico, o studio di riprese), ma non usciva il risultato che volevo ottenere, quindi ho preso la decisione di riprendere nell’appartamento del mio ex, nel posto in cui si era vissuto tutto. Cercavo di girare quando lui non c’era.

 

 

D.A.: Anche nei video di breve durata disponibili sul tuo canale YouTube il tuo stile è riconoscibile: dal tristemente celebre Ponte Morandi al cardinale Pell, alla May dell’inquietante Brexit. Sulle immagini operi delle trasformazioni digitali, delle deformazioni. Ti va di spiegare questo tuo rapporto con le immagini della cosiddetta realtà contemporanea?

L.C.: Sì, come già accennavo prima sono molto interessata all’esistenza di “altre dimensioni” e creare diverse realtà in una già pre-esistente realtà utilizzando la stessa immagine, frantumandola. Mi piace l’idea di introdurre diverse realtà nella vita quotidiana, nella vita domestica (come quella di Xxxxxxx) o in situazioni già esistenti (come quelle del progetto su YouTube). Nel progetto di YouTube le manipolazioni digitali si riferiscono più che altro alla manipolazione delle “News” o su come le “News” soprattutto quelle televisive ci vengono proposte. Il frantumare l’immagine è una tecnica che sto sviluppando in generale in tutti i miei progetti, ma diciamo che l’esistenza di altre realtà in una già pre-esistente realtà mi affascina, mi fa evadere dalla noiosa mondanità.

 

 

D.A.: I tuoi quattro film della vita?

L.C.: Battle in Heaven di Carlos Reygadas; Our Time di Carlos Reygadas; Swallow di Laure Prouvost (installazione video); Carlito’s Way di Brian De Palma

D.A.: Progetti filmico/musicali per il futuro?

L.C.: Lavoro costantemente ai progetti per il canale YouTube, ne ho appena finito uno che pubblicherò sul canale a breve. Sto anche sviluppando un progetto (già da un po’) più autobiografico. A livello musicale per ora sono ferma, ma chi lo sa, se esce qualche ispirazione mi ci fionderò!

(Agosto, 2019)

 

Liliana Colombo: sito personale / canale youtube



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