da Rapporto Confidenziale 11
All’interno dello spaciale La romania vista dall’ItaliaLa romania vista dall’Italia
Silvana Boarin è la moglie di un ricco industriale bresciano che la trascura e tradisce, un giorno non trovando più un paio di orecchini particolarmente preziosi accusa la colf rumena, Marja (1), di averglieli rubati. La figlia allora prende le sue difese, accusando la madre di essere razzista e piena di pregiudizi; la situazione diverrà ben presto insopportabile per Marja che deciderà di andarsene dalla casa della famiglia Boarin. Tornerà da Jonuz, con il quale qualche anno prima ebbe una relazione, che appena uscito di prigione vivacchia di micro-crimanilità in società con un tossichello italiano al quale è appena stata tolta la custodia del figlio. Quando nascerà l’idea di entrare nella villa della ricca famiglia padana per impadronirsi con il furto dei loro averi la storia imbocca una via senza uscita, che troverà la sua conclusione nel finale del film.
Francesco Munzi costruisce un film che nelle intenzioni vorrebbe rifuggire gli stereotipi più retrivi sull’immigrazione ma in realtà edifica un monumento dell’incomunicabilità fra ‘diversi’ perché di fatto ciò che vediamo è la drammatizzazione di molti articoli di cronaca, sia per quanto concerne lo svolgimento dei fatti che per la psicologia dei personaggi.
Quello che manca al film di Munzi è un respiro più largo, il punto di vista sulla storia è troppo ravvicinato e concentrato sugli elementi che generano e compongono l’azione criminale – l’assalto alla villa del ricco Nord, ogni speranza o spiegazione sembra troppo distante, messa ai margini dei dialoghi, accennata perché lontana. Il retroterra culturale di questa piccola comunità rumena (insieme a Jonuz vive anche il giovane fratello di Marja) potrebbe spiegare la loro fame di denaro e riscatto sociale, ma semplicemente non c’è; lo stesso si potrebbe dire della famiglia Boarin, della quale conosciamo solamente l’ossessione per la proprietà privata e la terribile incomunicabilità. Munzi raccontò la ricerca del riscatto di Saimir in un ottimo film del 2005, questa volta sembra non voler lasciare scampo ad alcuna possibilità d’uscita dal circolo vizioso della xenofobia. Sconcerta poi constatare l’esattezza dei timori della nevrotica Silvana, se Marja ha davvero rubato i gioielli di casa Boarin ciò significa che la tirata alla quale assistiamo ad inizio film, dove esplode il conflitto fra madre è figlia, coglie nel segno. Dunque i rumeni rubano, dei rumeni non ci si può fidare. Strano modo quello di Munzi per raccontare ciò che i media non voglio raccontare, ovvero la complessità dell’esistenza degli esseri umani.
Ciò non significa che i limiti morali che mi pare di aver trovato non possano svolgere l’importante funzione di catturare su pellicola alcuni degli istinti più bassi di questa nostra società che della sicurezza e sull’insicurezza sta fondando da almeno due decenni la propria base di convivenza, del resto il cinema ha da sempre svolto, fra le altre, la funzione di messa in scena delle paure sociali collettive, si pensi a tutto il cinema dell’epoca di Weimar entro il quale Krakauer (2) individuò il prefigurarsi dell’ascesa al potere del Partito Nazional Socialista dei Lavoratori Tedeschi e del delirio hitleriano. Speriamo che questo film di Munzi non necessiti d’una analisi postuma.
Presentato all’ultimo festival di Cannes (2008), il film è passato nelle sale italiane nel mese di giugno dello stesso anno, una collocazione non certo felice… •
Alessio Galbiati
Note:
(1) Marja e non Maria come gran parte degli addetti ai lavori hanno scritto… un errore che ne contiene uno ben più grave. Marja è interpretata da Laura Vasiliu, ovvero una delle attrici principali del premiatissimo capolavoro di Cristian Mungiu 4 luni, 3 saptamâni si 2 zile.
(2) Siegfried Krakauer, Da Caligari a Hitler. Una storia psicologica del cinema tedesco (a cura di L. Quaresima), Ed. Lindau, 2004 (Ed. or. 1947)
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