Gara de Nord_copii pe strada > Antonio Martino

da Rapporto Confidenziale numero11 (gennaio 2009), all’interno di La romania vista dall’Italia.
Si veda anche Lo stalker riflessivo – Intervista ad Antonio Martino in Rapporto Confidenziale numero10 (dicembre 2008)

Gara de Nord_copii pe strada (Italia/2006)
di Antonio Martino

Il documentario di Antonio Martino nasce come esigenza, umana ed autoriale, di comprendere il retroterra culturale di quei bambini rumeni che nel corso del 2005 salirono alla ribalta della cronaca nazionale per fatti di ‘nera’ d’una violenza particolarmente brutale. Martino parte con l’intento di entrare in contatto con i piccoli abitanti delle fogne di Bucarest, quelle attorno alla Gara de Nord, vero e proprio crocevia della disperazione d’una intera nazione. E’ in questo scenario che il regista punta la propria telecamera palmare, lasciando i bambini al centro dell’inquadratura, liberi di poter raccontare e mostrare la brutalità del proprio mondo.

Sul numero precedente di Rapporto Confidenziale abbiamo pubblicato un ampio speciale dedicato al giovane regista indipendente – a cui vi rimando per approfondirne la conoscenza (Antonio Martino. Lo Stalker Rifessivo, a cura di Alessio Galbiati. RC numero10, dicembre 2008, pag.26-35) – in cui definivo il suo stile come prossimo a quello dello stalker tarkoskiano; egli porta il suo interlocutore (lo spettatore) all’interno d’una situazione cercando di condizionarla il meno possibile, consapevole del potere deflagrante della macchina da presa egli preferisce nasconderla il più possibile, la sua è una ricerca quasi ossessiva del dato reale, del cinema verità, ricerca applicata sul campo con metodi di ripresa il più possibilmente compatti e veloci nel catturare la realtà. I suoi lavori si contraddistinguono anche per l’assenza d’un giudizio sui fatti e per una crudezza mai spettacolarizzata, egli è essenziale a partire dalla durata dei propri lavori, che raramente superano la mezz’ora.

Quel che più mi ha impressionato in Gara de nord è il fatto che non ci si è limitati a raccontare di quella stazione e di quei bambini, ma ad un certo punto il regista e la macchina da presa iniziano a vagare per le lande desolate della Romania, quasi alla ricerca spasmodica d’un punto paradigmatico che possa rappresentare appieno il disfacimento d’un paese collassato su sé stesso. Questa apertura improvvisa, questa dilatazione dei confini del mostrato testimoniano della generosa forza d’uno dei documentaristi più coraggiosi della scena italiana, il suo non volersi limitare al necessario, ha dato modo allo spettatore di vedere realtà di profondo degrado che meglio di molte parole, ma soprattutto meglio dell’incredibile realtà delle fogne di Bucarest, raccontano la miseria – umana e materiale – nella quale la Romania è immersa.

Martino ci mostra una Romania ben al di là d’ogni possibile stereotipo, togliendo pure a noi le parole per ogni possibile giudizio.

Alessio Galbiati

 



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