Westler > Wieland Speck

articolo pubblicato in Rapporto Confidenziale numero34, estate 2011 – pagg. 32-33

Westler
L’amore omosessuale oltre il muro

Wieland Speck | Germania Ovest – 1985 – 35mm – colore – 94′
di Simone Buttazzi

Una cosa che si sa poco è che il cinema gay ha radici tedesche. A cominciare da Anders als die anderen (‘Diverso dagli altri’, 1919) di Richard Oswald, con uno strepitoso Conrad Veidt, “Aufklärungsfilm” volto a illustrare alle masse il tema delle pulsioni omosessuali – con tanto di parentesi didattica a firma del dottor Magnus Hirschfeld – e a lanciare una sfida politica di indubbio coraggio per l’abolizione del paragrafo 175, che sotto il Reich (e anche dopo) penalizzava la pratica “schwul”. Ancor più stupefacente, se vogliamo, il remake “reloaded” del film di Oswald girato nel 1957, in pieno adenauerismo bacchettone, a opera del signor Veit “Jud Süß“ Harlan (a proposito di Veit Harlan Buttazzi ha pubblicato un‘ampia recensione, ricca di riferimenti biografici, dedicata al film Opfergang, in RC33 pp.52-53; ndr) . Il film, col doppio titolo di Anders als du und ich (‘Diverso da me e da te’) e Das dritte Geschlecht (‘Il terzo sesso’ della versione austriaca, dal montaggio adulterato), è ben lungi dall’essere militante ma ribadisce l’idiozia del paragrafo, che dopo vari aggiustamenti sarà stralciato solo nel 1994.

Il salto di qualità si registra sul finire degli anni Sessanta con due figure fondamentali e per molti versi complementari: il sanguigno Rosa von Praunheim, autore nel 1971 del manifesto – tutt’altro che accomodante nei confronti della comunità gay – Nicht der Homosexuelle ist pervers, sonders die Situation, in der er lebt (‘Non è l’omosessuale a essere perverso bensì la situazione in cui vive’) e l’esangue Werner Schroeter, melomane con il genio per le messe in scena pauperistico-sublimi. Avulsi, Rosa e Werner: approssimativo e prolifico il primo, politico dalla prima all’ultima inquadratura, estatico e colto il secondo, più interessato all’arte per l’arte che alle marce per i diritti civili. A suo tempo i due ebbero anche una relazione – che riemerge dalle ceneri ogni che volta che s’incontrano, come nello straziante Mondo Lux di Elfi Mikesch, documentario dedicato al defunto Schroeter – ed è con i loro primi film che dovette misurarsi Rainer Werner Fassbinder quando decise di uscire allo scoperto e di ruminare la lezione mélo di Detlef Sierck / Douglas Sirk. Di RWF citiamo almeno tre titoli significativi: Le lacrime amare di Petra von Kant (1972, con momenti lesbo), Il diritto del più forte (1974, con protagonisti gay) e l’immenso Un anno con tredici lune (1978), che narra vita, morte e illuminazioni intime del trans Elvira (Volker Spengler). Prima di arrivare al 1985, anno di produzione di Westler, è inevitabile passare per due titoli-cult – almeno in Germania – come Das Ende des Regenbogens (‘La fine dell’arcobaleno’, 1979) di Uwe Frießner, sorta di Christiane F. ante litteram col giovanissimo protagonista sbandato e dedito alla prostituzione, e Ai cessi in tassì (1980) di Frank Ripploh, il quale si mette in scena senza filtri (come aveva già fatto RWF in Germania in autunno) nei panni autentici di un maestro di scuola viveur e squattrinato. Un film, quello di Ripploh, che unisce un sarcasmo urticante a scene che non lasciano nulla all’immaginazione, censurate in Italia mediante l’annerimento dell’immagine. Il suono, intanto, va. Imperdibile.

Westler (‘tipo dell’ovest’) nasce come progetto più vero del vero ideato da un cinefilo trentenne, coinvolto fin dal 1982 nell’allestimento della sezione collaterale Panorama del festival di Berlino. Wieland Speck aveva un fidanzato “Ossi” al di là del Muro, ed ebbe l’idea di girare un film omoromantico per convincere le autorità della DDR a concedergli l’espatrio. Strano ma vero, il permesso arrivò prima del previsto, a riprese appena cominciate, così il regista operò un rimpasto nel cast depennando il compagno. L’“Ostler innamorato” Thomas ebbe così il volto di Rainer Strecker, mentre Felix, alter ego di Speck, restò appannaggio di Sigurd Rachman. La storia è presto detta: durante una visita turistica a Berlino Est, Felix incontra Thomas e i due cominciano a frequentarsi. Ben presto arrivano i guai, burocratici e non solo, perché “il problema non è il muro, ma le persone”… il famigerato “Mauer im Kopf”, il muro nella testa. Girato tra Los Angeles (le prime scene con l’amico americano di Felix, Bruce), Berlino Ovest, Berlino Est e Praga, Westler è un piccolo gioiello, hapax in molti sensi. Speck, direttore del Panorama a partire dal 1992, non ha più girato un lungometraggio, e nel frattempo, con la caduto del Muro, l’occasione di imbastire un vero e proprio genere “cielo diviso” in salsa LGBT è andata persa. Westler resta nella memoria in particolare per le scene in esterni a Berlino Est, catturate clandestinamente con una camera amatoriale 8 mm e lasciate mute, col solo commento della colonna sonora elettronico-primordiale di Engelbert Rehm. Ma anche la presenza di Zazie De Paris, che canticchia West of the Wall in un locale dell’ovest, non passa certo inosservata. Westler ebbe la sua prima al festival di Hof, nella bassissima Baviera, nel novembre 1985, e passò sulla tv tedesco-occidentale il 12 dicembre dello stesso anno. A oscurarlo in termini d’importanza intervenne, in corner, una pellicola “Ossi”, cioè a dire Coming Out (1989) di Heiner Carow, il regista più moderno della DDR, già autore di un classico semifricchettone come Die Legende von Paul und Paula (1973). Destino volle che il primo e ultimo film di argomento gay targato DEFA uscisse nelle sale berlinesi il giorno 9 novembre 1989.

– Simone Buttazzi

 



Westler

regia: Wieland Speck; sceneggiatura: Egbert Hörmann, Wieland Speck; fotografia: Klemens Becker; montaggio: Gabriele Bartels, Wieland Speck (non accreditato); musiche: Engelbert Rehm; interpreti: Rainer Strecker, Andy Lucas, Frank Rediess, Andreas Bernhardt, Sasha Kogo, Hans-Juergen Punte, Zazie De Paris, Harry Baer, Christoph Eichhorn; case di produzione: Searcher Film, Zweites Deutsches Fernsehen (ZDF); paese: Germania Ovest; anno: 1985; durata: 94’

 




Simone Buttazzi è il kaiser di Rapporto Confidenziale, sommo conoscitore di ogni anfratto dimenticato e poco illuminato della cinematografia tedesca. Su RC ha pubblicato, oltre al presente articolo: Herbert Achternbusch (RC22), Roland Klick (RC23), Apocalypse Deutschland – Il cinema di Christoph Schliengensief (RC29), “Der sieg des glaubens”. Il documentario maledetto di Leni Riefenstahl (RC30) e “Opfergang”. L’Eyes Wide Shut del Terzo Reich al crepuscolo (RC33). Nel 2011 pubblicherà una Storia completa del cinema tedesco con Area51 Publishing (www.area51editore.com).

 

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articolo pubblicato in Rapporto Confidenziale numero34, estate 2011 – pagg. 32-33

 



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