Notre paradis > Gaël Morel

«Un vieux pédé comme moi ça doit s’inventer d’autres plaisirs»

Da qualche anno a questa parte, ossia da quando Gaël Morel ha tentato di trovare diversa ispirazione rispetto a quella delle sue opere più famose, la critica non ha smesso di rimproverargli un calo creativo e una deriva artistica. Una deriva che troverebbe il suo culmine, sempre secondo molta critica, in questo “Notre paradis”, storia di due uomini allo sbando che trovano nella violenza il catalizzatore di un istinto autodistruttivo.
Vassili si prostituisce ma si rende conto di essere giunto al capolinea dell’attività a causa della sua età – 33 anni – che permette ai suoi sempre meno numerosi clienti di tirare sul prezzo. Una sera, al Bois de Boulogne di Parigi, nota Dimitri, suo collega molto più giovane, reduce dall’essere selvaggiamente picchiato. Vassili dapprima ne omaggia l’aspetto con il nome Angelo e quindi ne diventa il compagno non solo di vita ma anche di lavoro, in un crescendo di violenza nei confronti dei loro stessi clienti.
In fuga da Parigi, si rifugiano da Anna, amica di Vassili e madre sola, per poi andare incontro a un destino inevitabilmente tragico.
Nel mettere in scena il quotidiano dei suoi due personaggi principali, Morel non lesina in quanto a esplicitezza, in una serie di quadri che appaiono non di rado autocompiaciuti e addirittura corpi estranei alla narrazione. Il suo evidente intento è quello di comporre un ritratto crudo scegliendo di non fare ricorso ad alcun orpello, nemmeno all’approfondimento psicologico dei suoi personaggi, che vengono mostrati prevalentemente attraverso le loro crude azioni. Un vezzo, se così si può dire, che non va però ad intaccare, se non parzialmente, l’unità del film. Una unità che si compone di una storia forte e distante dai piani personali di crescita messi in evidenza nei suoi film precedenti. Perché qui siamo molto lontani dai primi turbamenti di “À toute vitesse” o “Le clan”. Anzi, siamo agli antipodi in un’opera che narra dell’invecchiamento, con Stéphane Rideau pronto a passare dal ruolo di giovane turbato (e capace di provocare turbamento) dei suoi primi film con Morel, al trentenne precocemente invecchiato, sciupato e imbolsito di “Notre paradis”, o con il personaggio di Anna (interpretato da Béatrice Dalle), che dimostra di vivere con disagio il trascorrere degli anni scegliendo di accompagnarsi a ragazzi poco più che adolescenti.
E ciò che conta di più in questa opera fortemente imperfetta ma altrettanto fortemente coraggiosa, è proprio ciò che appare in controluce: non solo il discorso sull’invecchiamento ma anche il ritratto di un mondo gay lontano dallo stereotipo del cinema più recente che va infine a sfociare in un romanzo profondamente ed essenzialmente romantico.
E se la parte in cui appare il personaggio di Anna appare funzionale solo all’esposizione di suo figlio come ago della bilancia morale della storia, il resto della storia procede tra citazioni della Nouvelle vague, un sospetto di noir d’antan e, soprattutto, cinema degli anni ’80, omaggiato non solo in senso strettamente estetico ma anche attraverso la netta rottura dello schema del politicamente corretto che non di rado ha oppresso molta parte del cinema a tematica gay dagli anni ’90 ad oggi.
Morel da qualche anno a questa parte sembra soffrire di un calo di ispirazione? E se semplicemente stesse attraversando un momento di svolta in una filmografia non sempre all’altezza dei suoi primi titoli ma sempre coraggiosa e interessante? Che piaccia o meno, è anche grazie a questo film che Gaël Morel si conferma autore tra i maggiormente degni di nota del cinema europeo contemporaneo.

Grande direttore di attori, Morel sceglie – come spesso – un esordiente come coprotagonista, in questo caso l’efficace Dimitri Durdaine, e gli affianca Stéphane Rideau che, alla sua quinta collaborazione con il regista, abbandona in un sol colpo il suo aspetto di sex symbol del cinema indipendente per apparire invecchiato e imbolsito. Chissà che questo, per superfluo che sia, contribuisca a farlo definitivamente riconoscere per il bravo attore che è sempre stato, portandogli nuovi ruoli in quella che appare ormai una carriera in fase di stallo che in anni recenti pare averlo relegato in uno stereotipo.

Roberto Rippa

Notre paradis
(Francia, 2011)
Regia, sceneggiatura: Gaël Morel
Musiche: Camille Rocailleux, Louis Sclavis
Fotografia: Nicolas Dixmier
Montaggio: Catherine Schwartz
Direzione artistica: Zé Branco
Costumi: Helena Gonçalves
Produttore: Paulo Branco
Interpreti principali: Stéphane Rideau, Dimitri Durdaine, Béatrice Dalle, Didier Flamand, Raymonde Bronstein, Malik Issolah, Jean-Christophe Bouvet
100′



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